Alfieri e i magistrati: pezzo dell'inchiesta a Napoli - Le Cronache Ultimora
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Alfieri e i magistrati: pezzo dell’inchiesta a Napoli

Alfieri e i magistrati: pezzo dell’inchiesta a Napoli

Di Peppe Rinaldi

“Volli, e volli sempre, e fortissimamente volli”. È un celebre paradigma della volontà scritto in una lettera toscana da Alfieri, Vittorio, che, per puro richiamo onomastico, a distanza di circa 250 anni insegue e avvolge il nostro di Alfieri, il coriaceo Franco oggi in disgrazia per i noti motivi. Il dominus del Pd a sud di Salerno (e pure un po’ a nord e pure un po’ più su) come si direbbe con linguaggio e sintassi correnti, tanto ha fatto che è riuscito a farsi ammanettare. Inutile ora attardarsi sulla sua lunga parabola, ne abbiamo scritto per anni in autonomia e libertà grazie a un paio di quotidiani, soprattutto questo, che non sempre aspettano il sigillo ufficiale o il timbro di qualche ufficio. Di certo alla base di una frenetica e tumultuosa attività politica trentennale c’è una fibra volitiva che distingue il personaggio e ne disegna il carattere: e Alfieri di carattere ha dimostrato di averne, almeno sin qui. Naturalmente, il carattere è una cosa e la condotta un’altra. E qui entriamo nel vivo del problema perché, dopo esserci baloccati a lungo con idiozie e scemenze su fritture di pesce et similia (mentre Alfieri faceva e disfaceva, giustamente ridendosela) e pur trovandoci ora nell’occhio del ciclone, continua a non sembrare chiaro un punto: la impunità sostanziale goduta a lungo da Alfieri a dispetto di saltuarie seppur ripetute molestie formali degli organi di controllo. Dobbiamo specificare cosa si intenda per “organi di controllo”? I nostri cinque lettori sono sufficientemente scafati per individuarli. Di Alfieri insomma ne esistono diversi e ovunque, decapitato uno ne spunta un altro, in un gioco a rimpiattino che rimanda alla notte dei tempi. Cosa sia successo in tanti anni sotto questo profilo rappresenta forse il tema centrale ed è ciò che sta interessando per gli aspetti di competenza la procura della repubblica di Napoli, in un maxi stralcio dell’inchiesta principale che ha sovvertito il corso della storia politica e sociale del territorio. Se e quanto in meglio lo si vedrà. CONTATTI TRA PROCURE I contatti tra i procuratori Borrelli (Salerno) e Gratteri (Napoli), l’uno felpato l’altro rude e tutti e due in genere letali, si sono intensificati nel corso di quest’anno, procedendo ad una ricognizione delle varie notizie criminali dormienti, dei fascicoli silenti, delle inchieste dall’esito opaco o dal clamore distrattivo, di misteriosi accomodamenti, sfacciate compromissioni e archiviazioni imbarazzanti. Su questo terreno sarebbe stato trovato materiale interessante, il cui presumibile trattamento per mano napoletana non annuncia giorni sereni: si sa, quando possono e/o vogliono, i magistrati sono ultra spietati con i propri colleghi zoppicanti, che non sono pochissimi, specie in contesti dov’è facile titillarne l’umana vanità, accarezzarne la dissimulata ambizione o la patente debolezza rispetto a danaro, donne e luccichii vari, come ad esempio nel dolce e placido Cilento. Ora, questi stralci dell’inchiesta madre di Salerno indicherebbero una prima cosa fondamentale: che a Salerno sapevano “tutto” e da diversi anni, almeno una quindicina, ma per un motivo o per l’altro le cose si scioglievano come carta sotto la pioggia, o spacchettando in mille filoni inchieste chiuse e pronte all’uso (tecnica classica del pm quando non intende andare veramente a fondo) oppure depotenziandone la portata affidando tutto allo scorrere del tempo che cancella ogni ricordo. Se lo sapevano a Salerno figurarsi a Vallo della Lucania. Lo sapevano pure a Napoli, per la verità, ma quando il pilota cambia non sei più sicuro che l’auto proceda nella stessa direzione, esattamente come è accaduto a Salerno nell’ultimo lustro. E, si sa, i piloti cambiano sempre. SISTEMA VISCHIOSO Il sistema vischioso di quella che i magistrati stessi chiamano commensalità, politici e magistrati “a mensa insieme” cioè, è stato uno dei tratti caratterizzanti dell’epopea del nostro Alfieri, con disdoro semmai per la toga non certo per il politico che se ne serva, che deve solo badare a come si muove. Funziona finché