Almasri. Ecco le ragioni perché Nordio si dimetta - Le Cronache Attualità
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Almasri. Ecco le ragioni perché Nordio si dimetta

Almasri. Ecco le ragioni  perché Nordio si dimetta

Aldo Primicerio

Sono i motivi tecnico-giuridici, oltre che etici. Che inchiodano il ministro della giustizia alle sue responsabilità per il rimpatrio forzato di Osama Almasri Njeem. Li spiegano punto per punto Valeria Bolici, giudice presso il Tribunale di Bologna,

e Alberto di Martino, professore ordinario di diritto penale alla Scuola Superiore Sant’Anna, Pisa. Che noi riportiamo liberamente qui, da diritto.it e da giustizia.it.

 

I fatti. E’ la Corte Penale Internazionale, a ricostruire la mancata consegna di Osama

Nella nota del 22.01.25  si legge che il mandato d’arresto emesso dalla Corte il 18 gennaio “era stato inoltrato lo stesso giorno a sei Stati, tra cui l’Italia. La richiesta di arresto della Corte «è stata trasmessa attraverso i canali designati da ciascuno Stato e preceduta dalla consultazione e dal coordinamento con ciascuno per assicurare l’adeguata ricezione e la successiva implementazione della richiesta”. Contemporaneamente, la Corte ha condiviso con gli Stati le informazioni sui possibili movimenti del catturando e diramato una Red Notice via Interpol. Almasri è stato arrestato a Torino nelle prime ore del 19 gennaio e la Corte, su richiesta delle autorità italiane, non ha commentato pubblicamente l’arresto (!). Il rilascio di Osama Almasri Njeem da parte delle autorità italiane e il suo rimpatrio in Libia non sono stati preceduti da alcun preavviso alla Corte (!). Il 19 gennaio la Polizia di Stato ha trasmesso gli atti relativi all’arresto alla Corte d’Appello di Roma e al Ministero della Giustizia.

 

Dal 19 al 22 gennaio è il caos, forse voluto, della burocrazia italiana. I perché

Con una nota del 21 gennaio 2025 il Ministero della Giustizia ha confermato di aver ricevuto la richiesta di arresto del cittadino libico, dichiarando che «considerato il complesso carteggio», stava valutando «la trasmissione formale della richiesta della CPI al Procuratore generale di Roma, ai sensi dell’art. 4 della legge 237 del 2012».

Con l’ordinanza del 21 gennaio, la Corte d’appello di Roma, conformemente alla stessa richiesta del Procuratore generale, ha dichiarato non luogo a provvedere sull’arresto effettuato dalla polizia giudiziaria «in quanto irrituale perché non previsto dalla legge» e ha ordinato la scarcerazione di Osama Almasri Njeem «in assenza di richiesta di applicazione di misura cautelare da parre del Procuratore Generale per mancata trasmissione degli atti della Corte penale internazionale di competenza ministeriale». Questo perché l’arresto da parte della Polizia di Stato doveva essere preceduto da «interlocuzioni tra il Ministro della Giustizia e la procura generale presso la corte d’appello di Roma», atteso che, ai sensi dell’art. 2 della L. 237/2012, «[i] rapporti fra lo Stato Italiano e la Corte Penale Internazionale sono curati in via esclusiva dal Ministro della Giustizia, al quale compete di ricevere le richieste della Corte e di darvi seguito».

L’ordinanza attesta che fra il 18 gennaio e il 21 gennaio il Ministro della giustizia è rimasto inattivo, non provvedendo a trasmettere gli atti ricevuti dalla Corte Penale Internazionale alla Procura generale di Roma, contrariamente a quanto previsto dall’articolo 59 della legge 232/1999, di ratifica ed esecuzione dello Statuto di Roma, che stabilisce che lo Stato parte che ha ricevuto una richiesta di fermo, di arresto e di consegna prende «immediatamente» provvedimenti per far arrestare la persona di cui trattasi secondo la sua legislazione. L’indugio, quindi, è una violazione del dovere di decisione immediata. L’obbligo di cooperazione è del resto richiamato dallo stesso art.1 della L 237/2012, secondo cui «lo Stato italiano coopera con la Corte penale internazionale conformemente alle disposizioni dello statuto della medesima Corte. Né l’art. 4 né l’art. 11 della L. 237/2012 accordano del resto al Ministro della giustizia alcun potere di valutazione discrezionale sull’opportunità o meno della trasmissione delle richieste di consegna della Corte Penale Internazionale alla Procura generale di Roma.  I rapporti di cooperazione tra lo Stato e la Corte Penale Internazionale siano curati in via esclusiva dal Ministro della giustizia «al quale compete di ricevere le richieste provenienti dalla corte e di darvi seguito». È certamente vero che attribuzione esclusiva del Ministro è quella di “curare” in via esclusiva i rapporti di cooperazione; ma si tratta appunto di un’attribuzione che si radica su un dovere di curare quei rapporti, e non di trascurarli.

