Sono 2646 gli abitanti di Amatrice, la cittadina rasa praticamente al suolo dal terremoto del 24 agosto. Duemilaseicento abitanti che in estate diventano molti di più, perché Amatrice si trova in un territorio incantevole e sono tanti romani che l’hanno scelta come “seconda casa”. Corsi d’acqua che solcano il paesaggio verdeggiante, montagne che raggiungono i 2400 m di altezza, il Lago Scandarello al centro della valle, la cittadina romana è entrata a far parte del Parco Nazionale del Gran Sasso Monti della Laga. Bella e “buona”, Amatrice, conosciuta per una delle intuizioni gastronomiche più amate nel mondo: qui sarebbe nato, infatti, uno dei piatti simbolo della cucina italiana, la pasta all’amatriciana.E ad Amatrice, il 27 e il 28 agosto, si sarebbe dovuta tenere la cinquantesima edizione della festa degli spaghetti all’amatriciana. Spaghetti. Perché la ricetta originale non aveva niente a che vedere con i bucatini né con i rigatoni. Gli abitanti di Amatrice condiscono con il sugo all’amatriciana esclusivamente gli spaghetti e anzi, per questa ricetta hanno richiesto ed ottenuto l’Indicazione Geografica Tipica alla comunità europea. D’altra parte, la “variante rigatoni” non è l’unica introdotta nel tempo: nella prima versione del piatto non figurava nemmeno il pomodoro. Gricia, così era stata chiamata la prima variante dell’amatriciana, nome che sembrerebbe deviare da Grisciano, un paesino a pochi chilometri da Amatrice, frazione del comune di Accumoli. Furono gli amatriciani ad aggiungere il pomodoro e a ribattezzare il piatto.Tradizione, quella degli spaghetti all’amatriciana, che gli abitanti della cittadina custodiscono e proteggono. Anche perché la ricetta, in molte parti d’Italia, viene spesso modificata. Eppure basta poco: guanciale tagliato in listelli dello spessore di circa 1 cm da far soffriggere in olio d’oliva fino alla rosolatura, vino bianco per stemperare, sugo da portare lentamente alla cottura, sale e pepe macinato. Niente cipolla, aglio, o pancetta al posto del guanciale. Niente parmigiano al posto del pecorino. Così secondo ricetta di Amatriciana. Sono 135 gli abitanti di Pescara del Tronto, paesino a cavallo tra due aree naturali protette: il Parco Nazionale dei Monti Sibillini e il Parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga. “Pescaia”, diventata poi “Pescara”, è una ‘parola d’acqua’: identifica una porzione del tratto dell’alveo di un fiume chiuso da sassi, dove si può pescare. “Tronto”, come il corso d’acqua che bagna la località. Un corso d’acqua che probabilmente in passato era stato sbarrato, così che fosse possibile pescare. Il monte Vettore guarda Pescara dall’alto, d’inverno la pace, il silenzio e l’odore del tartufo nero, d’estate le sagre, i turisti, la vita. Arquata del Tronto, 1300 abitanti: la provincia è quella di Ascoli Piceno, il paesaggio quello incantevole della zona. Incastonato al centro di rilievi verdeggianti, dalla rocca medioevale ci si affaccia su una cartolina del centroitalia. E non bastasse la bellezza, l’enogastronomia: qui si produce il Vino Pecorino di Arquata del Tronto, vitigno autoctono da sei secoli di storia.Un vitigno che nasce dalla necessità, dai frati del convento Benedettino e dal loro bisogno di ottenere un vitigno che fosse in grado di dare loro vino per tutto l’anno, non solo per dire messa. Siamo intorno al 1200 d.c, vite sinonimo di vita. Un nome, Pecorino, che si lega all’accostamento col formaggio, uso alimentare semplice e ancora oggi apprezzato dagli abitanti e dai tanti turisti che ogni estate popolano questo piccolo borgo. Accumoli, 667 abitanti, 855 metri sul livello del mare, il comune è nato nel XII secolo, quando il territorio nella Valle del Tronto era sotto il dominio dei Normanni e il seguito nel Regno di Napoli. Cinque le frazioni di questo piccolo centro abitato: Collespada, Gisciano, Illica, Poggio d’Api, Terracino. Proprio a Grisciano sembra sia nata la prima versione degli spaghetti all’amatriciana, la Gricia: pasta in bianco condita con guanciale e pecorino.
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