funziona, poi arriva un Borrelli, che in genere non prende neppure un caffè nella circoscrizione di competenza, ed ecco che il giocattolo si rompe. Come s’è visto. Ma cosa sta vivisezionando Napoli al riguardo? Questo non possiamo dirlo con certezza, ovvio, possiamo però indicare ciò che Vallo della Lucania e Salerno hanno sempre saputo. Da cosa si desume lo sapessero? Da tonnellate di relazioni, informative, appunti, approfondimenti della polizia giudiziaria che, sia chiaro, non è la voce della Bibbia ma non è neppure sempre un fumetto di Diabolik. Anche perché far languire un’indagine per (l’ex) abuso d’ufficio è un discorso, farne deperire diverse altre per 416bis, corruzione, corruzione in atti giudiziari o altra roba pesante, è tutt’altra musica. PRIMI ESEMPI Qualche esempio? Un magistrato che aveva svolto il praticantato nello studio legale di Alfieri, che è incidentalmente anche avvocato, entrato poi in magistratura per interessamento di un altissimo papavero togato “intimo” dell’oggi sindaco di Capaccio ma al tempo di Agropoli, archivia una corposa indagine sul giro dei concorsi fasulli in diversi enti pubblici cilentani e che lo vedeva tra i principali indagati, come se la ovvia “commensalità” del pm con il presunto artefice delll’intera operazione non fosse elemento da obbligarlo all’astensione. Eppure lo stesso Ctu incaricato dal pm aveva detto che quei concorsi erano un imbroglio plateale. Archiviazione, punto. Perché asternersi se nemmeno i miei superiori fanno un plissé al riguardo? Giusto, perché astenersi, non succederà nulla. Infatti così è andata. Finora. La polizia giudiziaria chiarirà poi che il “superiore” del pm dell’epoca, che a sua volta governava un’altra delicata indagine su uno dei bracci destri storici di Alfieri (ramo immobiliare) e socio di un fratello di Alfieri stesso, archivierà anche quest’altra indagine. Questo magistrato comprerà poi dalle mani dello stesso soggetto indagato e archiviato, un terreno agricolo con rudere ottenendone in scioltezza il cambio di destinazione d’uso per realizzarvi una bella villa con piscina. Il tutto nel comune di Torchiara, intelligenti pauca. IL PM INTERCETTATO Saltando poi nel tempo e tra i diversi fascicoli che assediano Alfieri da sempre (a volte, va detto, senza un reale motivo ma la lotta politica contempla anche una maleodorante sequenza di denunce ed esposti) c’è il caso di una pesante intercettazione telefonica di una indagine che riguardava altro, in cui un magistrato parlando con un collega erompe e dice: “Hai capito questi str…stanno facendo di tutto per salvare Alfieri da quel guaio ma io vado avanti”: la cosa finirà al CSM, dopodiché non se ne saprà più nulla. E siamo già a 2 o 3 magistrati toccati dagli schizzi. Sono solo alcuni esempi, di materia ce ne sarebbe a iosa. Certo a pagare, per ora, è solo Alfieri che, nonostante la fibra caratteriale di cui sopra, si trova all’angolo e verosimilmente dovrà gettare la spugna con tutti i galloni istituzionali di contorno. Anche perché- e qui Napoli non c’entra più- par di capire che circa 25mila pagine di inchiesta non possono riguardare solo il noto caso della Dervit su cui, peraltro, giacevano inchieste identiche sempre obliterate e da anni, perché è stata il pretesto per fermare le bocce in attesa di tirar fuori l’artiglieria pesante. Che consiste, all’ingrosso, in questi diversi filoni: acquisti nelle aste giudiziarie; flussi finanziari; fusioni bancarie; altri appalti e gare, infiltrazioni dei clan di camorra (Marandino e Fabbrocino)e relativi eventuali punti di contatto oltre quelli già noti; consorzio farmaceutico e relativa gestione di risorse umane, concorsi e assunzioni pilotate con le note complicità dirigenziali; oltre duecento incarichi legali piovuti dagli enti locali sotto l’influsso di Alfieri (praticamente tutto il Cilento) in favore di avvocati sposati con magistrati che a loro volta affidavano altri incarichi tecnici o legali ad altri avvocati che, a loro volta, ora facevano gli assessori nelle giunte dirette o eterodirette dal nostro, ora gli autisti accompagnatori di procuratori ( e qui rientrerebbe in scena Napoli) dopo pranzi e cene collettivi documentati dagli investigatori e che, chissà perché, si perdevano per strada. Tutte cose che, per quanto possibile, proveremo a raccontare nei prossimi giorni.