di Monica De Santis
Per la prima volta al festival di Giffoni, “uno di quelli che ha realmente senso di esistere perché ti consente una cosa bellissima, lo scambio diretto con il pubblico”, Beatrice Grannò giovane attrice di cinema e tv ha incontrato i juror in sala Truffaut, raccontando i suoi esordi e i suoi progetti per il futuro. Attualmente sul set di “The White Lotus” prossimamente su HBO, recita in diverse serie Rai fra cui “Doc” e “Piaggio”. Entra nel cast principale di “Zero” su Netflix. Lavora nel cinema da co-protagonista con Cristina Comencini e Peter Chelsom. Interpreta Carla Ardengo ne “Gli Indifferenti” di Leonardo Guerra Seràgnoli ed è protagonista di “Mi Chiedo Quando Ti Mancherò” Di Francesco Fei con il quale vince il premio RB Casting per miglior giovane interprete. Ma nel suo cuore, accanto al cinema, c’è, ugualmente forte, la passione per la musica.
Beatrice com’è stato lavorare con il cast di “The White Lotus”?
Bellissimo. Quando ho visto la prima stagione mi sono letteralmente innamorata di questo progetto, quindi per me è un onore prendervi parte. E poi, avendo studiato a Londra, è stato affascinante poter tornare a recitare in inglese con un cast veramente eccezionale.
Il grande pubblico la ama anche per la sua interpretazione di Carolina in Doc…
Carolina è diventata parte di me. E’ una persona che affronta tante difficoltà ma continua ad andare avanti stringendo i pugni. Lei ha un grande amore per la musica e Doc è stato per certi versi il suo trampolino di lancio. Ci racconti. Da sempre suono e canto, perché ritengo che la musica, come il cinema, sia un modo per raccontare le storie. Durante il lockdown ho fatto la cover di “L’emozione non ha voce” di Celentano e durante le riprese di Doc ho avuto l’opportunità di suonare un pezzetto di un mio brano originale che attualmente è solo un live session su Youtube. E’ arrivato alle orecchie di Giorgio Riccitelli e vedremo se uscirà un singolo o magari un album. Lei parla di storie che sono anche emozioni. L’edizione di #Giffoni2022 è dedicata agli invisibili.
Secondo lei un artista come può aiutare una generazione colpita prima dalla pandemia e poi dalla guerra a tornare alla luce e a riacquistare la propria posizione nel mondo?
Credo che la narrazione di una storia sia importante perché ti consente di vedere uno spaccato di una realtà a cui non avevi mai pensato e questo è fondamentale. La messa in discussione del pensiero è importantissima in questa ottica di riscatto. Tra l’altro per Netflix ho partecipato a “Zero”, dove il protagonista era un ragazzo di colore che riusciva a rendersi invisibile quando provava forti emozioni e questa era la sua peculiarità.
Quindi secondo lei c’è anche un lato positivo nell’essere invisibile?
Certo, perché no? Volendo potrebbe essere addirittura una forza. Sono sempre stata convinta del fatto che tutto ciò che è dolore, se vissuto nel modo giusto, può portare solo alla rinascita.