Angela Nappi (Regina Margherita): La scuola gode di poca considerazione - Le Cronache
Salerno

Angela Nappi (Regina Margherita): La scuola gode di poca considerazione

Angela Nappi (Regina Margherita): La scuola gode di poca considerazione

di Matteo Gallo

Angela Nappi è una dirigente scolastica attenta, sensibile e combattiva. Da sei anni guida il liceo ‘Regina Margherita’ di Salerno, istituto le cui radici culturali risalgono all’Italia preunitaria e che oggi conta più di mille iscritti e cinque indirizzi di studio: dalle lingue straniere (arabo compreso) alle scienze umane, economiche e sociali passando per la comunicazione. Appassionata della vita e al servizio della «missione» educativa, si è formata alla cattedra di Emma Tarantino, docente poi diventata preside e magistrato che definisce «un vero gladiatore» e considera «un vero mito». Non ama il brodino riscaldato della retorica. Niente affatto. E al cuore delle questioni sceglie di andare sempre e comunque, anche a costo di risultare scomoda, per mettere sull’attenti la realtà e al riposo le chiacchiere «belle e inutili». Gli studenti sono la sua bussola dell’agire. Un faro che rende chiare le cose da fare nella «penombra» dell’oggi. Di un tempo nuovo, di radicali e profondi cambiamenti nel quale «la scuola» sostiene senza usare mezzi termini «risulta ammalata».

Di cosa è ammalata, preside Nappi?

«Di disattenzione. Di scuola si fa un gran parlare ma è soltanto fiato che dà forma a titoli di giornali e telegiornali. Nell’agenda politica l’istituzione scolastica è un libro con un bell’indice e nulla più, solo pagine vuote». 

Un giudizio tranchant.

«La scuola gode di poca considerazione. Si verbalizzano le criticità, si fanno tanti proclami ma alla fine della fiera nessuno se ne occupa realmente».

Quali le criticità di cui occuparsi ad horas?

«Innanzitutto di ordine strutturale. Le faccio un esempio. Nella mia scuola sono costretta a far svolgere gli esami di Stato nel mese di luglio con temperature che raggiungono picchi di quarantacinque gradi. La mia principale preoccupazione è che qualcuno si senta male: un alunno o un commissario non più tanto giovane. Le pare normale?»

Direi di no

«Il benessere degli studenti, unitamente a quello di chi lavora nel mondo della scuola, costituisce la base per costruire una comunità educante capace di realizzarsi in senso autentico e pieno. Nelle aule non deve piovere, non ci si può congelare in inverno né stare dentro delle fornaci in estate. Partire dalle cose più semplici sarebbe già un buon inizio». 

Con il Piano nazionale di Ripresa e Resilienza la scuola è stata destinataria di importanti risorse economiche. Non sono sufficienti?

«Sono senza dubbio risorse importanti e preziose per il mondo della scuola ma allo stesso tempo vincolate a determinati ambiti di spesa. Per cui, nel caso specifico, non posso utilizzarle per l’acquisto di condizionatori. Come dirigente mi sento in trappola». 

E l’autonomia scolastica?

«Una finta autonomia. E’ questo, più della competizione tra istituti, il suo peggior ‘effetto’. Se fosse un’autonomia reale le risorse economiche potrebbero essere investite innanzitutto per realizzare una scuola più sicura. Sicurezza e umanità sono la stessa cosa».

Qual è la sua idea di scuola?

«La scuola è una realtà complessa in cui deve regnare l’armonia. Questa armonia va costruita insieme a tutti coloro che ci lavorano e naturalmente insieme ai ragazzi che bisogna far sentire al sicuro e soprattutto ascoltati perché non sono fruitori silenti dell’azione educativa ma co-costruttori del proprio disegno di vita. La scuola deve sedimentare in loro questa consapevolezza con una guida autorevole aperta al dialogo e al confronto, con il rigore delle regole ma anche con l’abbraccio dell’accoglienza. Inoltre, nello specifico della scuola pubblica, considero suo dovere garantire, a costo zero per le famiglie, tutta una serie di attività extrascolastiche nelle ore pomeridiane»   

Dal suo osservatorio, sicuramente privilegiato, i giovani di oggi in cosa sono diversi dalle generazioni precedenti?

«Oggi i ragazzi sono più liberi. Noi, invece, eravamo pieni di pregiudizi. Sono migliori di noi: non ho dubbi su questo. Purtroppo come sistema-Paese non siamo più in grado di garantire loro un futuro dignitoso in Italia e questo li proietta necessariamente altrove. Non dovremmo però dimenticare che la bellezza di uno Stato è poter custodire l’umano che lo abita».

Educazione ai sentimenti: cosa può fare di più la scuola?

«Io starei attenta a puntare tutto solo sulla scuola. Gli studenti sono figli, fratelli, sorelle, nipoti, amici, vicini di casa. Oggi, poi, sono anche utenti social. Di questo mondo così articolato, complesso e variegato tutte le agenzie educative, a partire dalla famiglia, sono tenute a mettersi al servizio del benessere delle giovani generazioni. Il rischio, altrimenti, è che per responsabilizzare sempre e soltanto la scuola si finisce per deresponsabilizzare tutti gli altri. Personalmente considero l’educazione ai sentimenti necessaria anche per gli adulti. La inserirei per contratto: un’ora di formazione settimanale». 

La fragilità emotiva è un ‘minus’ di questa generazione?

«I ragazzi vanno ascoltati e seguiti con attenzione. Bisogna intervenire subito quando si verifica una ‘frattura’ nel loro percorso di vita perché le fratture generano problemi, sofferenze, criticità. Purtroppo oggi si corre tanto, corrono tanto i genitori e il tempo sembra scivolare via senza bastare mai. Premesse questo, agiscono in modo negativo anche incompetenza e insensibilità».

L’impoverimento del linguaggio giovanile, anche e soprattutto per effetto dell’uso intensivo della tecnologia come strumento di comunicazione e relazione, ha subito un’accelerata diventando vera e propria emergenza. E la scuola?

«Sicuramente è giusto dedicare ore alla “cura” del linguaggio. Lettura, scrittura, drammatizzazione, teatro e gioco sono fondamentali per acquisire una certa padronanza della lingua italiana. E’ necessario anche molto dialogo estemporaneo per abituare i ragazzi all’utilizzo della parola. La società contemporanea ci costringe alla sintesi estrema, la scuola deve invece formare ed educare al pensiero complesso ed elaborato oltre che critico e consapevole».  

Alleanza educativa scuola-famiglia: qual è la strada maestra per rafforzarla e rilanciarla?

«I docenti devono essere disponibili al dialogo e al confronto con le famiglie e queste ultime, che vanno coinvolte nell’universo-scuola non soltanto in merito al rendimento dei propri figli, devono avere fiducia nel lavoro dell’istituzione scolastica e di chi lo incarna”.

Nuove tecnologie e istituzione scolastica: un rapporto necessario per consegnare ai ragazzi le chiavi di un futuro già alle porte. Tutto sotto controllo?  

«I nuovi strumenti tecnologici devono integrare la didattica evitando di ridursi a  semplici aggiunte. In questo senso il ruolo ‘ponte’ del docente è fondamentale. Uno strumento, per quanto avanzato, resta pur sempre uno strumento. Un mezzo e mai un fine. L’intelligenza artificiale non potrà mai sostituire l’intelligenza umana»