Domani sera, alle ore 20, il violinista figlio d’arte di papà Stefano si esibirà in duo con la pianista Mari Fujino, ospite del cartellone dell’Associazione Jacopo Napoli di Cava de’ Tirreni, realizzato da Giuliano Cavaliere. Sei gli appuntamenti che ci accompagneranno al 15 dicembre
Di Olga Chieffi
Ricorderete le parole di donna Prassede “Si sa che agli uomini il bene bisogna, le più volte, farlo per forza” e questa rassegna, riporta finalmente in auge un genere, la musica da camera che, per minore evidenza gestuale, riserbatezza dei mezzi e, in genere, la comparativamente maggiore difficoltà di linguaggio, fanno sovente, di un ciclo di concerti, una battaglia contro la pigrizia di una parte del potenziale uditorio. La rassegna cameristica de’ “I concerti d’Autunno” che prenderà il via il 6 ottobre ci accompagnerà sino al 15 dicembre, con sei appuntamenti che chiuderà la stagione musicale 2023 dell’Accademia “Jacopo Napoli” realizzata da Giuliano Cavaliere, che ha quale particolarità di impreziosire i programmi con pagine di giovani compositori selezionati nell’ambito della “Call” indetta la scorsa primavera. Sarà il violinista Mattia Pagliani, vincitore del Premio Nazionale delle Arti 2022, e la pianista giapponese Mari Fujino ad inaugurare, domani sera, alle ore 20, nel salone del Complesso monumentale “San Giovanni” di Cava de’ Tirreni, la nuova edizione dei “Concerti d’autunno”, rassegna che chiude l’apprezzata stagione concertistica 2023 dell’Accademia musicale “Jacopo Napoli”. Un appuntamento, questo, in collaborazione con il Fortissimissimo Firenze Festival, che vedrà il violinista, figlio d’arte di papà Stefano, docente del nostro conservatorio, allievo attualmente di Ilya Grubert, vincitore del “Paganini” di Genova e del “Tchaikovsky” di Mosca, aprire il dicembre, il primo, di questa stessa rassegna, in duo con il pianista Sandro De Palma, con musiche di Eugène Ysaye e César Franck. Mattia Pagliani e Mari Fujino, principieranno il loro rècital con la Sonata in fa minore op. 80 di Sergej Prokofiev, il cui concepimento risale al 1938, ma la composizione fu ripresa più volte e compiuta soltanto nel 1946. Come per l’adattamento per violino della Sonata per flauto, Prokofiev nel dare stesura definitiva al lavoro si servì dei consigli e dell’aiuto del grande violinista David Oistrach, che collaborò alla redazione della parte violinistica e contribuì al successo di entrambi i lavori con la sua impareggiabile arte interpretativa. Prokofiev ha cercato qui di rendere il suo linguaggio melodioso e chiaro, sensibile ed eloquente, pur senza rinunciare a renderlo con quegli slanci e quelle scabrosità melodiche e armoniche che sono tratti riconoscibili del suo stile. La ricerca della chiarezza, che a quanto pare animava allora le intenzioni del compositore, significava anzitutto riuscire a scrivere una musica chiara che fosse anche nuova e originale: ossia non necessariamente neoclassica. Il desiderio di mettere ordine nello svolgimento della creazione senza tuttavia cadere in forzate inibizioni, in altri termini ridare attualità all’ideale classico senza irretirsi in scolasticismi o artificiosi ricalchi ma puntando al nuovo (una «nuova classicità»), si risolve in una lotta fra istinto e razionalità nella quale l’autocontrollo è in funzione della liberazione e viceversa. Composizione di vasto respiro e grande impegno, in quattro movimenti, vi prevale un’atmosfera arcaica insolita nel musicista. Nel movimento iniziale, Andante assai, dei due brevi frammenti tematici il primo è sorretto dal registro grave del pianoforte con andamento di passacaglia, mentre il secondo è esposto da passi polifonici del violino. Nell’Andante brioso che segue, spiccano i vivaci accordi martellanti tipici dello stile di Prokofiev. Dopo un Andante ripartito in tre sezioni, la Sonata, si conclude con uno sfrenato e spumeggiante Allegrissimo. A seguire, la Fantasia di Franz Waxman, Franz Waxman, musicista tedesco naturalizzato statunitense, famoso come compositore di musiche da film. Per il film Humoresque