Di Adriano Falanga
Un anno terribile per il sindaco Pasquale Aliberti, ma ancor di più per la città, ripetutamente scossa da notizie di cronaca giudiziaria, che vedono protagonisti la classi politico imprenditoriali, accusate di essere colluse con la criminalità organizzata. Tutto parte dal settembre 2015, quando la famiglia Aliberti fu svegliata all’alba della Dia, su di loro le accuse pesanti di associazioni a delinquere, voto di scambio politico mafioso, concussione e corruzione. Secondo il primo cittadino, tutto nasce dalle “dichiarazioni rese sul Polo Scolastico”, e da esposti presentati dalle forze politiche di opposizione, che non esita a definire “violente”. Da allora, le visite dell’antimafia a Palazzo Mayer sono diventate quasi di routine, e la città sembra essersi assuefatta. Nel frattempo, Aliberti non si scompone e organizza la sua decadenza, che lo avrebbe portato alla ricandidatura per il suo terzo mandato. Un chiaro artifizio ai limiti della legge, che di fatto vieta il trzo mandato. Una Scia negata per una tettoia, una pratica urbanistica chiusa in pochissimi giorni, diversamente da quanto regolarmente accade in città. L’ufficio Avvocatura e la segreteria lavorano braccio a braccio per le delibere necessarie ad accelerare l’iter. Tutto deve chiudersi infatti, entro la metà del secondo mandato, sennò addio sogni di gloria. Purtroppo per lui, le opposizioni, con il Presidente del consiglio in testa e statuti e regolamenti alla mano, si pongono di traverso. Aliberti non cede neanche quando il vice Prefetto Forlenza dichiara illegittima la convocazione del consiglio comunale del 27 novembre, ad opera di Teresa Formisano, che agisce in autonomia nonostante Coppola sia nel pieno delle sue funzioni e poteri. Ennesimo esposto, e la Procura di Nocera Inferiore apre un fascicolo. Si vuole accertare la regolarità delle procedure adoperate dagli uffici coinvolti nel procedimento per la decadenza. Sfumata questa opportuntà, Aliberti passa al piano B e convince una parte dei suoi, compreso il Cotucit, ancora ufficialmente all’opposizione, di dimettersi in massa per ritornare al voto. Servono 13 dimissionari, ma dal notaio se ne presentano 11. E’ l’inizio della crisi. Da questo momento in poi il sindaco perde non solo la possibilità di ripresentarsi alle urne per un terzo mandato, ma anche la leadership incontrastata con la sua maggioranza. Ogni argomento e ogni riunione diventa puntualmente un gioco forza con i suoi. Non riesce più a rimodulare la giunta, dovendo puntualmente “trattare” con i dissidenti. Non finisce qui, perché nonostante i tentativi di sminuire e sorvolare, Aliberti è costretto a cedere ed ammettere che nel novembre 2015 gli ispettori del Mef hanno ispezionato i conti di Palazzo Mayer, evidenziando oltre 20 punti critici su cui il dirigente capo Giacomo Cacchione ancora deve contro dedurre punto per punto. Si contesta l’aumento della spesa corrente, le assunzioni a tempo determinato, la gestione delle partecipate, l’errata retribuzione della segretaria comunale Immacolata di Saia, chiamata a restituire diverse decine di migliaia di euro. A marzo si insedia la commissione d’accesso, che rivolta il Comune come un calzino, lavorando a stretto contatto con gli uomini della Dia. Poi la scure dei revisori dei conti: il pre dissesto. Il Comune infatti sforando la metà dei parametri di riferimento ministeriali, certifica lo stato di deficit strutturale. Dovrebbe presentare un dettagliato piano di riequilibrio economico, ma il previsionale 2016 ne è privo. Questo, almeno ufficialmente, comporta una serie di discordanze con il gruppo Identità Scafatese, che lascia la maggioranza. Su Aliberti si abbattono anche le dimissioni di Raffaele Sicignano, assessore al Bilancio, che aveva sposato le proposte dei tre dissidenti. Sicignano rientrerà poi in giunta, dopo un accordo con il primo cittadino. Non avendo più la maggioranza del 2013, Aliberti rassegna le sue dimissioni aprendo la crisi, che culmina nel grande inciucio con il Cotucit, che passa tra gli alibertiani. Questo però non basta, perché a far passare il documento economico è lo stesso Aliberti, tredicesimo uomo. Poi la rimodulazione della Giunta, che pure scombina il già precario equilibrio tra le fila della sua squadra. Aliberti non avrebbe mantenuto fede alle promesse fatte prima del voto al bilancio, lasciando sul campo di “battaglia” almeno altri tre scontenti e l’Acse è ancora senza cda. Entrambe le partecipate, così come anche il Piano di Zona, sono fortemente interessate dalle verifiche della commissione d’accesso e dell’antimafia. In tutto questo, il naufragio del Polo Scolastico, lo stallo del Puc, il fallimento del Pip e le dimissioni del presidente della Scafati Sviluppo Antonio Mariniello. Sulla stessa società, che sta portando a termine il progetto Ex Copmes, un’istanza di fallimento in udienza a settembre. Poi il proiettile recapitato al presidente del consiglio Pasquale Coppola, e il clima incandescente, quasi da stadio, che accompagna i consigli comunali. Segni palpabili dello stato di tensione in cui vive la città, e che oggi, dopo l’ennesima “sveglia” all’alba, attende ancora di conoscere quale sia il suo destino. E se questo sia oramai inevitabilmente segnato.
