di Annarita Caramico
“Care donne europee, sposare un islamico è una follia pericolosa”: così ha titolato il 7 giugno il quotidiano ‘Libero’. Nel corpo dell’articolo erano illustrate le varie motivazioni per cui sposare un uomo di fede musulmana comporterebbe il pericolo di subire violenze non solo psicologiche ma anche fisiche. Da qui, è nata una “rivolta” da parte di alcune italiane che, invece, non solo hanno sposato un musulmano ma sono, soprattutto, mogli orgogliose e felici. Si è sviluppata, quindi, una campagna sui social con gli hashtag #hosposatounmusulmano e #muslimhusbandsrock: tante le foto postate da italiane coniugate con un uomo di fede islamica, innamorate e fiere della propria scelta. Una risposta, la loro, civile e ferma a un articolo il cui orientamento è oltremodo chiaro. A promuovere questa iniziativa anche la giornalista Laura Silvia Battaglia.
“Come sì è sentita quando ha letto l’articolo di Libero? Quali emozioni ha suscitato in lei?” “Come sempre quando leggo titoli di Libero su questo tema. Indignata”.
“Da donna italiana ha incontrato delle difficoltà o pressioni sociali per il fatto di aver sposato un uomo musulmano?” “No, siamo fortunati. I miei suoceri mi hanno subito accettato, i miei hanno amato subito mio marito. Viviamo tra l’Italia e lo Yemen e sperimentiamo forme di simpatia ma anche di diffidenza in entrambi gli ambienti, dalla cerchia sociale più ampia. Lì, c’è chi addita mio marito come “il marito della straniera”, qui chi mi addita come “la moglie del terrorista”, per via della nazionalità di mio marito. Ma sono pochi e siamo persone che si fanno scivolare addosso tutto. Piuttosto, li invitiamo a cena. Se rifiutano, peggio per loro. Fa male quando qualcuno che è stato tuo amico da tempo non ti frequenta perché hai sposato un arabo musulmano, e la cosa incredibile è che lo faccia senza nemmeno avere conosciuto il coniuge. Mi è capitato con un’amica d’infanzia e non riesco a capire come si possa essere, da persone di media cultura, cosi pregiudizievoli,in assenza di brutte esperienze personali”.
“Qual è il messaggio che volete inviare con la vostra campagna e come stanno reagendo le persone sui social?” “Il messaggio è far sapere che esistiamo. Che sono migliaia in Italia le famiglie composte da italiane e stranieri di fede musulmana che vanno benissimo e che contraddicono i trend che alcune organizzazioni lamentano. Quel che non molti sanno è che centinaia di queste coppie vivono felici da anni, chi da 25, chi da 20, 15, 10 e meno di 10 con e senza figli che fanno una vita normale e sono perfettamente inseriti in società. Non neghiamo che esistano delle realtà drammatiche, sappiamo bene che ci sono e sono numerose ma non sono le uniche. Le tragedie che vanno in tribunale e a processo sono brutte notizie che fanno notizia. Ma il buon senso, il rispetto e la convivenza che sono buone notizie non valgono mai una notizia”.