Le misure di incandidabilità, decadenza, sospensione per gli amministratori locali previste dalla leggeSeverino hanno “natura non punitiva” e quindi non sono assoggettabili al “principio di irretroattività valido per le pene e per le misure amministrative di carattere punitivo-afflittivo”. Né le diverse misure previste dalla norma per i parlamentari e amministratori di enti locali configurano una disparità di trattamento, perché queste figure operano a un diverso “livello istituzionale e funzionale”. Respinti anche i rilievi sull’eccesso di delega. Queste le motivazioni per cui la Corte Costituzionale ha rigettato in parte come inammissibili e in parte come infondate le questioni di legittimità sollevate sulla legge Severino dalla Corte d’appello di Bari, in relazione alla posizione del consigliere regionale Fabiano Amati, e dal Tribunale di Napoli in relazione al presidente della Regione Vincenzo De Luca. I contenuti essenziali della decisione erano già stati comunicati il 5 ottobre, dopo l’esame della causa. Oggi è stata depositata la sentenza redatta dal giudice Daria De Pretis.
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