“Ritengo che se l’obiettivo di un referendum è registrare una grande partecipazione da parte dei cittadini occorre proporre temi popolari di assoluto interesse collettivo. Credo, infatti, che se fosse stato ammesso dalla Corte Costituzionale il quesito sulla responsabilità civile dei magistrati avremmo commentato risultati notevolmente diversi. A questo va certamente aggiunto il tema dell’informazione sui temi referendari. Purtroppo non è la prima volta che lo Stato sperpera tempo e danaro senza poi raggiungere un risultato utile”. Lo ha detto Andrea De Bertoldi (segretario della Commissione Finanze e Tesoro del Senato) nel corso del webinar “Seggi deserti: E’ arrivato il caldo oppure il Referendum abrogativo è un istituto che va riformato?”, promosso dalla Cassa di previdenza dei ragionieri e degli esperti contabili, presieduta da Luigi Pagliuca. “Una soluzione al problema – ha aggiunto De Bertoldi -potrebbe essere l’eliminazione del quorum perché in questo modo nessuno potrà più puntare sull’astensionismo e tutti s’impegnerebbero a promuovere la propria posizione”. Dello stesso avviso anche Vincenzo Presutto (capogruppo del Movimento 5 Stelle in Commissione Bilancio a Palazzo Madama): “La funzionalità dello strumento referendario è un tema che va analizzato con molta attenzione, perché c’è un costo elevato che viene sostenuto per consentire agli italiani di esercitare un loro diritto. I problemi principali sono legati, ad esempio, al quorum, alla conoscenza e alla sensibilità dei cittadini rispetto al tema trattato. Troppo spesso si è verificato che a un esito referendario non è corrisposto un risultato legalmente valido. Poi, è necessario analizzare il fenomeno dei cittadini che disertano le urne”. Lo scollamento tra politica e cittadini è stato rimarcato da Luigi Casciello (deputato di Forza Italia in Commissione Cultura, Scienze e Istruzione a Montecitorio):Occorre prendere atto che il rapporto tra cittadini e politica ha subito un vero e proprio ‘strappo’, non è possibile chiudere gli occhi di fronte a questa evidente realtà. Anche se dalle urne è emersa un’indicazione sui temi della giustizia. In parte qualche passo avanti è stato compiuto con la riforma Cartabia, ma non è sufficiente. Forza Italia ha chiesto una revisione della legge Severino e della custodia cautelare”. Sulla necessità di approvare una riforma della Giustizia che risponda alle esigenze attuali è intervenuto Jacopo Morrone (parlamentare della Lega in Commissione Giustizia a Camera): “Purtroppo sui temi referendari è stato alzato un ‘muro del silenzio’ che ha favorito quelle parti che, per diverse ragioni, hanno ostacolato la modifica dell’attuale sistema, nonostante il ‘caso’ Palamara ne abbia scoperchiato tutte le anomalie e le storture. La riforma della giustizia approvata in Senato, a nostro giudizio, è molto debole. Senza dubbio non è quello che serve al Paese. Sono, infatti, indispensabili provvedimenti strutturali più coraggiosi. Il sistema correntizio e lo stretto legame con la politica non hanno come obiettivo la meritocrazia ma la spartizione di potere. Non sono comunque deluso dal risultato del referendum. Tutt’altro. A fronte degli ostacoli che ci hanno frapposto, la macchina organizzativa ha funzionato, 1 italiano su 5 è andato a votare e i SÌ hanno registrato un ampio consenso. Da notare che dove si votava anche per le elezioni amministrative il quorum è stato molto più alto, raggiungendo risultati sopra il 50 per cento più 1. Il referendum è stato un banco di prova che ha svelato senza ombra di dubbio quali siano in Italia le forze politiche riformatrici, e quali invece puntino a bloccare o a rinviare ogni cambiamento che possa mettere in discussione reti di potere e influenze consolidate nei decenni. Credo che il Paese debba scrollarsi di dosso questa cappa che può solo ostacolare le riforme vere. Noi – ha concluso Morrone – continueremo a lavorare per un sistema della giustizia più giusto, che premi la qualità e il merito”. Il punto di vista dei professionisti è stato espresso da Antonio Moltelo (commercialista dell’Odcec di Nola) e Paolo Longoni (consigliere d’amministrazione della Cnpr): “Senza entrare nel merito politico del referendum, si può certamente affermare che se ormai quasi tutti i referendum falliscono per il mancato raggiungimento del quorum significa che il sistema non è più valido. Bisogna affidarsi ad altri modelli e i due Paesi a cui si può fare riferimento sono la Svizzera e gli Stati Uniti che utilizzano spesso il referendum senza prevedere un quorum. Ora la decisione spetta al legislatore”.
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