di Andrea Pellegrino
«E’ attestato il cattivo funzionamento dell’impianto di digestione anaerobica che non obbedisce alle finalità per le quali è stato progettato, nello specifico non recupera materia, producendo compost, e non produce biogas; l’impianto, dai dati ufficiali forniti dal Comune e dal gestore, non ha mai raggiunto gli obiettivi minimi di smaltimento e recupero energetico, fissati dal progetto della Stazione Appaltante. Il collaudo dell’impianto è stato emesso sulla base di prove effettuate su un numero limitato di biocelle e su una Forsu precostituita e non sull’analisi del reale processo. La motivazione principale della suddetta anomalia, come riconosciuto dall’Arpac, dal gestore dell’impianto (Daneco) nonché dal Comune medesimo, è riferibile alla cattiva qualità della Forsu in ingresso, ovvero riconducibile ad una non corretta gestione del servizio di raccolta differenziata». L’Anac di Raffaele Cantone decreta ancora una volta il “fallimento” dell’impianto di compostaggio di Salerno. Ed ancora una volta – attraverso una delibera dell’autorità anticorruzione – avvisa Procura di Salerno e Corte dei Conti. Insomma, giunge alla relazione finale, confermando, quasi in toto, ciò che era emerso durante le ispezioni, le relazioni e le deduzioni invitate agli organi competenti. Qualche mese fa la Procura di Salerno aveva aperto un fascicolo, acquisendo – attraverso la Guardia di Finanza – atti e testimonianze. Ma da allora non vi è stata più alcuna notizia, con l’amministrazione comunale che ha provveduto alla voltura dell’Aia – dopo la revoca alla Daneco Impianti – a favore della Salerno Pulita per far riaprire (allo stato è ancora chiuso) l’impianto della zona industriale. Salerno Pulita che, tra l’altro, era finita nel mirino degli ispettori, con Cantone che ora conferma: «Emerge l’assenza di una gestione adeguatamente coordinata del ciclo dei rifiuti. La Salerno Pulita, società in house providing del Comune, che gestisce la raccolta e il trasporto dei rifiuti ha manifestato di non essere a conoscenza della problematica gravante sulla cattiva qualità del rifiuto organico raccolto. Appare altresì che la stessa non abbia adeguata chiarezza circa il suo ruolo e responsabilità nell’ambito della gestione del processo, in apparente assenza del rapporto interorganico con il Comune». Per il presidente dell’Autorità, «si ravvisa, per quanto emerso in sede istruttoria, un insoddisfacente livello qualitativo dei processi sottesi alla gestione del ciclo dei rifiuti discendente da una evidentesottostima delle problematiche endogene connesse, con responsabilità di conseguenza ascrivibili ai diversi soggetti e/o centri preposti al controllo ed alla gestione dei processi». Non va meglio per i collaudatori: «L’affidamento dell’incarico di collaudo non è conforme ai dettami del codice dei contratti al tempo vigente (d.lgs 163/06). Infatti qualora i collaudatori fossero stati incaricati perché appartenenti ad una Pubblica Amministrazione il loro compenso sarebbe dovuto essere conforme a quanto prescritto dall’ex art. 92 comma 5 del Codice; nel caso invece che i suddetti collaudatori, come sostenuto dal dirigente comunale, siano stati incaricati quali professionisti esterni all’Amministrazione e compensati a “tariffa” (pur ridotta), l’affidamento dell’incarico sarebbe dovuto avvenire a valle di una procedura ad evidenza pubblica, previa verifica della carenza in organico di tecnici adeguati». Tra questi c’è lo stesso Luca Caselli, al tempo dirigente del Comune di Cava de’ Tirreni per poi essere nominato Rup dell’impianto. Ma non solo. Tra loro anche Giuseppe Grimaldi (il dirigente che disse sì alla deviazione del Fusandola), oggi commissario post terremoto ad Ischia. La denuncia era partita dall’ex assessore regionale all’ambiente Giovanni Romano che in più occasioni ha informato anche la Procura della Repubblica di Salerno. L’ultimo esposto risale all’indomani dell’affidamento dell’impianto alla società comunale “Salerno Pulita”.