Carcere per l’ex sindaco Pasquale Aliberti - Le Cronache
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Carcere per l’ex sindaco Pasquale Aliberti

Carcere per l’ex sindaco Pasquale Aliberti

Pina Ferro

 

L’ex sindaco di Scafati, Pasquale Aliberti deve tornare in carcere. I giudici del tribunale del Riesame hanno accolto la richiesta del sostituto procuratore Vincenzo Montemurro e disposto la custodia cautelare in carcere per Luigi Ridosso e Pasquale Aliberti e, i domiciliari per Gennaro Ridosso. “Pasquale Aliberti – si legge nella decisione del Riesame – ha la possibilità di continuare ad influenzare le scelte politiche della moglie convivente Monica Paolino, necessarie magari per ottenere l’appoggio della camorra e per onorarne i patti già siglati nelle precedenti elezioni. Potrebbe utilizzare a questo scopo le sue persone di fiducia come l’ex staffista Giovanni Cozzolino e potrebbe continuare anche a mantenere attiva l’attenzione politica della cittadinanza sulle pagine Facebook, interagendo sia con il suo profilo che con quello della moglie Monica Paolino”. L’esame delle numerose nuove prove tra cui la bakeka Facebook dell’ex sindaco e di altre conversazioni, è stata determinante per il Riesame (Gaetano Sgroia, presidente, Dolores Zarone relatrice, e Giuliano Rulli giudice) per confermare l’impianto accusatorio formulato dal pubblico ministero della Direzione Distrettuale Antimafia Vincenzo Montemurro. Il pronunciamento del Riesame è giunto a seguito del rinvio degli atti a Salerno da parte della Cassazione a cui si erano rivolti i legali degli indagati. Secondo i giudici della Suprema Corte, non sussistevano le esigenze cautelari in carcere per l’ex primo cittadino di Scafati in quanto vi era un vizio di motivazione, considerato che aveva rassegnato le dimissioni. Per superare quella che era stata la decisione di rigetto della Cassazione, nonostante la conferma dell’impianto accusatorio, circa le misure cautelari per Pasquale Aliberti, Gennaro e Luigi Ridosso, il Pm ha presentato numerose nuove prove. Tra i documenti più corposi presentati dall’accusa a sostegno della necessità degli arresti in carcere riguarda i social, la pagina personale Facebook dell’ex sindaco ed i tanti post pubblicati dallo stesso, attraverso i quali attacca l’operato amministrativo politico della città di Scafati ad opera dei commissari ed attacca anche numerose persone. E, sempre attraverso il profilo social continuava ad interagire con la cittadinanza di Scafati “in modo da mantenere viva l’attenzione politica sulla sua figura ed a imprimere la convinzione della sua perdurante influenza nelle scelte politiche che interessano il governo della città”. Si legge nel dispositivo. Nella nota della Dia relativamente all’acquisizione del profilo social dal quale sono stati estratti post pubblicati nell’arco temporale che va dal 17 settembre 2016 al 3 aprile 2017, evidenzia come Aliberti anche dopo le dimissioni abbia continuato a comportarsi come se ancora fosse il sindaco della città. A riprova di questo vi è un post del 27 gennaio del 2017 in cui Aliberti, a seguito dello scioglimento del consiglio comunale, scrive: “Apprendo con profondo dolore la notizia dello scioglimento del Consiglio comunale di Scafati, dopo un’indagine di lunghi mesi. Non sono più sindaco ma sono certo della legittimità degli atti prodotti e della camorra che sempre abbiamo tenuto a distanza, adottando anche atti forti, leggeremo le motivazioni e insieme agli avvocati valuteremo, da subito, un eventuale ricorso al Tribunale amministrativo….”. Attraverso Facebook Aliberti interagiva con quanti lo seguivano esprimendo opinioni e giudizi su molti aspetti e scelte della vita politica di Scafati. Tra le altre prove presentate dall’antimafia c’era anche un’ordinanza relativa a Giuseppe e Raffaele Maurelli e altri indagati per traffico internazionale di stupefacenti in cui era emerso un incontro “segreto” tra Nello Aliberti e Giovanni Cozzolino con i due fratelli protagonisti di un’attività di spaccio. L’antimafia ha anche presentato la documentazione che smentisce il presunto stato di patologia mentale che gli avrebbe impedito di essere compatibile con regime del carcere. Il collegio difensivo di Angelo Pasqualino Aliberti ha scelto come testimone chiave in particolare, Monica Paolino che ha spiegato il suo ruolo politico e come fosse distante da quello del marito ed inoltre. In più sono state presentate le dichiarazioni rese da il presidente della Scafatese Calcio Vincenzo Cesarano, di alcuni dirigenti Acse, di alcuni ex consiglieri comunali e di alcuni collaboratori del sindaco, oltre che dell’uscire comunale sulla presenza o meno di esponenti del clan al Comune. A corredo della sua difesa c’è anche il fatto che Aliberti avrebbe garantito l’esproprio ai danni di Vincenzo Nappo e anche ai danni della famiglia Sorrentino e Galasso. Questo dimostrerebbe come lui fosse lontano dalla camorra. In fase successiva l’avvocato di Aliberti spiega anche che Aliberti in realtà non ha mai instaurato dei rapporti con clan camorristici ed inoltre lui stesso avrebbe preso le distanze dall’attività politica. Contesta anche alcune intercettazioni telefoniche e poi tira in ballo tutta una serie di dichiarazioni invece di politici della provincia di Salerno in merito alla candidatura di Monica Paolino alle regionali del 2015.

