di Andrea Bignardi
Con l’approssimarsi alla fine di un inverno meno piovoso e freddo delle aspettative il borgo di Serradarce, non distante da Campagna, assume un aspetto placido, campestre, lieto e malinconico al tempo stesso. Tra gli anni ’20 e gli anni ’40 del secolo scorso Domenico e Maria Luigia Gonnella, capostipiti dell’omonima famiglia, vi aprirono una bottega che fungeva anche da cantina per i passanti. Oggi, a raccogliere l’eredità di una lunga e gloriosa tradizione culinaria è la signora Elena, che insieme al fratello Alfredo nel 1995 aprì un agriturismo in un vecchio stabilimento residenziale immerso nel verde, il “Country House Felicella”. A differenza di tanti altri ristoranti della zona che hanno semplicemente recepito l’uso di ricette già presenti nella tradizione enogastronomica locale, i Gonnella, gestori dell’agriturismo, hanno saputo essere inventori e promotori al tempo stesso di nuove portate, ormai entrate a far parte dell’identità territoriale locale, una su tutte i maccarun r’zit al sugo di castrato. Signora Elena, quando nasce la sua passione per la cucina?
“Quando ero molto piccola ed ancora non avevo iniziato ancora la mia carriera nel mondo della ristorazione, iniziai ad apprendere, pian piano, tutte le ricette tipiche del mio territorio. Ciò è stato possibile soprattutto grazie all’aiuto di mia madre e di mio padre: da uomini d’altri tempi, portavano avanti riti e tradizioni ormai scomparsi, anche in cucina.”
Qual è il piatto più rappresentativo del menù di Felicella?
“Sicuramente la portata a cui sono più legata è senz’altro rappresentata dai maccarun r’zit al sugo di castrato: un piatto che ha origini molto antiche, e che è stato inventato proprio dai miei nonni, anche grazie ai suggerimenti giunti dal cuoco di una famiglia aristocratica, quella dei Cantalupo, che trascorreva la villeggiatura nel territorio campagnese. Ormai da alcuni decenni questo piatto, che realizzo con la carne del montone di pecora, particolarmente tenera, è diventato parte della nostra identità territoriale: proprio per questo ci stiamo attivando affinchè ottenga il riconoscimento che merita, ovvero quello di prodotto agroalimentare tradizionale.”
Quali sono le altre specialità dell’agriturismo che esprimono al meglio la tradizione culinaria campagnese?
“Sicuramente non sono solo i maccheroni al sugo di castrato ad essere parte della nostra identità, ma anche tanti altri piatti che sono un nostro patrimonio da ancor più tempo e che cerco di portare ogni giorno in tavola con grande impegno, rispecchiando le ricette tradizionali che mi sono state tramandate. Penso alla gallina ‘mbuttunata, alla matassa tirata a mano con fagioli e peperoni cruschi, alle cotiche con la verza, alle zeppoline fritte al miele.”
Sensibilizzare i giovani all’enogastronomia territoriale e di qualità, secondo Lei, è possibile?
“Si, anche se spesso i giovani non apprezzano sapori forti e decisi come quelli tradizionali, passi in avanti per valorizzare i nostri piatti tipici ne abbiamo fatti. Un contributo importante, in tal senso, lo hanno dato i social network. Grazie a bloggers e piattaforme online, ma anche ad eventi dedicati è possibile promuovere le nostre eccellenze e quindi contribuire a preservare le nostre tradizioni. Penso ad esempio alla rassegna “Riti e storie di Felicella” organizzata nei mesi scorsi, dove protagoniste sono state molte delle nostre ricette tipiche: la riuscita dell’evento non sarebbe stata possibile senza il contributo del team di Prelibato.”