Roberti: "Omicidio Vassallo, non fu la camorra" - Le Cronache Ultimora
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Roberti: “Omicidio Vassallo, non fu la camorra”

Roberti: “Omicidio Vassallo, non fu la camorra”

Antonio Manzo

Franco Roberti, ex procuratore nazionale antimafia e già capo dei pm salernitani sostiene: “L’omicidio di Angelo Vassallo non fu camorra, né criminalità organizzata. Per me, la morte del sindaco non è un omicidio di mafia o di camorra. Potrebbe essere legato, invece, a qualche malaffare territoriale, probabilmente un investimento locale non condiviso da Angelo”. Le ombre dal fondo riemergono nella lunga storia dell’omicidio del sindaco Angelo Vassallo a poche ore dall’udienza, in programma stamattina alla Cittadella Giudiziaria quando si discuterà la richiesta di rinvio a giudizio a carico del colonnello Fabio Cagnazzo, dell’ex brigadiere Lazzaro Cioffi, dell’imprenditore di Scafati, Giuseppe Cipriano, e di Giovanni Cafiero ritenuto (assieme a Raffaele Maurielli, deceduto nel corso delle indagini) l’organizzatore e il promotore del traffico di droga ad Acciaroli. Sono accusati di traffico di droga e di aver predisposto e poi depistato le indagini sul delitto. L’accusa è di concorso in omicidio con metodo mafioso, che per i due carabinieri è anche nel depistaggio a chi poi è risultato estraneo al delitto. Franco Roberti ex procuratore nazionale antimafia torna sulla barbara uccisione del sindaco pescatore di Acciaroli. A più di quindici anni dal delitto non c’è ancora un colpevole. Non ha un volto né nome l’esecutore dell’omicidio. L’intervento di Roberti, già assessore regionale alla legalità, torna di inquietante attualità dopo la pronuncia a Palinuro, nel novembre 2019, a chiusura della quinta edizione del Premio Internazionale Nassiriya per la Pace. Delitto Angelo Vassallo, quindici anni senza colpevole e mandante, si torna in un’aula di tribunale con le accuse della Procura antimafia di Salerno sostenuta dai sostituti pm Elena Guarino e Mafalda Daria Conciada verso un processo indiziario. Dopo quindici anni c’è una richiesta di processo che potrebbe appagare, nei pm di accusa e nell’opinione pubblica, il legittimo desiderio di giustizia per un cold case ancora fitto di misteri inesplorati. Ma si tratta di un sollievo che difficilmente si lascia turbare da distinguo, precisazioni e cautele, dovute all’estrema provvisorietà degli elementi a carico degli imputati per i quali comunque è previsto un processo. Le tre nuove piste Sono sostanzialmente tre le nuove possibili causali dell’omicidio esplorando il senso delle parole dell’ex procuratore Roberti. La prima, l’affaire degli appalti della Provincia pagati ma non realizzati, come nel caso già definiti nei processi delle Strade-fantasma e Due Torri; la seconda, nel fallito progetto della lottizzazione edilizia a San Nicola a Mare ideata da un imprenditore nolano ora definitivamente cancellato dal piano regolatore bocciato dal Tar e dal Consiglio di Stato; la terza, la verifica sulla inattendibilità del collaboratore di giustizia Romolo Ridosso in ordine al viaggio sopralluogo da Scafati ad Acciaroli. Perché se risponde al vero il fatto che le indagini non hanno offerto legami con l’affaire delle strade provinciali, è anche vero che, passando al setaccio proprio le continue denunce e gli esposti del “sindaco-pescatore”, gli inquirenti arrivarono a scoprire un affaire a più zero. Il dossier nell’auto di Vassallo Il 17 luglio 2010 Vassallo, dopo ben 7 lettere inviate dal 2008 alla Provincia ( indirizzate a tecnici e politici tra cui all’allora assessore ai lavori pubblici Franco Alfieri, tutte senza risposta) per la