di red.reg.
La Procura di Roma formalizza la richiesta di rinvio a giudizio per sette persone coinvolte nella maxinchiesta sul caso Consip. I pm hanno inviato al gip l’atto con cui si sollecita il processo per l’ex ministro Luca Lotti, per l’ex comandante generale dei carabinieri, Tullio Del Sette e per altre cinque persone. A 45 giorni dalla chiusura delle indagini i magistrati di piazzale Clodio danno un nuovo colpo d’acceleratore ad un procedimento con almeno tre filoni in cui si ipotizzano, a seconda delle posizioni, i reati di rivelazione del segreto d’ufficio, millantato credito, falso e depistaggio. Si avvicina quindi un maxiprocesso in una vicenda in cui i magistrati hanno, invece, chiesto di archiviare la posizione di Tiziano Renzi. La richiesta di rinvio a giudizio ha riguardato – oltre a Lotti e a Del Sette – anche l’ex ufficiale del Noe, Gian Paolo Scafarto, che secondo l’impianto accusatorio avrebbe riferito, quasi in tempo reale, al Fatto Quotidiano le prime iscrizioni nel registro degli indagati, in particolare quella dello stesso Del Sette, nel procedimento avviato dalla procura di Napoli dai pm Henry John Woodcock e Celeste Carrano nel dicembre del 2016. Nel filone relativo alla fuga di notizie, il pm Mario Palazzi, contesta il favoreggiamento anche al generale dell’Arma Emanuele Saltalamacchia mentre il depistaggio e’ attribuito, oltre che aScafarto, anche all’ex colonnello dell’Arma Alessandro Sessa. Il presidente all’epoca dei fatti di Pubbliacqua, societa’ partecipata del Comune di Firenze, Filippo Vannoni e’ accusato di favoreggiamento. A tirare in ballo l’ex ministro e Saltalamacchia era stato l’ex amministratore delegato di Consip, Luigi Marroni, che ha riferito ai magistrati che erano stati loro due a dirgli che era in corso un’indagine sulla societa’. Quanto a Del Sette, avrebbe rivelato all’allora presidente Consip, Luigi Ferrara, che c’era una indagine in corso sull’imprenditore Alfredo Romeo con l’invito ad essere cauto nelle comunicazioni. Nella tranche di indagine che coinvolgeva il padre dell’ex presidente del Consiglio, rischia poi di finire a processo l’imprenditore Carlo Russo per millantato credito. Si tratta della stessa fattispecie penale con la quale i pm hanno chiesto di fare cadere le accuse per Renzi senior. In riferimento a questa posizione, i magistrati di piazzale Clodio, nella richiesta di archiviazione, scrivono che nel corso dell’interrogatorio del 7 marzo del 2017 Tiziano Renzi fece “affermazioni non credibili”, fornendo una “inverosimile ricostruzione dei fatti”. Tuttavia, “non e’ dato rinvenire alcun elemento” – hanno sottolineato – che faccia supporre un accordo illecito con Russo”.