 

“La Procura non ha un solo elemento per tali affermazioni”

“Non c’era una ragione al mondo per decidere che quest’uomo andasse in carcere”. E’ l’amaro sfogo del legale dell’ex sindaco di Scafati Pasquale Aliberti, l’avvocato Silverio Sica, dopo che il tribunale del Riesame di Salerno ha deciso la reclusione in carcere per il suo assistito. “Ricorreremo in Cassazione – ha detto l’avvocato Sica – non condividiamo le motivazioni del provvedimento che ci sembra particolarmente gravoso per una persona che ritengo del tutto innocente”. Fra le motivazioni del tribunale del Riesame anche la tesi secondo cui Pasquale Aliberti potrebbe ancora influenzare l’attività politica attraverso la moglie Monica Paolino, attuale consigliere regionale di Forza Italia. “Se c’è un marito che riesce ad influenzare la moglie – ha commentato con ironia Sica – si faccia avanti. La Procura – ha aggiunto – non ha un solo elemento per simili affermazioni. Parliamo poi di un consigliere regionale di minoranza”.

 

Melchionda «La presidenza del consorzio offerta per amicizia, ho votato la Paolino»

Secondo quanto affernato da alcuni ex collaboratori politici di Aliberti, la candidatura della Paolino è il frutto di una scelta operata dal marito (Aliberti). L’ex sindaco di Eboli Martino Melchionda agli investigatori avrebbe precisato che tra lui ed Aliberti non vi era alcun accordo politico elettorale per quanto concerne la candidatura di Monica Paolino. Melchionda ha dichiarato di aver votato la moglie di Aliberti e di averla fatta votare da qualche amico ma che non è mai salito sul palco. Inoltre, l’ex primo cittadino agli inquirenti precisa anche che la sua nomina a presidente del consorzio Farmaceutico, offertagli da Aliberti (pur appartenendo di due a correnti politiche diverse) era per pura amicizia.

 

“Datemi la possibilità di difendermi in un processo”

“Datemi la possibilità di difendermi in un processo”. Ieri pomeriggio, Pasquale Aliberti, ha affidato al social network la sua immediata reazione dopo ver appreso la notizia della decisione del Riesame “con profondo rammarico ma anche animato dal coraggio e dalla forza della mia famiglia e dei miei figli della decisione del Tribunale del Riesame di Salerno”. L’ex consigliere regionale e sindaco di Scafati non andrà in carcere perché bisognerà attendere che si pronunci anche la Cassazione, che già aveva annullato la misura cautelare in carcere. E attraverso il social, Aliberti critica anche le motivazioni addotte dal Riesame che lo definisce “un soggetto pericoloso” poiché risulta che “Aliberti abbia aperto un profilo Facebook… attraverso tale social egli continua ad interagire con la cittadinanza di Scafati in modo da mantenere viva l’attenzione politica sulla sua figura ed a imprimere la convinzione della sua perdurante influenza nelle scelte politiche che interessano il governo della città”. “Addirittura influenzerei le scelte dei commissari. – commenta l’ex sindaco di Scafati – Pensavo di essere un uomo che avesse la possibilità di esprimere i propri convincimenti personali, le sue opinioni e le proprie critiche in un paese Italia che I padri fondatori hanno detto di essere libero e democratico nella Costituzione”. “ vero sono indagato per reati gravi – riconosce Aliberti – da oltre 2.5 anni in attesa si chiudano le indagini e di poter essere giudicato su fatti di cui non ho neppure conoscenza in un confronto che si fondi su prove e non solo denunce o presunzioni. Questo per dimostrare che non solo non ho mai avuto rapporti con la camorra ma che un popolo, formato da liberi cittadini, mi ha dato il proprio consenso in libertà”. “ e rimane il momento più difficile della mia vita. -prosegue il post di Aliberti, che ringrazia la sua famiglia e quanti gli hanno testimoniato affetto e vicinanza, ribadendo di credere ancora nella giustizia e nella sua comunità – Ai miei amici, ai miei avversari, ai miei nemici, a chi mi odia o mi ama, a chi ha brindato il mio arresto, dico continuate a criticare, a scuotere le coscienze, a marciare, ad invadere le strade del nostro paese, a pretendere i vostri diritti e a rispettare i vostri doveri, anche attraverso le vostre discussioni, a volte animate sui social a cui continuerò a partecipare, – conclude Aliberti – nonostante tutto, da libero cittadino che ama la sua terra, a meno che non vogliano costringerci a vivere nella società immaginata da Orwell nel romanzo”.