strada Celso Casal-Velino, risultata pagata ma mai realizzata, viene sentito su sua richiesta formalmente dalla Guardia di Finanza, denuncia che porterà alle note indagini, tutte collegate. La notte dell’omicidio sotto il sedile lato guida dell’auto di Vassallo viene rinvenuta una cartella contenete, per la maggior parte, tutto il carteggio relativo alle strade fantasma, compresi gli atti amministrativi e copie delle lettere.Un vero e proprio dossier che con le continue denunce e gli esposti del “sindaco-pescatore” che avrebbero consentito agli inquirenti di arrivare a scoprire un affaire a più zero. Un vero e proprio dossier, compresa la lettera di estromissione di un tecnico della Provincia, incartamento nascosto e celato proprio nell’auto non a casa, non in ufficio, ma proprio in un luogo che il Sindaco riteneva forse più sicuro o che gli dava maggiore affidabilità, ma anche forse a portata di mano il che ne conferma pienamente l’attualità del fatto storico proprio nel 2010. Il 17 luglio 2010 quando Vassallo viene sentito dalla Guardia di Finanza, due mesi prima che fosse ammazzato, il vaso di Pandora ancora doveva essere scoperchiato, e vi era molto molto timore e tante aspettative sulla lotta al malaffare del potere affaristico- politico della Provincia smascherato solo nel 2024 con l’arresto dell’ex assessore ai lavori pubblici della Provincia, ex sindaco di Agropoli e Capaccio Paestum per corruzione e turbativa d’asta. È del resto significativo che l’esclamazione “giustizia è fatta” sia sostanzialmente riservata all’esito di un processo sulle strade-fantasma conclusosi con la condanna ma ricorre con una certa frequenza nelle intercettazioni della Procura sulle opere appaltate, liquidate e mai ultimate. Della giustezza delle denunce di Angelo Vassallo ne erano convinti anche gli arrestati tanto da dirsi tra di loro, ma a telefono, “siccome hanno assassinato Angelo Vassallo vogliono andare fino in fondo” Perciò gli investigatori si erano messi «a fare le pulci” in inchieste sugli appalti della Provincia che nulla hanno a che fare con l’omicidio, ma che forniscono uno spaccato sugli affari legati all’imprenditoria “truccata” e venata da compromissione con la criminalità organizzata del sistema allora governato dall’ex assessore Alfieri. I timori espressi a Vaccaro Proprio ai fratelli Vaccaro di Acciaroli a luglio 2010 Vassallo confessa di aver cambiato lo stile di vita ma anche l’umore. I Vassallo furono scoperti come testimoni in ritardo (perché’ individuati solo dalla trasmissione tv delle Iene). Dal 2010 ci vollero ben 8 anni, con un inframezzo di 4 anni prima di indagini, che peraltro avevano riguardato solo i tecnici e pochi imprenditori, tra cui il noto Giovanni Citarella, ritenuto dagli investigatori il capo di un clan politico-economico dell’agro nocerino sarnese. Ma molti reati, derubricati a modeste fattispecie penali, non corrispondenti alla vastità del più ampio e bieco sistema, andarono in prescrizione per tecnici e politici. San Nicola a Mare L’ombra emerge anche dall’opposizione di Angelo Vassallo ad un investimento locale non condiviso. Angelo e Peppe Tarallo, da politici ambientalisti, hanno avuto ragione dopo la morte e si legittimano nel frammento più che indiziario Notizia fresca: è saltato il piano urbanistico di Montecorice, paese vicino ad Acciaroli, che avrebbe dovuto cementificare San Nicola a Mare, l’ultimo lembo di spiaggia del comune con 119 villette su 60 mila metri quadrati di spiaggia. Non si farà più l’investimento di un noto imprenditore nolano che risiede ad Acciaroli. È lì che vive l’imprenditore con villa e yacht. Il piano fallito: 119 villette su 60 mila metri