di Monica De Santis
In questi mesi di chiusure, zone rosse, arancioni, gialle scuole chiuse o aperte per metà, si è spesso parlato degli effetti che la pandemia potesse avere a breve e lungo termine sui bambini e sugli adolescenti. Nei giorni scorsi la dirigente scolastica del Virtuoso di Salerno aveva raccontato che molti genitori di suoi alunni hanno presentato certificati medici che attestano stati di ansia e di depressione. E’ sulla base di questo che abbiamo chiesto al dottor Aldo Diavoletto, neuropsichiatra infantile in servizio anche presso l’Asl di Salerno che effetti sta avendo la Dad sui ragazzi… “Se la dad continuerà ad essere usata come strumento didattico, bisognerà iniziare a dimostrare una maggiore vicinanza emotiva, introdurre elementi di discussione, attività di gruppo per creare una maggiore vicinanza rispetto ai vissuti emotivi dei ragazzi lasciando magari un pezzo del contenuto didattico ad altre modalità, quindi un po’ più di empatia e un po’ meno contenuti, anche se ad ogni modo si perde un pezzo del processo di apprendimento con quelle che saranno poi le conseguenze sulle competenze future; c’è il rischio che per molti di questi studenti non verranno recuperati più, perché le cose che non riesci a fare in seconda e terza media soltanto in parte le puoi fare nei primi due anni delle scuole superiori e così via a catena. E poi naturalmente la dad purtroppo evidenzia ancora di più le diseguaglianze, di tipo sociale perché non tutti hanno una postazione o dispositivi adeguati, non tutti hanno una stanza per ogni figlio per potersi collegare in santa pace, magari non tutti hanno le cuffie per potersi isolare bene. Quindi c’è anche questo aspetto di sperequazione di naturale chiaramente sociale. Poi c’è la grande questione delle disabilità che è un problema nel problema, la dad ovviamente accentua il rischio di esclusione, sono tutti problemi che a tutt’oggi ci poniamo come questioni e non sono state fornite adeguate risposte. Io non sono per principio contro la dad, è la soluzione che siamo riusciti a dare in questa situazione eccezionale e va bene così, con le possibili conseguenze a breve e lungo termine. E con notevoli limiti per alcuni tipi di ragazzini, ovvero quelli con disabilità, quelli con difficoltà cognitive e con difficoltà di relazione”. Lei ha riscontrato un aumento di ragazzi che soffrono di stati d’ansia o di depressione causati dai lockdown? “Le chiusure, le limitazioni, hanno portato diverse conseguenze. A qualsiasi età della vita una delle prime indicazioni che dà lo specialista, neuropsichiatra infantile, psicologo, è la socializzazione con i coetanei, quindi il bambino che non parla ha bisogno di socializzare andando all’asilo per cominciare a parlare. Poi stiamo rilevando un aumento della sofferenza nelle famiglie, soprattutto nelle famiglie che hanno ragazzi disabili in casa. Poi i ragazzi senza disabilità stiamo rilevando casi di ansia e di depressione. Il primo lockdown è stato uno spartiacque: gli adolescenti si erano apparentemente adattati bene all’inizio, per il semplice fatto che avevano una maggiore dimestichezza con i dispositivi quindi i ragazzi più che i professori sembravano a loro agio con la didattica a distanza rispetto all’utilizzo delle tecnologie, ma a lungo andare questo non è stato poi così perchè l’isolamento sociale ha peggiorato o ha innescato i casi di sofferenza psichica oppure sul versante dell’oppositività e dell’aggressività ragazzini che diventano molto riveli che viene accentuato dal fatto che stanno chiusi in pochi metri quadri dei loro appartamenti. Non parliamo solamente di episodi che hanno bisogno di una consultazione singola, ma che sono così gravi che chiedono un ricovero in un reparto specialistico quindi disturbi che non sono facilmente gestibili dalla famiglia o non sono facilmente gestibili con una consultazione ambulatoriale ma di gravità tale per l’incolumità del ragazzo che richiedono addirittura il ricovero, il che significa anche un prolungarsi del problema nel tempo. Questo è quello che ci arriva più chiaramente davanti agli occhi, poi bisogna