Antonello Ronga, è da 9 anni, direttore artistico della Compagnia dell’Arte, nata nel 2012 dalla passione per il teatro di un gruppo di giovani talenti salernitani. Oltre a Romnga del gruppo fanno parte anche Federica Buonomo, Mauro Collina, Martina Iacovazzo e Valentina Tortora. La Compagnia dell’Arte si propone l’ambizioso obiettivo di avvicinare i più giovani (ma non solo) al mondo del teatro, realtà oggi troppo spesso soppiantata da televisione, computer e videogiochi. Ma come è iniziata questa avventura e cosa ha spinto Antonello Ronga e questi quattro spiriti a intraprenderla? A raccontarlo è lo stesso attore e regista che spiega… “Innanzitutto io nasco non regista, non direttore artistico, bensì attore. Iniziai a frequentare la scuola del Teatro San Genesio quando ancora ragazzo – avevo 17 anni -, per poi passare, diciannovenne, all’Accademia dell’Arte Drammatica del Teatro Bellini, perfezionandomi, infine, sotto la guida sapiente di Annabella Cerreani, ex direttrice artistica della fucina artistica di Gigi Proietti. Da lì in poi, ho iniziato la mia carriera da attore, costellata da avvenimenti anche piuttosto importanti, come, ad esempio, la mia partecipazione al Festival Pergolesi Spontini, ad alcuni allestimenti per il Teatro dell’Opera di Roma diretti da Chiara Muti, ad alcuni lavori dell’attore Michele La Ginestra. Nel frattempo, però, riuscivo comunque a prestare le mie qualità di attore anche ai palcoscenici salernitani, in particolar modo a quello del Teatro delle Arti, che, all’epoca, si vedeva animato dalle produzioni artistiche di Claudio Tortora, con il ho lavorato davvero innumerevoli volte. A un certo punto della mia carriera, però, mi accorsi di quanto casa mia mi mancasse, per cui decisi di stabilirmi definitivamente a Salerno, dove, nel frattempo, mi ero costruito degli affetti e una famiglia. Ora, dal momento in cui accanto alla carriera di attore ero comunqueriuscito ad apporre anche alcuni interventi in qualità di regista e direttore artistico di alcune piccole produzioni, nel 2012 decisi di metter su la Compagnia dell’Arte, insieme a quei quattro ‘pazzi scatenati’ che hai già provveduto a menzionare prima e di utilizzare lo spazio del Teatro delle Arti come spazio organizzativo per le nostre attività. Ci fu subito chiaro quale fosse il percorso da intraprendere. Di fatti, di lì a pochi mesi, riuscimmo a metter su un format dedicato alle famiglie, una sorta di ‘family show’, se vogliamo, che replicavamo ogni domenica mattina proprio negli spazi del Teatro delle Arti e che riuscì rapidamente a conquistare i cuori delle famiglie salernitane, al punto tale da spingerci ad aumentare il numero edelle repliche domenicali da una a ben tre: una al mattino e due nel pomeriggio. Fu un successo strepitoso, con diverse centinaia di abbonati che, ogni Domenica, accorrevano ai nostri spettacoli: nel torno di tempo di nove anni siamo divenuti uno degli appuntamenti di punta delle domeniche salernitane. E questo anche grazie anche, e soprattutto, alle collaborazioni con figure professionali che ricoprivano – e ricoprono – un certo qual grado di autorevolezza nel mondo del teatro che ci ha permesso, comunque, di confezionare degli spettacoli qualitativamente superiori alla media degli spettacoli proposti all’epoca, adatti tanto ai bambini, quanto agli adulti, in grado di emozionare tanto i primi, quanto i secondi”. Accanto a rassegne di successo, come ‘C’era una volta – per la quale vi siete addirittura fregiati della professionalità della coreografa Pina Testa -, e a numerose partecipazioni a kermesse prestigiose e ampiamente riconosciute a livello nazionale, come, il Premio Charlot, vi occupate anche di un interessantissimo progetto dedicato alle scuole che ben si inserisce fra le pagine del breviario dei vostri intenti primordiali, ossia quelli di avvicinare i giovani al teatro… “Beh, sì, “C’era una volta in tour” non è altro che una delle naturali declinazione che la rassegna “C’era una volta” avrebbe potuto manifestare una voltà raggiunta la maturità necessaria a sfondare le porte del ‘Teatro delle Arti e proporsi a un pubblico più vasto ed eterogeneo. Quando il prodotto è preparato e confezionato in un certo modo, non dei poi neanche faticare più di tanto perché qualcuno che non lo conosca lo accetti così per come gli viene presentato. Anche perché, dovete sapere che, quello del teatro-scuola è stato, fin dall’inizio, un ambito progettuale piuttosto inflazionato, infarcito di produzioni confezionate alla bell’e meglio che alle volte producono esattamente l’effetto opposto a quello che il teatro dovrebbe auspicare per sè stesso: quello di attirare sempre più pubblico”. Poi c’è il progetto ‘Teatrinsieme’, ce n’è vuole parlare? “ Assolutamente sì. In merito a quanto asserivamo prima per “C’era una volta in tour”, il nostro approccio con le scuole ci ha convinti del fatto che quello teatrale fosse un percorso formativo che potesse essere tranquillamente affiancato a quello più tradizionale e ‘istituzionale’ offerto dalla scuola. I viaggi che si compiono con i laboratori teatrali – che siano essi viaggi che contemplino noi alla loro testa o chiunque altro decida di organizzarli – forniscono ai ragazzi degli strumenti che torneranno loro utili, poi, per il resto della loro vita: per abbattere barriere, per sconfiggere la timidezza, per imparare a essere coscienti di ciò che dicono quando aprono la bocca, per imparare a respirare bene quando vengono sottoposti a un’interrogazione, a non esitare, a stabilire la propria identità. E’ una vittoria, questa che, a mio modesto parere, vale più di un teatro pieno”. Come Compagnia dell’Arte cone state vivendo questo periodo di pandemia? “ Davvero molto, molto male. Sulla base di quanto ti ho detto sino ad ora, eravamo risuciti ad ottenere numeri da capogiro per una compagnia teatrale di provincia, seguiti dalla promessa che questi, grazie al nostro impegno e al nostro lavoro, sarebbero continuati a crescere a dismisura. Purtroppo, però, ci si è imposto dinanzi un ostacolo piuttosto ostico da fronteggiare o anche solo aggirare. Per cui, ci limitiamo ad approfittare di uqel poco tempo che ci viene concesso per orgnaizzare al meglio il nsotro lavoro al fine di proporre, quando tutto sarà finito, delle attività che manifestino quegli stessi standard qualitativi a cui avevamo così faticosametne abituato il nostro pubblico; faticosamente certo, ma non senza un certo qual grado di soddisfazione”.
Gaetano Del Gaiso