Sara’ per il verdetto in arrivo da parte di Moody’s, sara’ per l’approssimarsi della scadenza per la presentazione del Def o per il timore di una recessione piu’ prolungata e grave del previsto, ma il governo sembra ormai aver definitivamente abbandonato l’idea che l’Italia possa crescere quest’anno a ritmi anche lontanamente simili a quelli ipotizzati solo tre mesi fa. Ministero dell’Economia da una parte e Ministero dello Sviluppo dall’altra sono quindi al lavoro per mettere a punto un nuovo pacchetto di misure per lo sviluppo, interventi pro-imprese destinati a dare una spinta agli investimenti, all’occupazione e al Pil. Dopo il tavolo tra Luigi Di Maio (nella foto) e le Pmi solo pochi giorni fa al Mise, Giovanni Tria ne ha discusso con Giuseppe Conte a Palazzo Chigi. L’idea sarebbe quella di varare un provvedimento per ‘resettare’ gli incentivi alle imprese dopo gli interventi della legge di bilancio che hanno messo mano ai precedenti pacchetti targati Pd : Industria 4.0 e Finanza per la crescita. Probabilmente non a caso, Di Maio, quasi avocando a se’ la paternita’ delle misure allo studio, ha parlato di “una nuova finanza per le imprese”, cioe’ di “nuovi metodi di erogazione sia di incentivi che di prestiti”. Anche il Fondo di garanzia per le Pmi del Mise, potenziato, “potra’ avere delle sezioni dedicate a tipi di imprese che sono in questo momento in particolare affanno, come quelle dell’edilizia”, ha spiegato. Particolare attenzione si preannuncia anche per la salvaguardia dei marchi storici, per evitare il ripetersi di casi come quello Pernigotti, mentre sul fronte fiscale potrebbe essere rivista e corretta la mini-Ires varata con la manovra, che secondo indiscrezioni non avrebbe al momento maturato gli effetti sperati. Potrebbe essere inoltre ristabilito in pieno uno dei cavalli di battaglia delle imprese negli ultimi anni: il superammortamento sull’acquisto di beni strumentali. Per il vicepremier pentastellato gli interventi viaggeranno con un disegno di legge, una formula che permetterebbe di non intralciare il cammino del decreto sblocca cantieri, mentre dalle parti del Mef non si esclude di ricorrere ad un dl, con tempi rapidi che, secondo indiscrezioni, potrebbero in qualche modo scongiurare il rischio di manovra-bis. In realta’, in attesa di capire quale sara’ il nuovo giudizio di Moody’s sul debito italiano (ad ottobre scorso l’agenzia ha tagliato il rating a Baa3 ma con outlook stabile), sul fronte dei conti pubblici, piu’ che il 2019, e’ la programmazione per il 2020 che comincia a preoccupare. Nonostante il debito pubblico continui a macinare record su record – a gennaio secondo i dati di Bankitalia si sono toccati i 2.358 miliardi – per l’anno in corso, il Governo si e’ infatti premunito ‘congelando’ due miliardi di euro di salvaguardia del deficit. Sul prossimo anno gravano pero’ 23 miliardi di clausole Iva e Lega e 5 Stelle puntano a nuovi interventi bandiera: riforma fiscale da una parte e salario minimo dall’altra. Misure che valgono miliardi, ma su cui al momento le idee non sembrano ancora essere del tutto chiare. Qualche indicazione dovrebbe arrivare nel Def, atteso al momento in consiglio dei ministri il 9 aprile per rispettare la scadenza ufficiale del 10. Ma se al Mef a livello tecnico il quadro tendenziale sembra ormai delineato, con una decisa revisione al ribasso delle stime di crescita nonostante il rimbalzo di ordini (+1,8%) e fatturato (+3,1%) dell’industria registrato dall’Istat a gennaio, sulle linee programmatiche mancano ancora, a quanto si apprende, le indicazioni politiche. Tra le opposizioni, ma anche tra gli analisti, sta quindi cominciando a serpeggiare l’eventualita’ che il Documento possa essere presentato solo con le previsioni a legislazione vigente, lasciando l’arduo compito di indicare il quadro programmatico alla Nota di aggiornamento del prossimo autunno.
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