Concerto d’eccellenza per proposta ed esecuzione, quella che ha salutato a Praiano, la wind orchestra del Conservatorio “G.Martucci” agli ordini di Gennaro Cappabianca e il primo violoncello del Teatro di San Carlo, impegnati nell’accattivante e virtuosistico segno di Friedrich Gulda, che auguriamo possa essere eseguito anche in altre sale da concerto
Di Olga Chieffi
E’ della nostra scuola di legni e di fiati tutta, che discende direttamente dalla Napoli cantante del ‘700, per bellezza e massimo controllo del suono e virtuosismo spinto, il ricercare di avvicinare l’arco nella massima espressione, come l’arco sembrerà respirare. Questa magia non facile da realizzare è avvenuta sabato sera nella Chiesa di San Gennaro in Praiano, ove l’Associazione Praiano Chambre and Jazz Music, in sinergia con l’Associazione Collegium Philarmonicum ha affidato la serata all’ Orchestra di Fiati del Conservatorio G. Martucci di Salerno, sotto la direzione del maestro Gennaro Cappabianca, che ha ospitato quale solista il violoncellista Alberto Senatore, salernitano, che ora occupa il primo leggio del Teatro San Carlo, ove sedeva il suo maestro Gianluca Giganti. Il concerto era stato in un primo momento organizzato all’aperto, alle ore 21, in piazza San Luca, pensando a certo turismo di fine estate, ma non prevedendo vento del Nord e temperature autunnali, alle quali era impossibile resistere per strumentisti e pubblico. Si è allestito tutto, alla meno peggio e in fretta e furia in chiesa, chiaramente senza la giusta amplificazione, ma tutto è andato nella giusta direzione, anche i saluti istituzionali, del Sindaco Anna Maria Caso, unitamente a quelli del Vice direttore Ernesto Pulignano in rappresentanza del Conservatorio Martucci, che ha schizzato un’istituzione in crescita per produzione e internazionalizzazione, nonché della dirigenza dell’Associazione ospite. Ricercato il silenzio, l’attesa è finita e la wind orchestra composta da Andrea Ronca al flauto, Pietro Avallone e Lorenza Pierro all’oboe, Francesco Liguori ed Enza Fiorillo al clarinetto, Mattia Costa al fagotto, Giovanni Russo e Rosa Orlotti al corno, Stefano Rinaldi e Francesco Sandulli alla tromba, Michele Raiola al trombone, Andrea Abate al bassotuba, Giovanni Guarro al contrabbasso, Antonio Calabrese alle chitarre e Stefano Santaniello alle percussioni, diretta dalla bacchetta esperta di Gennaro Cappabianca ci ha calato immediatamente nel climax di un Claude Debussy che guarda oltre oceano con Golliwog’s cakewolk, del quale l’arrangiatore Ciro Ferrigno, è riuscito a cogliere quella complessa ed esauriente fenomenologia della temporalità musicale, in cui sia gli elementi strutturanti dell’armonia, sia le diverse determinazioni emotive, sono state sottolineate in questa pagina, splendidamente eseguita dagli strumentisti, con tutta la sua mobilità ritmica e di accenti, tutt’altro che facile da restituire. L’orchestra di fiati, si è poi cimentata con Tea for Two, una song appartenente al musical del 1925 No, No, Nanette con musica di Vincent Youmans figlia degli spensierati e ruggenti anni venti, e come loro sono amabili, piene di ritmo e sempre alla ricerca del divertimento. Ed è così se non si “gioca” non avviene nulla e i ragazzi si sono lasciati andare su di un arco sempre costruito saldamente, trasformandosi in dance band di lusso, con sensibilità coloristica. Interessante arrangiamento, sempre firmato da Ciro Ferrigno anche della prima Suite di Dmitri Shostakovich per orchestra jazz, n°1, facendo comparire gli strumenti dell’orchestrina jazz shostakoviciana. Mai suoni più indovinati da parte degli allievi del conservatorio con un Gennaro Cappabianca che si è districato tra le inarcature dei suoni, , sospensioni e sincopi che arricchiscono la tessitura dei temi, la fanno spaziare fuori ogni segno ordinario, come dire che la musica, con grazia, mangia o pasteggia se stessa. Menzione per il fagottista Matteo Costa, scuola “Scala”, che è andato a porsi col suo suono al posto del sassofono tenore, strumentista dal suono incantevole, per il quale prevediamo una brillante carriera, che ha anticipato, il suono del violoncello, strumento principe del pezzo clou della serata, nonché per il trombonista Michele Raiola, latore di quegli effetti ironici e amari del compositore russo. Il finale della serata è stato interamente dedicato all’esecuzione del concerto per violoncello e orchestra di fiati di Friedrich Gulda, affidato al sentire musicale di Alberto Senatore. Una pagina questa, altamente virtuosistica, che è costata al solista oltre sei mesi di studio severo. Gulda la ha descritta come “jazz, un minuetto, rock, un pizzico di polka, un marciabile e una cadenza con due punti in cui il violoncellista protagonista deve improvvisare. L’Ouverture, infatti, lancia il concerto con spezie rockeggianti, che si alterna a sezioni liriche di evocazione quasi mozartiane. Il secondo movimento Idylle si apre con un bellissimo corale simile a un inno, che passa prima agli ottoni e quindi al violoncello, prima del cadenzato Ländler, il terzo movimento è praticamente una cadenza di sei minuti per violoncello solo non accompagnato che richiede tecniche estese e improvvisazione che sfocia in un minuetto. Le sezioni suonano prevedibilmente come una danza rinascimentale, completa di tamburello, ma la sezione centrale sorprende con una nostalgica melodia che evoca la musica popolare degli Appalachi. Il finale, in parte marcia e in parte polka, ricorda i generi classici e rock delle prime fasi del concerto prima di volgere verso una chiusura emozionante, tra marce bandistiche con tanto di trio, e acuto della tromba solista. Esecuzione magistrale, quella di Alberto Senatore, con spunti fisici che diventati prosecuzione dell’archetto delle corde e del legno, oltre che essere anch’essi mezzi di comunicazione emotiva, in particolare nella lunga cadenza, in cui non è mancato l’omaggio al violoncello eclettico per eccellenza, quello di Giovanni Sollima, con lo sfregamento di un pirolo, continuando il “gioca”, la gioia, il sorriso illuminato e d’estrema naturalità di esecuzione globale, in un triangolo formato dal maestro, dalla formazione e dal pubblico, naturalmente, ponendo in luce, doti quali l’inventiva, la maestria tecnica e il sentimento che Alberto Senatore sa infondere a piene mani nel suo strumento, dopo averlo attinto dalla musica stessa. Applausi scroscianti per tutti e ancora un Tea for Two quale bis, al quale si è aggiunto, romanticamente il suono del violoncello. L’augurio per tutti strumentisti e anche per il pubblico è che questo programma possa essere ancora ascoltato, in diverse altre prestigiose sale da concerto.