di Marta Naddei
Raffaele Cantone dà a Vincenzo De Luca un motivo per sorridere. O meglio, 25 buoni motivi. Venticinque quante sono le proposte di modifica alla legge Severino approvate in una delibera – dasottoporre a governo e parlamento – dall’Autorità nazionale anticorruzione presieduta proprio dal magistrato partenopeo il quale, nel corso delle settimane, ha espresso pareri talvolta discordanti tra loro in merito all’applicazione della tanto contestata norma. Venticinque punti in cui vengono evidenziate migliorie da apportare, lacune da colmare, imprecisioni da correggere nel testo della legge la cui applicazione, a breve, potrebbe tenere Vincenzo De Luca fuori dal portone di palazzo Santa Lucia.
E tra quelle che sono le segnalazioni dell’Anticorruzione ce n’è una piuttosto familiare ed in voga negli ultimi mesi. Letteralmente, nella delibera dell’Anac, si parla di «mancata armonizzazione delle divergenti discipline (decreto legislativo 39 e decreto legislativo 235, cosiddetta ‘legge Severino’) delle conseguenze sull’incarico (sospensione) per condanne penali non definitive», tradotto in soldoni si potrebbe tranquillamente leggere “caso Vincenzo De Luca eletto presidente della Regione Campania”. L’ex sindaco di Salerno porta con sé la sua condanna in primo grado per abuso d’ufficio (ad un anno di reclusione e due anni di interdizione dai pubblici uffici) nel processo per il Termovalorizzatore di Salerno: una circostanza che, alla luce degli effetti della Severino, gli varrà la sospensione dalla sua carica di governatore della Campania.
Ed è qui che potrebbero piombare l’Anac e Raffaele Cantone che, nell’articolato documento posto all’attenzione di governo e parlamento, fanno proprio riferimento alla «necessità di un coordinamento tra le ipotesi di inconferibilità degli incarichi per condanna non definitiva previste da uno dei decreti attuativi della legge 190 anticorruzione, ossia il 39/2013, e le ipotesi di sospensione dalla carica previste dall’altro decreto attuativo, il 235/2012». In pratica, tra le due norme – come specificato nel punto 7 della delibera – ci sarebbero delle sostanziali divergenze, nonostante l’obiettivo unico che si prefissano, ovvero quello di evitare l’accesso o la permanenza in carica di soggetti che non presentano i dovuti requisiti di moralità e imparzialità. Ma tra i due decreti attuativi ci sarebbero troppe incongruenze: da una parte, infatti – stando a quanto riportato nella delibera dell’Anac, «il decreto 39 prevede una graduazione delle conseguenze in rapporto alla gravità dei reati, il 235 negli articoli 8 e 11 sulla sospensione da cariche regionali e locali non applica né distinzioni né graduazioni in base al reato e alla pena inflitta». Motivi sufficienti, per Cantone e i suoi, ad indurre il legislatore a procedere ad «un’armonizzazione».
Certo, non si sa se e quando queste proposte di modifica verranno prese in considerazione. Il dato, però, è che se è vero – come pare – che non ci sarà una legge “ad personam”, non si può escludere che non vi sia una modifica alla legge “ad personam”.