pensare alle conseguenze a lungo termine sullo sviluppo dei bambini piccoli che hanno meno supporto sociale, sullo sviluppo dei ragazzini che hanno una dotazione cognitiva non molto brillante e che ovviamente avranno un percorso più rallentato e poi gli aspetti emotivi e comportamentali di tutti quanti rispetto alle limitazioni sociale alla solitudine e alla difficoltà a condividere con i coetanei. Ad una certa età il gruppo dei coetanei è l’alveo naturale in cui un ragazzino di 15/16 anni mette alla prova la propria capacità di stare al mondo. le cose che non si raccontano ai genitori le cose che non si raccontano ai fratelli si raccontano agli amici del gruppo che hanno le stesse esperienze e la stessa qualità di percezioni e di emozioni. Pensate che per un anno e più questo pezzo di vita sociale è stata indebolita quindi pensiamo alle conseguenze a lungo termine anche di questo, tra l’altro ci sono degli studiosi di economia che hanno fatto delle proiezioni rispetto alle capacità di apprendimento e alle ricadute sulle future professionalizzazioni di questi ragazzi c’è una perdita della competenza di apprendimento che poi ha delle conseguenze dirette sullo sviluppo delle capacità professionali future” Qual è la fascia d’età che sta soffrendo di più? “Secondo me stanno soffrendo tutte le fasce d’età ognuna nel suo specifico, quindi il bambino piccolo che non sviluppa adeguatamente, e così via ma davanti agli occhi è più evidente la sofferenza degli adolescenti perché è quella che da più segnali o nel senso della chiusura o nel senso del comportamento non regolare. Sia chiaro, a mio parere prima della pandemia già c’era un’emergenza adolescenziale legata al fatto che il disagio psichico stava manifestandosi in età sempre più basse nell’ambito di una società che ha sempre dato dei segnali basati sulla competizione sull’immagine violenta sull’uso compulsivo delle cose. Già era una società che portava gli adolescenti ad essere in qualche modo dei consumatori della vita veloci e violenti, con questa situazione queste caratteristiche si sono esacerbate, sia sul piano della chiusura e del rifiuto di relazionarsi che sul piano dei comportamenti violenti. E’ chiaro che un ragazzino che ha paura di andare a scuola con la Dad è favorito l’uso del computer e della tastiera lo aiuta a proteggersi dalla sue fobie, ma questo fino ad un certo punto perché poi molti di questi ragazzi rifiutano proprio di collegarsi e quindi anche entrare in dad per loro diventa una fatica emotiva molto rilevante” Per quanto concerne i bambini più piccoli, materne ed elementari, lo stare tanto tempo vicino al computer può causare problemi di socializzazione e scolarizzazione? “Sicuramente perchè un pezzo del percorso cognitivo non viene trasmesso e perchè la socializzazione con uno strumento digitale richiederebbe delle soluzioni talmente variegate che non sempre è possibile proporre. Penso che ci sono e ci saranno delle complicazioni e delle conseguenze da questo punto di vista” Come un genitore può capire se un figlio soffre di ansia o depressione? “Da un’accentuazione della chiusura, un ragazzino che parla poco, che ha una mimica poco variata, che non riesce a divertirsi con le cose che prima lo divertivano, diminuzione del sonno e dell’appetito. Molto importante la questione del sonno veglia. Ed ancora i piccoli e frequenti comportamenti autolesionistici. Il tagliarsi è un modo per allentare l’ansia. Sembra paradossale ma in realtà quando si tagliano questi ragazzi pensano di poter controllare l’angoscia”. E cosa si può fare? “La risposta è semplice rivolgersi ad un servizio specializzato di neuropsichiatria infantile nelle varie aziende sanitarie o agli psicologi dei consultori, che possono prendere in carico sia gli aspetti medici sia psicologici del ragazzino. Non basarsi su rimedi fai da te”“ Che aumento di casi ha avuto? “Non lo so percentualizzare, Ci sono stati, soprattutto negli ultimi mesi, ma non sono capace di percentualizzarlo, anche perchè credo che adesso si stanno vedendo realmente i danni che questa pandemia ha causato sugli adolescenti e sui bambini”.