ROBERTO BARCHIESI VERSO LE DIMISSIONI
Roberto Barchiesi agli amici è apparso provato, preannunciando anche le sue dimissioni. Il suo nome compare in quelle pagine di verbali riempite dalle dichiarazioni di Alfonso Loreto, tra cui: “Carlucciello è quella persona di cui vi ho parlato a proposito del primo pestaggio a Roberto Barchiesi, consigliere comunale”. Secondo Loreto sarebbero due i pestaggi ai danni del consigliere comunale di maggioranza. Il pentito per un periodo di tempo è stato vicino alla famiglia Barchiesi, avendo sposato la nipote, da cui ha avuto una bambina. Un matrimonio finito però da tempo, tanto che oggi l’ex moglie ha anche rifiutato il programma di protezione, spiegando di non aver più nulla da condividere, se non la bambina, con il Loreto. “Mia nipote è separata da questo signore dalla fine del 2012 inizio 2013. A partire da quella data mia nipote e la figlia vivono a casa della madre, mia sorella. Come è ampiamente dimostrabile – spiegava pubblicamente Barchiesi nel marzo scorso – “Da allora, e sottolineo da allora, i miei rapporti con questo signore si sono interrotti, nonostante che prima della separazione di mia nipote fossero rapporti puramente formali, mai frequentazione abituale. Nella mia qualità di amministrazione pro-tempore non ho mai, e ripeto mai, favorito interessi illeciti e camorristici, come è ampiamente dimostrabile”. Oggi invece il suo nome è finito nel registro degli indagati. Politicamente Barchiesi, seppur a pieno titolo in maggioranza, non è però annoverato tra i fedelissimi alibertiani, anzi, più volte avrebbe mostrato di agire secondo propria convinzione. E’ stato lui, con Stefano Cirillo, Pasquale De Quattro ed Alfonso Carotenuto, tra i fautori della mancata decadenza del primo cittadino, e sempre lui è stato per un periodo vicino al gruppo dei dissidenti Identità Scafatese, fino al passo indietro e alla decisione di votare il bilancio, salvando di fatto l’amministrazione comunale dal commissariamento. Nel marzo 2014 il “giallo” delle dimissioni, prima protocollate e poi ritirate, dopo un ricorso al Tar. “Non c’è mai stata da parte mia alcuna volontà di dimettermi dalla carica di consigliere comunale, bensì quella di autosospendermi momentaneamente, per motivi di salute. Lo scopo era di evitare la decadenza” si giustificò il civico eletto nella lista Grande Scafati. Pronto a scendere in campo Espedito De Marino, già assessore alla scuola in questo mandato sindacale, primo non eletto. Già (quasi) senza maggioranza, Pasquale Aliberti con le dimissioni di Barchiesi rischia di perdere una pedina fondamentale per la sua squadra, che si regge sui voti del Cotucit. De Marino infatti non ha mai gradito il modo con cui il sindaco lo ha estromesso dalla giunta, e non ha mai fatto segreto di voler passare in minoranza nel momento in cui dovesse subentrare in consiglio comunale.
LE OPPOSIZIONI INCALZANO: “DIMISSIONI SUBITO”
Le contestazioni mosse dalla DDA di Salerno, in particolare il 416 ter – scambio politico mafioso, confermano non solo le indagini culminate nel blitz del 18 settembre, ma tutti i sospetti e dubbi: la camorra è dentro la macchina comunale e ne ha condizionato la gestione – così Marco Cucurachi, Pd – La dignità e la responsabilità imporrebbero le dimissioni, ma temo che questo sindaco ci porterà al baratro insieme con i suoi sodali. Ci sarà lo scioglimento del Consiglio comunale per infiltrazioni malavitose e Scafati avrà perso ancora una volta”. Sulla stessa scia anche Cristoforo Salvati, capogruppo Fdi: “Le perquisizioni di ieri mattina a Scafati a carico di imprenditori e politici legati all’amministrazione Aliberti-bis, oltre a dimostrare che esiste nella nostra Città un “sistema politico-imprenditoriale” che gestisce i consensi in maniera illecita e che strizza l’occhio alla Camorra, suscita sdegno e una seria preoccupazione anche sul piano della legittimità del voto delle amministrative del 2013. Pur rimanendo garantisti –aggiunge Salvati – resta ferma la nostra condanna definitiva su piano politico del metodo seguito dei consensi e dell’indirizzo politico e gestionale della cosa pubblica della nostra Città, che assurge continuamente agli onori della cronaca giudiziaria nazionale senza che il principale autore, tra sceneggiate varie comprenda di rassegnare debitamente ed incondizionatamente le dimissioni”. Chiedono un passo indietro del primo cittadino anche gli attivisti di Scafati in Movimento. “A questo punto meglio un commissario che continuare ad avere la città sulle prime pagine dei giornali o avere esponenti politici continuamente indagati dalla magistratura, si difendano dalle accuse o attendano il corso delle indagini da semplici cittadini e non da amministratori impegnati nella res publica – spiegano i grillini – Ci auguriamo le dimissioni immediate di tutti in segno di rispetto della città non di colpevolezza. Sono troppo gravi le accuse e troppi gli episodi che vedono questa amministrazione protagonista in negativo”.