Beppe Bergomi a Giffoni Sport - Le Cronache Attualità
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Beppe Bergomi a Giffoni Sport

Beppe Bergomi a Giffoni Sport

Beppe Bergomi a Giffoni Sport fa il pieno di applausi, autografi e gagliardetti. Lo chiamano Zio. Perché? “A 16 anni avevo già i baffi. Sono entrato nello spogliatoio e mi sono seduto davanti a Marini. Quanti anni hai? Sembri mio zio. Da quella battuta, è nato il mio soprannome. La prima coppa vinta l’ho alzata in un torneo estivo contro il Milan. C’era il premio per il più giovane ma non ci credevano: ho dovuto mostrare la carta d’identità”. Poi ha alzato al cielo quella del 1982.

 

Gabriele, 13 anni, inaugura il fuoco di domande. L’Arabia farà la stessa fine calcistica della Cina? “Se devo fare un paragone tra calcio cinese, che ha perso valore immediatamente – vedi tante proprietà cinesi venute in Italia e che hanno dovuto fare marcia indietro. In Arabia i fondi non finiscono, qui i soldi ce l’hanno. Però andare a giocare in un campionato meno competitivo ma dove ti danno un sacco di soldi conviene davvero? Tante volte bisogna fare più scelte di cuore”. Tutta la carriera con una sola maglia, ma oggi i ragazzi cambiano spesso direzione, scuola, sogni. Cosa significa restare fedeli ai propri valori? “Non ho mai avuto dubbi – dice Bergomi – Quando si cresce nel settore giovanile di una grande squadra esordendo a 16 anni in coppa Italia e 17 in campionato, non c’è partita. Diverse squadre si sono avvicinate a me, ma per me – ragazzo di Milano – è stato naturale giocare nell’Inter. Ogni squadra ha il proprio dna. Quando la Juventus cerca di cambiare, torna sempre indietro. Credo che possano esistere ancora delle bandiere. Donnarumma poteva essere la bandiera del Milan, perché ogni squadra ha la propria tradizione e cultura e prima o poi tornano a vincere. I ragazzi di oggi vogliono tutto e subito: negli anni, chi ha saputo accettare una esclusione, ha conquistato la titolarità l’anno dopo. Magari sono in Promozione e in Eccellenza ma provano a raggiungere gli stessi obiettivi”.

 

Chi può battere il Psg? “Liverpool, Bayern Monaco, Barcellona, Real Madrid, Chelsea”. Una squadra italiana? “Siamo come il tetto di vetro. Ti fanno vedere le stelle e poi non ci arrivi mai. Oggi, per come stanno costruendo le squadre, il Napoli è l’unica che può stare ad altissimo livello, ma deve pensare di fare la Champions per vincerla. È l’unico modo per essere davvero competitivi”. Calhanoglu? “Ama l’Inter ma mi ha detto che vuole chiudere la carriera in Turchia”.