scrive la Carmen Fantasie, brano su temi della Carmen di Bizet, interpretato da Isaac Stern nella colonna sonora, su modello di quanto precedentemente fatto da Pablo de Sarasate, e dedicata a Jasha Heifetz , caratterizzata per un intenso e appassionato virtuosismo. Vengono esaltate sia l’espressività suadente del solista, sfruttando appieno le potenzialità timbriche e tecniche dello strumento (glissando, flajolet, pizzicati, trilli, arpeggi e rapide scale per terze) che il ruolo del pianista che partecipa della stessa forza musicale e interpretativa. Finale con la giovanile Sonata per violino e pianoforte op. 18 di Richard Strauss, è in parte proiettata verso il futuro: la suddivisione in tre movimenti, ciascuno caratterizzato dall’esposizione di vari temi continuamente riproposti e variati, e, al contempo, una scrittura pianistica d’impostazione sinfonica su cui si innesta quella violinistica assai espressiva e dall’inesauribile ricchezza tematica, fanno di questo brano un vero e proprio spartiacque nella produzione straussiana. L’Allegro ma non troppo iniziale è annunciato da un energico motto del pianoforte a cui si aggiunge poco dopo il violino, dando vita ad un serrato dialogo timbrico: ben tre sono le idee tematiche che si susseguono in questo movimento dal carattere fortemente espressivo, in un continuo accelerare e rallentare di momenti d’impeto sonoro alternati ad altri più cantabili. La tensione quasi drammatica del primo movimento si stempera in quello successivo, strutturato in forma tripartita e caratterizzato da un intenso lirismo, quasi ad evocare un Lied dove il pianoforte, non più orchestra intera ma strumento singolo, sostiene delicatamente le strofe “cantate” dalla ispirante voce del violino. Nel Finale le due indicazioni agogiche sulla partitura corrispondono a due momenti ben distinti del movimento conclusivo: un Andante affidato al pianoforte solo introduce molto teatralmente il vigoroso Allegro seguente, il cui impeto ricorda quello del coevo poema sinfonico Don Juan. Anche qui i temi proposti sono almeno tre: essi si susseguono in un climax espressivo fino alla travolgente coda conclusiva, consentendo ad entrambi gli strumenti di esplorare tutte le possibilità sonore offerte dalle rispettive tastiere. La spinta ascensionale di questo ultimo movimento pare corrispondere ad una spinta verso il nuovo a cui Strauss si dedicherà proprio dopo la composizione di questa opera. Il direttore artistico della stagione, il maestro Giuliano Cavaliere, nel confermare l’impegno nel promuovere una sempre più diffusa cultura musicale di qualità, sottolinea come questo segmento della programmazione sia dedicato anche alla valorizzazione della creatività emergente. Nel corso di alcuni concerti, infatti, saranno eseguiti brani di giovani compositori under 35, Francesco Sgambati, Gaia Aloisi e Paolo Cipollini, le cui partiture sono state selezionate da una commissione artistica appositamente costituita nell’ambito della “Call per compositori” promossa dall’Accademia “Jacopo Napoli” la scorsa primavera. Nel secondo appuntamento, venerdì 20 ottobre, sarà protagonista il chitarrista Marco Caiazza che, accanto a musiche di Bach, Barrios, Tansman e Castelnuovo Tedesco, interpreterà anche diversi suoi pezzi, alcuni dei quali recentemente incisi per un nuovo progetto discografico. Seguirà, il 3 novembre, il concerto del torinese Trio Quodlibet che, oltre ad opere di Beethoven e Dohnányi, eseguirà il brano “Se le anime” del napoletano Francesco Sgambati. Un itinerario attraverso tre secoli di musica – da Sonate di Domenico Scarlatti a celebri brani di Chopin, Liszt e Ravel, fino a “Charmolypi” della cagliaritana Gaia Aloisi – sarà proposto, il 17 novembre, dal pianista catanese Nicolò Cafaro, classe 2000, premiato al 62° Concorso “Busoni” e vincitore dell’ultima edizione del prestigioso “Premio Venezia”. A chiudere la stagione, il 15 dicembre, sarà il Trio Mythos, in scena con opere di Rachmaninov e Shostakovich, ma anche con “Lo spettacolo degli eterni” del toscano Paolo Cipollini.