di Claudio Gubitosi
Caro Ministro Franceschini, sono consapevole del dolore che hai provato in queste ore nel dover definire, insieme a tutti gli altri colleghi del Governo, le ulteriori restrizioni per la cultura per contrastare la diffusione del Covid-19. Sono ore di fibrillazione e di grande tensione, anche emotiva. Ancora una volta la cultura riceve una ferita che potrà rivelarsi mortale. Penso in particolare ai numerosissimi lavoratori dello spettacolo che in questo momento sono privi di qualsiasi forza e perfino incapaci o impossibilitati a reagire. Mi appello a te oggi perché, alla luce della recentissima firma del Dpcm da parte del Presidente Conte, tra le tante realtà della nostra società coinvolte in questa seconda fase di restrizioni, come i bar, i ristoranti, la filiera del turismo, i centri sportivi, tutti quegli spazi cioè, dove ognuno di noi si reca per esigenze personali ma anche di svago, rientrano anche i luoghi della cultura che si preparano a vivere un momento ancora più critico ed acuto del precedente. Al di là delle connessioni e collusioni con gruppi criminali o espressioni politiche estreme, che vanno condannate su tutta la linea e senza tentennamenti per il bieco tentativo di cavalcare le debolezze delle persone in questa fase così delicata, è indubbio – e voi tutti lo sapete – che se prima covava una esasperazione generale, oggi inizia a prendere corpo e forma in ampi strati della nostra società. In questo contesto, ci sono centinaia di migliaia di operatori che rappresentano non soltanto il sistema culturale italiano, ma soprattutto famiglie. Centinaia di migliaia di persone disorientate, impaurite, avvilite. Il lavoro di tanti anni e la loro stessa esistenza sembrano ormai traballare. Caro Ministro, mi soffermo adesso su quello che è il sistema cinematografico italiano, partendo dalle sale. Da oggi e fino al 24 novembre cinema e teatri dovranno restare chiusi. Lo faccio con cognizione di causa perché, oltre a rappresentare il mondo di Giffoni, che tu ben conosci, siamo anche esercenti cinematografici. Al momento non ci sono dati che ci confermino quanti cinema, dopo il primo lockdown, abbiano chiuso definitivamente. I combattenti e reduci, però, avevano ripreso lentamente questa importante funzione sociale, culturale ed economica, per riconquistare la fiducia del pubblico, di chi vuole stare al cinema, di chi ama la sala, di chi vuole godersi un film. Non è stato facile, ma eravamo incamminati bene verso questo obiettivo così importante. Abbiamo rispettato e applicato con sacrifici, anche contraendo debiti, tutti i protocolli vigenti. E adesso si chiude, sapendo quando si riaprirà, ma non come. Da quando sono stati riaperti, i cinema e i teatri sono i luoghi più sicuri dove poter stare insieme. Una sala da mille posti può contenerne solo duecento, distanziati, perfino con separatori. In entrata ed in uscita si applicano tutte le norme di sicurezza. Eppure questo non è bastato al mondo scientifico per tenere fuori le sale da queste ulteriori restrizioni appena varate. Adesso salta tutto inesorabilmente. Come tu sai il trimestre novembre-gennaio è tradizionalmente quello più proficuo per tutto il sistema delle produzioni, della distribuzione e dell’esercizio. I film di Natale erano già pronti per andare in sala. I film italiani annunciati saltano e non avranno la benché minima possibilità di essere distribuiti e presentati nelle sale. Le distribuzioni sono già sul lastrico, avendo perso centinaia di milioni di euro, e ormai le major dirottano obbligatoriamente e sistematicamente su piattaforme le loro produzioni. Mi sembra che ormai siamo entrati in una sorta di cimitero della creatività. Il cinema mi sembra avviarsi su di un binario morto. Questo dobbiamo impedirlo con ogni forza. Ti invito, come si legge da più parti, a predisporre tutti i benefici possibili per il settore ma ti esorto a farlo con certezza del ristoro e tempestività. Il mio, però, è un ulteriore e accorato invito a rivedere questa posizione al più presto con il Comitato Tecnico – Scientifico al quale voi fate giustamente riferimento. Se i viaggi e gli spostamenti restano interdetti, proviamo a non privarci di un viaggio ugualmente importante, quello della fantasia e delle emozioni, proprio come il cinema, il teatro, la cultura sanno fare e ci insegnano. Anzi, apriamo subito i cinema ed i teatri; avremo meno gente nelle piazze e meno persone depresse ed esasperate nelle case.