Aniello Palumbo
“Giù le mani dai nostri corpi ribelli e dai nostri desideri favolosi”. Era questo lo slogan che campeggiava su uno degli striscioni che ieri sera tanti giovani hanno esposto, insieme a dei cartelli, in Piazza Portanova, durante la manifestazione di protesta organizzata dalla rete nazionale transfemminista e femminista “Non una di meno”, contro il “Congresso Mondiale delle Famiglie” di Verona. Giovani, ma non solo, vestiti di nero e di viola. “Il viola è il colore della rivendicazione e della libertà delle donne – ha spiegato Francesco Napoli, presidente dell’Arcigay di Salerno, che ha contribuito all’organizzazione della manifestazione – Il congresso di Verona è discriminatorio nei confronti di tutte le famiglie non tradizionali: si continua a riproporre un dettato arcaico e patriarcale. In tutta Italia sono state organizzate manifestazioni come questa e a Verona stanno manifestando oltre cinquantamila persone per rivendicare il diritto delle donne all’autodeterminazione, per rivendicare e tutelare la legge 194 sull’aborto, per continuare a dire No a ogni forma di discriminazione e violenza, per rivendicare le unioni civili e ricordare che in questo Paese esiste ancora la democrazia laica. Dal congresso di Verona si sta lanciando un messaggio di odio e di discriminazione. Da tutte le piazze d’Italia e da Salerno, sta invece arrivando un messaggio di uguaglianza, di amore, di tolleranza e una visione laica e aperta della società”. A ribadire che a Verona si portano avanti valori Il Congresso mondiale della Famiglia che si celebra a Verona ha alimentato il dibattito anche nella città di Salerno dove sono state allestite anche delle manifestazioni tese a dissentire su quello che è l’obiettivo del Congresso delle Famiglie. Salerno come le altre città italiane è divisa. Sull’argomento è intervenuto il parlamentare salernitano Alfonso Andria. “La famiglia non si tutela con le barricate, men che meno rimettendo in discussione – peraltro senza che ve ne siano le condizioni – leggi che riflettono scelte ampiamente condivise, sia pure in un contesto di pluralismo culturale, dalla coscienza civile del Paese. Un impegno serio in favore della famiglia deve, al contrario, concentrarsi sulla richiesta di concreti interventi di sostegno attraverso fondi e servizi adeguati. Il tono che caratterizza il Congresso di Verona, a mio avviso, inaccettabile, certamente non aiuta la ricerca di soluzioni a problemi reali e anzi spesso si si traduce nel disprezzo e nell’insulto verso intere categorie di cittadini. Anche il Papa non ha voluto esimersi da un commento definendo l’iniziativa “giusta nella sostanza ma sbagliata nel metodo”. E infatti, sulla carta, i temi sono la centralità della famiglia nella società, la promozione della natalità, il rispetto della donna. Ma poi l’uso che di questi argomenti si fa è ben altro e assai elevato è il tasso di strumentalità che connota le varie adesioni da parte delle forze politiche, in specie quelle di maggioranza, all’interno delle quali diverse sono le voci fuori dal coro! Persino tra esponenti dell’Esecutivo (Salvini e Spadafora) che danno spettacolo con botte e risposte velenose, fortemente indicative di un malessere ormai non più sommerso che addirittura potrebbe preludere alla rottura della solidarietà politica, o meglio rappresentare l’utile pretesto perché si consegua quell’obiettivo da tempo perseguito dalla Lega. Del resto qualche imbarazzo l’iniziativa già lo aveva suscitato: la Presidenza del Consiglio dei Ministri dopo aver accordato il patrocinio lo ha ritirato; il Presidente della Regione Veneto, il leghista Luca Zaia ha espresso, con coraggio e nettezza, forte preoccupazione per gli equivoci grossolani e fuorvianti che si stanno creando: “se in questa discussione c’è una patologia è l’omofobia, non l’omosessualità”. La coscienza democratica di questo nostro Paese è nell’attitudine al confronto che i Cittadini sono abituati ad esercitare sui grandi temi che regolano la convivenza civile in una Comunità nazionale matura, che non si lascia condizionare acriticamente dal capopopolo di turno!”. AlfonsoAndria che appartengono soltanto ad una parte della società, è stata Manuela Marmo, componente della “Chiesa Pastafariana Italiana”. “Una parte della società che oggi non è più così grande. Si sta rinunciando alla grande opportunità di contribuire alla realizzazione di tutti i cittadini e della loro felicità: dagli indirizzi dei congressisti è esclusa una quantità enorme di persone che non potranno mai entrare nei loro modelli. Bisognerebbe cambiare prospettiva: non bisogna partire dalla famiglia, da questo tipo di unione, ma dal sentimento d’amore che si concretizza in forme diverse. Unioni diverse possono nascere dallo stesso sentimento: non c’è un’unione che può minacciare qualcuno». Presente anche Margaret Cittadino rappresentante di “Cittadinanza Attiva” e dell’organizzazione sindacale Cgil Pensionati. “A Verona, gente arrogante e ipocrita, componente di famiglie anomale, vuole imporre famiglie regolari agli altri e imporre il controllo sul proprio corpo. Noi non siamo disposti a rinunciare a nessuno dei diritti conquistati”.