di Alberto Cuomo
Purtroppo, la gran parte dei salernitani che non ama De Luca – e sono la vera maggioranza silenziosa dei cittadini dal momento quella deluchiana si conta solo sulla bassa percentuale di votanti – non riesce a trovare una vera alternativa al sistema messo in piedi dall’ex sindaco ora presidente regionale. Un sistema che ha sconvolto, peggiorandola, la città e la vita dei cittadini in ogni campo, dalla forma urbis ormai irriconoscibile, quasi Salerno sia una periferia di altre conurbazioni, al commercio, alla cultura, ai rapporti sociali, al lavoro (che non c’è) senza che vi sia stata reazione in altre forze politiche. Quando Forza Italia era un partito maggioritario a Salerno, la sua leader, Mara Carfagna, invece di esercitare una opposizione a tale sistema, sembrava fungere, a mostrare la propria statura politica, da sua “quinta colonna”, come fu del tutto chiaro nell’astensione non oppositiva dei consiglieri forzisti nel voto di approvazione del nuovo Piano urbanistico comunale su cui De Luca ha fondato, con il sostegno degli “arricchiti”, il suo potere. C’è stato un momento in cui Edmondo Cirielli stava per scardinare quel sistema, allorché, da presidente della Provincia, aveva costituito un forte nucleo di sindaci tale da mettere in crisi, con il voto contrario che detenevano, una eventuale scalata di De Luca alla Regione, come di fatto avvenne nelle elezioni che videro vincente Caldoro. Poi Cirielli preferì dedicarsi alla politica nazionale lasciando a De Luca il campo locale. Ora che si profila la possibilità di battere De Luca in Campania Cirielli sembra aspirare alla prima poltrona regionale, sebbene spesso dia a vedere un tentennamento aspirando anche ad un incarico ministeriale. Né il suo partito sembra volergli dare una mano dal momento non appare decisamente rivolto ad impugnare presso la corte costituzionale la legge della Regione Campania che consentirebbe a De Luca di candidarsi per un terzo mandato. I motivi per cui Giorgia Meloni ha sin qui esitato a rivolgersi alla consulta, giungendo eventualmente in extremis a proporre il ricorso (il termine di scadenza è il 10 Gennaio) sono almeno due. Da un lato vi è il partito alleato della Lega che, con Calderoli, sarebbe persino propenso ad eliminare i limiti dei mandati per i presidenti regionali sì da spingere la presidente del Consiglio a non alimentare altri attriti con Salvini dopo il diniego al suo ritorno al ministero degli interni. Dall’altro il timore di poter perdere nel conflitto presso la suprema corte. E difatti l’esecutivo non è certo di poterla spuntare se si considera che Alfredo Mantovano, pure un magistrato oltre che sottosegretario alla presidenza del Consiglio, è da tempo al lavoro con i consiglieri giuridici di Palazzo Chigi per capire quale esito potrebbe avere un ricorso. In molti sostengono che l’approvazione del mandato a ricorrere dovrebbe giungere nel prossimo consiglio dei ministri che si terrà entro l’Epifania, ma quanto sconcerta è il fatto che il sottosegretario di Palazzo Chigi, Giovanbattista Fazzolari, ha sostenuto di non seguire la questione (chi sa, starà occupandosi della guerra in Ucraina o dei rapporti da tenere con Trump) che, a suo parere, è almeno problematica. Intanto De Luca se la ride e va per la sua strada affermando che sono in vita due certezze, ovvero il suo impegno a non dimettersi prematuramente da presidente, così come qualcuno aveva adombrato, e la sua candidatura per un terzo mandato presidenziale. Alcuni quotidiani simpatizzanti della “destra” hanno sostenuto che il ricorso costituzionale, se mai ci sarà, contro la legge regionale che apre ad un terzo mandato, sia un assist di Giorgia Meloni alla segretaria del Pd, Elly Schlein. Niente di più falso. Al contrario è la Schlein che tiene aperta la porta della democrazia per un possibile candidato anche di destra. Quanto è complicato, per De Luca, non è il superamento dell’empasse giudiziaria che si determinerà con il ricorso, quanto lo sfuggire l’ostracismo della Schlein e del suo partito che, sia in nome della liberazione dai “cacicchi”, sia in nome del “campo largo” che non si addice all’attuale presidente regionale, tende a designare il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, quale candidato alla presidenza regionale. Del resto Manfredi si è già dimostrato vero campione del “campo largo” a Napoli, dove è stato eletto da tutte le correnti del partito, compresa quella deluchiana, dal Movimento 5S e da tutte le formazioni dell’area di sinistra coinvolgendo persino alcune forze di destra. Se quindi la Campania dovrà essere un banco di prova del “campo largo” il candidato non potrà che essere Manfredi, lasciando a De Luca le sue liste locali riempite con notabili e indagati, essendo egli stesso un recente condannato dalla magistratura contabile. Si è creato in tal modo una strana situazione. Vale a dire che, mentre De Luca, per poter aspirare al terzo mandato, deve appellarsi ai possibili franchi tiratori della destra contrari al ricorso costituzionale, Cirielli deve confidare sulla tenuta del Pd e della sinistra nel contrasto all’attuale presidente onde poter avere maggiori chances per la sua eventuale candidatura