 

Certamente il Ministro riceve le richieste. E certamente ha anche la competenza a darvi seguito.

“Nel caso di specie non ha espresso questa sua seconda competenza, che costituisce a ben vedere la veste dell’obbligo di cooperazione, di dare cioè doverosamente seguito alla richiesta di consegna, assicurando (art. 2 co. 3) che l’esecuzione avvenga in tempi rapidi e con le modalità dovute”.

L’inerzia ministeriale, protratta in violazione dei doveri di cooperazione di cui agli art. 1 e 2 co. 3 della L. 237/2012 e dell’art. 59 dello Statuto di Roma, ha impedito dunque il perfezionarsi dell’iter procedurale cadenzato dall’art. 11 e, secondo le conclusioni dell’ordinanza della Corte d’appello, ha viziato di irritualità l’arresto operato d’iniziativa dalla Polizia di Stato.

Se fosse intervenuta la trasmissione degli atti da parte del Ministero, l’esito del procedimento sarebbe stato l’applicazione della custodia cautelare al catturando, indipendentemente dalla convalida dell’arresto. Questo secondo, ulteriore, momento di inazione del Ministro della giustizia, del tutto svincolato da qualsiasi apprezzamento sulla legittimità dell’arresto, ha impedito definitivamente l’applicazione della misura cautelare, prescritta dalla legge in ogni ipotesi di richiesta di consegna da parte della Corte Penale Internazionale, in violazione degli obblighi di cooperazione previsti dallo Statuto di Roma e dalla legge.

 

In conclusione, l’arresto di Osama Almasri Njeem operato dalla Polizia di Stato meritava di essere convalidato ex art. 3 legge 237/2012 e 716 c.p.p.

La mancata cooperazione dello Stato italiano alla consegna del catturando, in violazione dello Statuto di Roma e degli artt. 4, 11 e 14 della legge 237/2012, è dipesa tuttavia dalla inerzia del Ministro della giustizia nella trasmissione alla Procura generale degli atti ricevuti dalla C.P.I., indipendentemente da qualsiasi valutazione sulla ritualità dell’arresto”.

Queste le ragioni che – secondo i due esperti – spiegherebbero le responsabilità di Nordio. E che, se così fosse, dovrebbero indurre il ministro della Giustizia a dimettersi o la presidente del Consiglio a chiederle. Ma qui occorre gente che abbia lo spessore morale e politico per fare queste cose.

E’ una vicenda sconfortante. Con la Meloni – che ha disertato il confronto alle Camere – a difendere i suoi ministri invece che la dignità del suo governo. Con Salvini che impiega il suo tempo a far approvare un emendamento della Lega al Ddl sulla Montagna, che riapre la micidiale sparatoria sui valichi montani contro i minuscoli fringuelli. Con il ministro Crosetto a proferire insulsaggini su magistrati che vogliono sostituirsi al potere legislativo. E con lo stesso Nordio che impiega il suo tempo a vantarsi di due cose: la prima, che gli indagati sull’urbanistica a Milano hanno evitato le manette grazie alla sua abolizione del reato di abuso d’ufficio; la seconda, che il sovraffollamento delle carceri è positivo, perché evita i suicidi (!). E poi a minacciare sanzioni ai giudici che lo criticano. Nordio, il peggiore di tutti.. Siamo di fronte a persone e vicende che umiliano la nostra intelligenza ed il nostro amore per la Repubblica Italiana. Ma quella che ci rattrista di più è altro. E’ il consenso che si consolida intorno a questo governo. Siamo di fronte ad un colossale bluff di istrioni della politica, dotati forse dotati di un fluido magnetico che ammalia ed annichilisce molti italiani distratti ed inconpsapevoli. Noi forse non ne avremo il tempo. Ma questi italiani, anche se purtroppo tardi, poi se ne accorgeranno .