Era riuscito a passare per malato di mente, incapace di sostenere i processi dove era imputato per reati gravissimi, evitando così pesanti condanne. Ma gli investigatori grazie a intercettazioni e videoriprese, sono riusciti a confutare le perizie mediche “viziate” sulle quali si poggiavano le sue false patologie psichiatriche. Beni immobili per oltre due milioni di euro sono stati confiscati dalla DIA di Salerno a Carlo Montella, l’ex esponente di spicco del clan angrese dei Tempesta, capeggiato dal boss Tommaso Nocera. Il provvedimento fa seguito alla sentenza emessa lo scorso primo luglio dalla Corte di Cassazione. Per anni Montella era riuscito a evitare i procedimenti giudiziari grazie ad alcune perizie nelle quali veniva confermata l’esistenza di patologie psichiatriche. Evidenze a cui la Direzione Investigativa Antimafia di Salerno e l’ufficio inquirente di Nocera Inferiore, coordinato dal procuratore Antonio Centore, non hanno mai creduto. Così è stata disposta una serie di accertamenti su Montella, attualmente detenuto nel carcere di Parma, grazie alle quali si è scoperto che non era affatto affetto da malattie mentali. Le risultanze acquisite dagli inquirenti (grazie alle quali è stato ancora possibile delineare il patrimonio riconducibile a Montella) hanno consentito di riportare l’imputato al cospetto dal giudice: si è così giunti a sentenze e condanne, alcune passate in giudicato, per omicidio pluriaggravato, associazione camorristica, usura, estorsione ed altri reati cosiddetti minori. Tra i beni a cui sono stati messi i sigilli figurano un complesso immobiliare (il “Parco Concetta” di Angri), costituito da appartamenti, garage e altre aree non edificate, e da un altro immobile a Sant’Egidio del Monte Albino, sequestrati nel settembre 2022 insieme con circa 160mila euro. “Le risultanze di indagini svolte dalla Procura della Repubblica di Nocera Inferiore nel periodo di detta riconosciuta condizione di incapacità processuale, – si legge in una nota a firma del procuratore Centore – opportunamente sottoposte al vaglio di un consulente tecnico medico psichiatra, consentivano di smentire in radice l’esistenza della lamentata patologia invalidante, incompatibile con le coeve attività criminali inconfutabilmente poste in atto da Montella, rendendo così possibile la ripresa dei dibattimenti a lungo sospesi”. (
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