Erika Noschese
La provincia di Salerno potrebbe presto ritrovarsi a dover fronteggiare una nuova emergenza rifiuti. E’ quanto sostengono i consiglieri di Salerno di Tutti, Gianpaolo Lambiase, e giovani salernitani-demA, Dante Santoro che nella mattinata di ieri hanno fatto visita al sito di compostaggio. Se non si provvede subito, sostengono Lambiase e Santoro, secondo cui in città sarebbe in aumento il grado di “sporcizia” dei nostri quartieri, a fronte di una tassa sulla “immondizia” che i salernitani pagano, tra le più alte d’Italia. Per i consiglieri comunali, infatti, la raccolta dei rifiuti a Salerno ha un costo di decine di milioni di euro, nettamente superiore a città con lo stesso numero di residenti, ma pecca di una frammentarietà forte. A tutto ciò si aggiunge la gestione “a perdere” dell’impianto di compostaggio che avrebbe una capacità di trattamento della frazione organica per 30.000 tonnellate/anno e quindi potrebbe servire una popolazione di oltre 300.000 abitanti, ma dal 2016 non è in funzione. «E’ fermo, perché la ditta Daneco che lo gestiva è stata “cacciata fuori” dall’Autorità nazionale anticorruzione: i suoi vertici (Presidente ed Amministratore delegato) furono arrestati per traffico e smaltimento illegale di rifiuti», hanno dichiarato Santoro e Lambiase, spiegando che Salerno Pulita, subentrata alla Daneco, è ancora impegnata fino ad oggi nel rinnovo dei macchinari non più efficienti, nella “pulizia” del sito e nello smaltimento dei residui di lavorazione abbandonati in loco dalla stessa ditta Daneco. Il costo complessivo dell’impianto che non funziona è superiore all’impianto in “azione”: il Comune e quindi i cittadini salernitani hanno sborsato circa 6 milioni di euro in due anni di “fermo”. Oggi la frazione “umida” raccolta nelle case dei salernitani viene trasferita al sito di Sardone (nel Comune di Giffoni) gestito dalla società Gesco che riceve 160 euro a tonnellata per accogliere e smaltire l’organico. «Pare sia un prezzo superiore a quello che, in emergenza, pagava il Comune di Roma per spedire i suoi rifiuti all’estero», hanno poi attaccato i consiglieri comunali, secondo cui i costi della vecchia gestione superavano la media nazionale, senza contare i costi di realizzazione dell’impianto, che a Salerno sembrano ormai raggiungere cifra doppia rispetto ad impianti con simile capacità di trattamento: oltre 25 milioni di euro a fronte di 12 milioni necessari. «Ma c’è altro da aggiungere: la frazione organica che veniva lavorata nel sito di compostaggio produceva un compost che “non aveva mercato”, perché impuro di migliaia di particelle di plastica ed altri materiali “indifferenziati”. Particelle ancora oggi visibili nei cumuli dei residui abbandonati dalla Daneco nei capannoni dell’impianto – hanno poi aggiunto Lambiase e Santoro – C’è chi afferma ci sia serio rischio di contaminazione dei terreni coltivati, in caso di uso di questo “compost” quale fertilizzante. Alcuni addirittura ritengono che analisi puntuali potrebbero rivelare la presenza di microinquinanti metallici». Da qui la richiesta all’amministrazione comunale di valutare con attenzione la questione poichè «ci troviamo di fronte ad un impianto costosissimo che lavora il rifiuto “organico” per produrre “materiale” inutilizzabile, che successivamente deve essere smaltito in discarica». Le soluzioni- a questo punto – sono due, stando a quanto riferiscono Santoro e Lambiase: «o si migliora radicalmente a monte la raccolta dell’organico e poi la lavorazione per rendere l’impianto “sano e produttivo”, oppure è meglio chiudere definitivamente il sito di compostaggio, così almeno i cittadini salernitani potrebbero pagare “bollette” molto più “leggere”».