di Monica De Santis
Autore, attore, regista teatrale, Angelo Belgiovine è questo e forse, anzi sicuramente, tanto altro. Lo abbiamo conosciuto negli anni 90, quando, dopo aver vinto il Premio Charlot, ha partecipato, al programma di Renzo Arbore “Caro Totò, ti voglio presentare” e poi al programma/gara tv “La Sai l’Ultima?” vincendolo. Napoletano, 64 anni, sposato e padre di due ragazze di 25 e 20 anni… Che padre è? Severo oppure un padre amico, simpatico… Capita che gli amici delle sue figlie vengano a casa per “ridere” con lei?
“Questo è poco ma sicuro, è sempre successo. C’è questa cosa che si dice che il comico nella vita privata sia una persona seriosa. Non è vero. E’ solo una questione di carattere. C’è chi in scena ti fa morir dal ridere e poi in privato è serio e chi invece è nella vita proprio come in palcoscenico. Ecco io credo di rientrare in questa seconda categoria, mi viene naturale, non è di sicuro uno sforzo. Con le mie figlie ho un rapporto bellissimo, si confidano con me, mi parlano delle loro problematiche e grazie a loro ogni giorno scopro delle cose nuove, cose che quando ero giovane io non esistevano. Con loro ho anche imparato questi nuovi modi di rapportarsi agli altri, nel fare le cose”.
Dopo il successo e i tanti consensi ottenuti dal pubblico, Angelo Belgiovine, poi, improvvisamente 13 anni fa decise di smettere, di lasciare il teatro per continuare il suo lavoro come impiegato del Comune di Napoli. Ma, come spesso accade in queste circostanze, la passione ed il richiamo per le tavole del palcoscenico hanno avuto la meglio, ed ora è tornato. Il debutto, o meglio il ridebutto lo scorso mese di maggio a Napoli. Ora il ridebutto a Salerno, il prossimo 7 settembre all’Arena Arbostella, (biglietti in vendita su www.postoriservato.it) dove accompagnato al pianoforte da Claudio Lardo, presenterà il suo nuovo spettacolo “Scusate, sono di passaggio”. Cosa racconta in questo spettacolo?
“E’ uno spettacolo dove ricordo alle persone che siamo tutti di passaggio. Un piccolo percorso di vita che si ferma alla mia età. Parto dal mio vissuto, dai miei ricordi, dalla nascita, alla pubertà, l’adolescenza, fino ad arrivare alla famiglia, ai figli. E mi fermo lì alle constatazioni di un uomo che oggi è padre e vive in un contesto sociale che è molto cambiato rispetto alla tranquillità e al vissuto di alcuni anni fa, dove l’attore aveva un background culturale di una certa levatura e veniva dal teatro. Quindi un ricordarsi di quella che è stata una vita vissuta e soffermarsi sul periodo odierno”.
Che pubblico ha ritrovato?
“Non mi aspettavo, il clamore che poi c’è stato, con il mio ritorno. Pensavo di rientrare in punta di piedi, ma anche perché hanno insistito tanto per farmi fare questo spettacolo, e dopo aver rimandato sempre alla fine ho ceduto. Ho ricominciato da un piccolo teatrino che secondo me è proprio la culla del cabarettista o anche dell’attore. E poi è successo che il pubblico non si era dimenticato di me e le repliche sono aumentate e proseguono”
Ma perché ha scelto di fermarsi?
“Perchè ero saturo, avevo raggiunto dei livelli altissimi, ero autore per Mediaset, facevo altre cose, mi sentivo appagato. Ho scelto una strada particolare quella dell’insegnamento all’università come docente di economia, quindi mi sono dedicato molto ai giovani sotto il profilo culturale”.
In questi anni lei ha dovuto affrontare anche due grandi sfide, la prima contro un tumore ai polmoni che l’ha portato ad essere ricoverato per tre mesi, e la seconda contro il Covid che l’ha costretta a rimanere ben 45 giorni in ospedale. Quanto l’hanno segnata queste esperienze?
“Dipende sempre da come le affronti, certo segnano, 45 giorni in ospedale con il covid di cui 15 in prognosi riservata non sono stati una passeggiata. Poi quando stai in una fase di recupero totale, ti accorgi che altre persone accanto a te stanno una male, decidi di aiutare e così ti senti molto più appagato rispetto a quello di ricevere un applauso dal pubblico”
E dopo 13 anni di assenza che Angelo Belgiovine torna sul palcoscenico?
“Sicuramente totalmente diversa, una persona che ha vissuto questi ultimi 13 anni di rinnovamento televisivo e teatrale, con l’inserimento di giovani che secondo me, lasciano un po’ il tempo che trovano, tranne alcuni che sono veramente brani, per il resto non vedo nessuno che abbiamo potenzialità tali da poter andare avanti nel tempo, li vedo un po’ come comete”.
Perchè secondo lei la comicità di oggi rimane meno impressa rispetto a quella degli anni 90 e rispetto soprattutto a quella di Totò, Fernandel, etc…?
“Perché il successo veniva da una grande gavetta. Totò veniva dalla fame completa così come tanti altri grandi, Mastroianni, Panelli, Vianello, persone che si sono costruite pezzo dopo pezzo come un puzzle ma incastrando i pezzi, uno per uno senza fretta. Oggi c’è troppa velocità. E’ il periodo del tik tok da 15 secondi perché di più non lo guarda nessuno. Non c’è interesse a guardarti ma semplicemente perchè non si offre niente di interessante”.
Ha qualche paura che pensa sia irrazionale?
“L’attore bene o male è un po’ patofobico in generale e vive dei momenti suoi particolari che sono dati dalla ricerca e dai pensieri che vanno oltre, perché se non vai oltre non riesci a trovare il punto di partenza per poter scrivere, esibire. L’attore ha bisogno di mettersi sempre in dubbio, anche dopo la quarantesima replica, e chi ha dubbi ha anche tante paure”.
Ha qualche talento che considera inutile? “Credo che tutto sia indispensabile nella vita. La vita è fatta a segmenti e va vissuto ogni segmento dall’inizio alla fine. Ci sono due punti nella vita di ognuno, l’inizio e la fine”
Se potesse scegliere una canzone che descrive il punto in cui si trova in questo momento la sua vita, quale sceglierebbe?
“Quella che mi sovviene in questo momento è ‘La Cura’ di Franco Battiato”
E se dovesse descrivere il punto in cui si trova ora la sua vita con un film, quale sceglierebbe?
“Senza dubbio ‘La vita è bella’ di Benigni”.