Olga Chieffi
San Martino, ogni mosto è vino!”. Oggi si festeggia San Martino Vescovo di tour, patrono dei sommelier, dei bottai, di cavalli e cavalieri, nonché degli uomini ammogliati e fidanzati. La venerazione per San Martino è molto sentita a Salerno, e non vi è giorno dell’anno che non si ha motivo di invocare il grande Santo. A parte l’apertura delle botti e quindi il festeggiamento della fine dell’anno agrario, con la raccolta degli ultimi frutti e l’ultimo banchetto prima del Natale, riscaldato dal tiepido sole che prelude ai giorni più corti, bui e rigidi dell’anno, legato al miracolo della divisione del mantello tra i mendicanti e al miracolo dell’estate di San Martino, le mamme quotidianamente invocano la benedizione del Santo sui propri figli e, quando mangiano con appetito, si sente il fatidico “Benerico Santu Martinu”. Al di là del valore religioso della storia di San Martino, la sua festa coincide da sempre con tradizioni popolari contadine e usanze folkloriche legate all’autunno e al mutare delle stagioni. Fin dall’antichità nei giorni dell’estate di San Martino venivano aperte le botti per assaggiare il vino nuovo, si raccoglievano e si cuocevano le caldarroste, si consumavano prodotti a base di zucca. In molti borghi e paesi italiani queste tradizioni sono state mantenute ancora oggi, sotto forma di fiere pittoresche. Anche nel resto d’Europa l’estate di San Martino è celebrata con feste e usanze caratteristiche. Molti i dolci tipici preparati per la festa di San Martino, dal Dolce di San Martino veneziano, fatto di pasta frolla a cui viene data la forma del santo a cavallo con spada e mantello, decorato con glassa di zucchero colorata, caramelle e cioccolatini; ai biscotti di San Martino siciliani, aromatizzati con i semi di anice e da inzuppare nel vino; alle sfinci, o sfingi, di San Martino, frittelle dolci sempre care alla tradizione siciliana. In certe zone della Pianura Padana “Fare San Martino” è ancora oggi sinonimo di “traslocare”. Infatti nei giorni che coincidono con l’estate di San Martino i mezzadri che lavoravano nei grandi fondi agricoli avevano finito il loro lavoro. I campi erano seminati e, a meno che il proprietario non rinnovasse loro il contratto, i contadini dovevano lasciare la cascina e cercare lavoro altrove. Così approfittavano del clima mite dell’estate di San Martino per partire, portando con sé i propri averi e la famiglia, per spostarsi in un altro podere. A Salerno, insieme ai classici torroncini è usanza regalare anche il cosiddetto “torrone napoletano”, si tratta di “mattonelle” di cioccolato ripiene, e ne esistono davvero moltissime varianti opera dell’estro creativo dei mastri pasticceri. Da Pantaleone l’appuntamento è per oggi con il torronegelato, un dolce di origine araba, deve il suo nome all’ aspetto liscio e compatto, ma del gelato non ha proprio nulla, fatto con zucchero cotto, canditi e liquori. Poi c’è il martiniano, con mandorle e zucchero e anche il duro classico bianco in cui le fave di cacao si aggiungono al miele, alle mandorle e al pistacchio. San Martino è anche il protettore degli uomini ammogliati, dei fidanzati, degli uomini, comunque, in posizione di capifamiglia, degli uomini traditi dalle proprie donne. Spesso ci si domanda perché San Martino abbia conquiso un simile patronato. A questa domanda non si sa rispondere. Si è cercato di trovare nella vita del Santo qualcosa che possa addentellarsi alla tradizionale credenza, ma nulla è emerso che possa suffragarla. Ed ecco venirci in aiuto la credenza popolare. Il racconto dice che San Martino avesse una sorella molto bella, ma incapace di filare dritto, cosa che provocava grande dolore al fratello. Questi, per salvarla dal peccato, pensò di tenerla lontano dalle tentazioni e, per essere sicuro, se la caricava a “coscia cavallo”, cioè, seduta sulle spalle, e così la portava in giro. Purtroppo, anche la sorella di San Martino, di tanto in tanto aveva bisogno di starsene al riparo per cose personali. Per tale ragione chiese al fratello di farla scendere e di farla appartare dietro una siepe. Il Santo aderì alla richiesta, ma prima di far occultare la sorella, si volle sincerare che dietro la siepe non ci fosse qualcuno. Infatti, lanciò alcune pietre tra i cespugli e qualche uccello volò via spaventato. Questo fatto dette al Santo la certezza che la sorella potesse mettersi al riparo. Fu un vero e proprio inganno, una trappola ben congegnata. Dietro la siepe, un bel giovane che aspettava la ragazza, aveva liberato alcuni uccelli, carpendo la buona fede del Santo. Quando la sorella ritornò sulle spalle del fratello, questi disse:” Sora mia! Come pesano e peccate!”. Da questa leggenda, la tradizione della nostra tavola ove a San Martino non deve mancare mai una bottiglia di vino novello e i famosi torroncini. Gli uomini devono portare alle loro donne queste squisitezze: un impasto di pasta di mandorle, a forma di piccoli parallelepipedi, ricoperti di naspro o di glassa di vario colore o di cioccolato fondente. Si sa che il mandorlo, per il fatto di essere il primo fiore a sbocciare, anche in febbraio, spesso viene sorpreso dal freddo e gela. Sicchè è il simbolo dell’imprudenza. Con il regalo del torroncino, gli uomini ricordano alle loro donne di essere prudenti. Ma essendo il mandorlo anche il primo fiore della primavera, è considerato il simbolo della continuazione della vita, dell’eternità, per cui il torroncino, vuole essere l’augurio di amore eterno fra i due innamorati.





