Sono tanti ad Agropoli gli esempi di degrado e di abbandono. Uno di questi, e di certo il più emblematico, è quello che riguarda la foce del Testene, il fiume che attraversa la città. Fino allo scorso anno, l’area era gestita, ufficialmente e con tanto di concessione, dall’attivista Gerardo Scotti e da una serie di volontari.
Sia la N.I.T.A. che l’associazione Genesi dell’Ambiente, infatti, curavano l’area, la pulivano, tagliavano l’erba e soprattutto difendevano gli animali ivi presenti tra cui anatre, papere, oche ad altri uccelli vari oltre che, grazie proprie a queste attività, un particolare animale quale la lontra, elemento che denota un ambiente protetto. Noto ad Agropoli l’impegno di Gerardo e dei suoi, come noto lo è all’attuale amministrazione comunale dato che la foce del Testene è stata al centro oltre che della campagna elettorale dello scorso anno, il cui esito è sotto la lente di ingrandimento del Tar, del comizio di chiusura. Le tante promesse, però, sono venute a decadere qualche mese, quando la concessione è scaduta e ad oggi non è stata rinnovata.
«Ho avuto le promesse da parte dell’amministrazione e nello specifico da parte dell’assessore all’ambiente Rosa Lampasona – spiega Scotti – tutto però è finito nel dimenticatoio. Ho avuto rassicurazioni anche da parte del sindaco Roberto Antonio Mutalipassi nonché dall’assessore al turismo (quel prode Roberto Apicella famoso in città per la perfetta organizzazione di feste di compleanno e per le prestazioni come dj, ndr) ma nulla c’è stato. La concessione è scaduta e non è stata rinnovata – continua – per mesi ho inseguito chi di dovere, elemosinando ogni giorno il rinnovo fino a mollare».
Cosa è successo, dunque, che quel polmone verde al centro della città è oggi nel totale abbandono e nel degrado, diventando la perfetta fotografia dell’amministrazione Mutalipassi e dei vari assessori citati. Gerardo Scotti, però, continua nel suo obiettivo e nella sua missione di tutelare l’ambiente, la natura, gli animali. All’offesa alla natura, si aggiunge anche un abbandono dell’alveo del fiume all’interno del quale, in corrispondenza di un pilone del ponte, si è formato un accumulo di residui con tanto di vegetazione radicata che alle prime piogge potrebbe rappresentare un tappo per le acque e dunque causare allegamenti. Insomma, non si impara dagli errori e si continua a sbagliare laddove si è già errato. La cecità dell’amministrazione continua e oggi si arricchisce di un nuovo triste capitolo.