 

I Ridosso possono ancora contare su un gran numero di collaboratori

Carcere per Luigi Ridosso e domiciliari per Gennaro Ridosso, Questo il pronunciamento del Riesame per i due ridosso che attualmente sono detenuti per altri reati. Nel corso dell’udienza della scorsa settimana il Pubblico Ministero Montemurro ha presentato tutto ciò che riguarda gli altri procedimenti giudiziari mentre i difensori dal loro canto, hanno presentato delle memorie difensive in cui spiegano come gli assistiti non abbiano partecipato al patto politico mafioso con l’ex sindaco, quindi non ci sarebbero motivazioni per prevedere la custodia cautelare. Le idagini della Procura, avrebbero dimostrato che i Ridosso possono contare su un gran numero di collaboratori pronti ad assecondare le loro richieste. “Basti pensare a tutti i soggetti che si sono prestati ad intestarsi fittiziamente le ditte dei clan, ai riferimenti che Alfonso Loreto fa a personaggi come Dario Spinelli e Alfonso Morello. D’altro canto le reticenze ed i timori delle vittime durante le escussioni dimostrano come, pur essendo Gennaro Ridosso detenuto ininterrottamente dal settembre 2015 egli è in grado di incuotere timore e soggezione nel tessuto sociale di appartenenza” . Per la Suprema Corte la misura massimamente applicabile sarebbe stata quella degli arresti domiciliari, ma in caso di recidiva, allora potrebbe arrivare il carcere. econdo i giudici del Tribunale del Riesame il pericolo di recidiva non riguarda solo la reiterazione dello stesso reato ma anche il fatto che potrebbero arrivare dei reati simili e nel caso in particolare con le modalità di stampo mafioso in relazione alla posizione di Gennaro e Luigi Ridosso. due sono stati arrestati nel 2015 a poca distanza dalle elezioni di Monica Paolino e quindi c’era il clan totalmente attivo sul territorio e ne aveva fatto parte Gennaro Ridosso fino a quel momento pure non prendendo parte personalmente al patto.

 

L’attacco:«I giornalisti hanno rapporti privilegiati con la magistratura?O hanno capacità di veggenza?»

Secondo Pasquale Aliberti ci sarebbe stata una fuga di notizie sulla decisione del riesame. «Se fosse vero c’è da avere paura perché oramai i giornalisti hanno capacità di veggenza (?) o addirittura rapporti privilegiati con la magistratura?» si legge in un post da lui pubblicato sulla sua pagina social, giovedì sera. Lo stesso strumento digitale che ha concretamente contribuito a rinforzare la tesi del procura antimafia nel chiedere i suoi arresti in carcere, piuttosto che i domiciliari. Pasquale Aliberti nasce, prima che politico, come giornalista. La sua passione per la comunicazione non lo ha mai abbandonato, neanche quando, come in queste settimane, avrebbe dovuto invece agire meno di impulso e soprattutto razionalizzare i suoi post. Si è definito “libero cittadino scafatese” per motivare i suoi commenti. Libere opinioni, un diritto sancito dalla Carta Costituzionale, secondo il suo punto di vista. “Condizionamenti” secondo la sua accusa. Perché disporre di atti istituzionali riservati dimostra, secondo il pm Montemurro, la sua capacità di interagire ancora con la casa comunale, sciolta per infiltrazioni criminali. I suoi post contro l’operato della commissione straordinaria, a cui è anche seguita una denuncia per diffamazione, così come anche i post non proprio amichevoli contro Giacomo Cacchione, sarebbero un chiaro tentativo di intimidire o condizionare o influenzare l’opinione pubblica. Perché se è vero che Aliberti è un libero cittadino, è vero anche che lui è l’ex sindaco sotto inchiesta e Cacchione il suo ex ragioniere capo tra i principali testimoni nell’indagine che lo riguarda. Insomma, Pasquale Aliberti secondo la Cassazione avrebbe anche potuto godere di un regime cautelare più morbido, quali i domiciliari. Ma le sue comunicazioni digitali, i suoi post, le sue foto, hanno convinto ancora di più la Distrettuale Antimafia nella richiesta di custodia in carcere. Una strategia evidentemente rivelatasi controproducente, perché passata come un tentativo di inquinare o condizionare le prove contro di lui. (Adriano Falanga)