quadrati di spiaggia. Era il piano che avrebbe dovuto discutere Angelo Vassallo il 17 agosto 2010.. Una riunione che Vassallo rifiutò non appena vide il parterre: schierati politici e tecnici convocati dall’imprenditore nolano ma Vassallo andò via. Questa circostanza venne fuori, nelle settimane successive all’omicidio e non si sa se sia stata verificata, in questi lunghi e infruttuosi 15 anni di indagine. tra le possibili causali dell’omicidio. Angelo Vassallo ora può dire di aver vinto, perché aveva visto bene. Avrebbero dovuto discutere del nuovo cemento in un comune dove vigeva un piano di fabbricazione del 1963, pensate un po’, di ben 42 anni fa, ma era lo strumento urbanistico che poteva essere utile all’imprenditore nolano se l’ex sindaco Pierpaolo Piccirilli non avesse vinto la sua battaglia con un nuovo piano urbanistico comunale bocciato da ben due sentenze, Tar di Salerno e Consiglio di Stato. Quel vecchio piano del 1963 aveva consentito speculazioni edilizie e rendite immobiliari a piccoli imprenditori del luogo e, perfino, all’ex presidente del Napoli Corrado Ferlaino. La cementificazione di San Nicola a Mare era un affare da 30-40 miliardi di vecchie lire per l’imprenditore nolano. Ma Montecorice è anche il paese che registrò poco prima del delitto Vassallo l’aggressione criminale ad un oppositore politico che aveva avuto il coraggio di denunciare la mala gestione amministrativa dell’allora sindaco Flavio Meola ora di nuovo in sella. Francesco Malzone, ex presidente di Alleanza Nazionale di Montecorice, per costringerlo al silenzio, di notte, fu preso e portato fuori casa da Giuseppe Damiani e il figlio Bruno Humberto, il “brasiliano” poi sospettato di essere l’assassino del sindaco Vassallo poi scagionato con l’archiviazione della Procura antimafia. Per il sequestro e l’aggressione a Malzone, Giuseppe Damiani e il figlio, in veste di “giustizieri politici”, furono assolti dal giudice di Vallo della Lucania ma Malzone, la vittima, in Cassazione ebbe ragione con l’annullamento della sentenza di assoluzione e il rinvio alla Corte di Appello di Napoli. Il racconto del pentito C’è anche un racconto che conviene rifare in ordine alla credibilità dell’ex collaboratore di giustizia Romolo Ridosso quando racconta agli investigatori il suo viaggio-sopralluogo ad Acciaroli con l’altro imputato Giuseppe Cipriano. I due si mossero insieme da Scafati, ma andarono a Montecorice, non ad Acciaroli per andare poi a pranzo all’hotel Mediterraneo di Acciaroli, albergo-monstre sul mare che Vassallo avrebbe voluto abbattere. Non è la sola imprecisione contenuta nelle parole dell’ex collaboratore di giustizia ritenuto inattendibile dalla Cassazione. Ridosso, insieme a D’Atri, sono i pentiti stroncati da una sentenza della Cassazione quando fu annullata l’ordinanza di custodia cautelare per Cagnazzo e gli altri. Nel giallo di Pollica c’è il substrato sociale di un Sud profondo e pieno di contraddizioni, in cui la verità sembra cambiar forma in ogni istante. Un viaggio a ritroso dentro il ventre di un Cilento arcaico e di una terra che Leonardo Sciascia avrebbe descritto proprio come la sua Sicilia: “Abbondante e povera, omertosa e pettegola, gioiosa e disperata. La terra del paradosso. Del sistema stravolto, anzi capovolto. Come se una civetta uscisse a volare di giorno”. Misteri che hanno il nome di un uomo, il volto di una persona, una fisionomia concreta che sembra impossibile da scoprire ma, soprattutto, una famiglia ormai lacerata da un dolore perenne. Angelo Vassallo, uno strano mostro che da vent’anni continua ad aleggiare sul Cilento e a riempirlo di incubi. Proprio come in una terra del paradosso.