di Erika Noschese
Il Mar Mediterraneo si trasforma, ancora una volta, in un palcoscenico di speranza e conflitto. In un’iniziativa che cattura l’attenzione internazionale, la Global Sumud Flotilla si prepara a salpare verso Gaza, con l’obiettivo di rompere il blocco navale israeliano e portare aiuti umanitari essenziali alla popolazione palestinese. Tra i pochi rappresentanti politici italiani e l’unico proveniente dalla Campania, a bordo di una delle imbarcazioni c’è l’onorevole Arturo Scotto, deputato del Partito Democratico. La sua scelta, coraggiosa e discussa, lo pone al centro di un’operazione che unisce diplomazia, azione umanitaria e un forte messaggio di pace. Lo abbiamo intervistato per capire le sue motivazioni, le aspettative e i rischi di un viaggio che si preannuncia tanto difficile quanto carico di significato.
Come si sente, insieme a tutte le persone in procinto di salire a bordo delle imbarcazioni?
«Siamo in attesa che arrivi la flotta da Barcellona e si congiunga alle barche che partono dall’Italia e da Tunisi. La flotta dovrà muoversi compatta sul Mediterraneo, quindi ci sono una serie di ritardi tecnici che saranno superati a brevissimo, anche per ragioni di cattivo tempo. Gli aiuti umanitari, dal porto di Genova sono arrivati ad Augusta, e stanno caricando – in queste ore – tutti i generi di prima necessità: beni alimentari, cibo, acqua, medicinali. Si tratta di un’operazione anche molto complicata sul piano logistico, ma siamo molto molto avanti e siamo fiduciosi di partire a brevissimo».
Quali sono le motivazioni personali che l’hanno spinta a partecipare a questa iniziativa, sapendo i rischi che comporta?
«Le motivazioni non sono personali, ma politiche. Non ho bisogno di dimostrare nulla, nemmeno a me stesso. Nel corso degli ultimi anni sono sempre stato impegnato per la causa della pace in Medio Oriente, sono stato tantissime volte nelle zone di guerra, laddove il conflitto tra Israele e Palestina era più acuto. Ho pensato che fosse giusto e io, insieme ad altri colleghi, Annalisa Corrado, eurodeputata del PD, Benedetta Scuderi, eurodeputata di AVS e Marco Croatti del Movimento 5 Stelle, che fosse giusto lavorare perché ci fosse una garanzia istituzionale a bordo, che i parlamentari della Repubblica che ripudia la guerra, all’articolo 11 della sua Costituzione, fossero a fianco di attivisti che non hanno alcuna protezione diplomatica, a differenza nostra. Quindi ci sarà un pezzo della Repubblica italiana che lavorerà per portare gli aiuti lì».
La flottiglia mira a rompere il blocco navale di Gaza. Ritiene che un’azione di questo tipo possa davvero fare la differenza per la popolazione palestinese o ha un valore più che altro simbolico?
«È un’iniziativa concreta. Il dato simbolico è oggettivamente molto forte, perché è una flotta marittima. Ma è, forse, quella flotta marittima che devono mettere in campo i governi. Invece questa missione umanitaria dal basso dimostra che la società civile è più avanti dei governi europei, a partire dal governo italiano. L’obiettivo è arrivare lì, e più ci avvicineremo e più sono convinto che crescerà la pressione da parte dei cittadini, anche nei confronti del Governo, perché questo accada».
Lei è l’unico parlamentare campano a essersi imbarcato. Come mai siete in pochi a rappresentare l’Italia in questa missione?
«Non è il tema di chi ci va e di chi non ci va. Ci sono tanti colleghi che avrebbero voluto imbarcarsi ma non c’era la possibilità di farlo. Siamo riusciti a farlo, noi pochi, per relazioni molto forti che alcuni di noi avevano con una delle organizzazioni non governative che ha dato di più nel recupero dei beni di prima necessità da portare a Gaza, Music for Peace di Genova, che ha raccolto in cinque giorni trecento tonnellate di cibo, acqua, medicinali, perfino giocattoli, biscotti, pannolini. In relazione con loro abbiamo deciso che ci fosse una delegazione di parlamentari. Ci sono tantissimi colleghi, non soltanto dell’area del centrosinistra, dell’area progressista, che ci sostengono e che sarebbero stati disponibili a salire su quelle navi».
Cosa si aspetta di trovare una volta raggiunta Gaza? Siete preparati a un possibile confronto con la marina israeliana?
«A Gaza mi aspetto di trovare quello che, purtroppo, tutte le immagini che sono riuscite a uscire dalla striscia raccontano: una condizione allo stremo. Gaza è stato trasformato nel luogo più inabitabile del pianeta, definizione di Amnesty International ben prima del 7 ottobre. Oggi, quasi il 90% delle infrastrutture civili sono state distrutte, ci sono milioni di persone che dormono nelle tende o addirittura senza nemmeno queste, che hanno perso tutto: la casa, i ricordi di un luogo che prima della guerra era comunque vivo, abitato, dove c’erano bar, ristoranti, strutture pubbliche, teatri. Oggi non c’è più nulla, quindi mi aspetto una situazione devastante.
Pensiamo che il governo italiano, i governi dei 44 Paesi, perché sono 44 le delegazioni internazionali che partecipano, facciano pressione affinché la marina militare israeliana ci faccia passare e ci faccia distribuire gli aiuti in sicurezza. Non ci sarà nessun impatto: abbiamo un atteggiamento pacifico e non violento, ma siamo molto determinati a chiedere che si passi».
Qual è stato il ruolo del governo italiano in questa situazione? Avete ricevuto supporto o, al contrario, vi sono state poste delle difficoltà?
«Il governo italiano non ha avuto nessun ruolo: e questo è un problema. Perché non ha nessun ruolo dall’inizio di questa guerra contro Gaza. Ha scelto di non muovere un dito. Non ha fatto come la Spagna, la Norvegia e come si apprestano a fare Francia e Gran Bretagna, col riconoscimento dello Stato di Palestina. Non ha emesso nessuna sanzione, non ha fatto l’embargo delle armi, perfino a differenza del governo di Berlino. Non ha sostenuto i 17 Paesi dell’Unione Europea che chiedevano la sospensione del trattato di cooperazione tra UE e Israele, che all’articolo 2 prevede che in nessun Paese in cui si violano i diritti umani è possibile avere relazioni economiche. Non ha sospeso il memorandum militare tra Italia e Israele. Il governo italiano ha scelto la strada della complicità. Poi Giorgia Meloni può dire, al meeting di Rimini: “L’opposizione fa le mozioni ma noi salviamo i bambini”. Purtroppo, sono sempre molto pochi. In ogni caso, molti di quei bambini feriti, sono feriti anche da armi italiane».
Oltre a lei, ci sono altri campani pronti a salire a bordo della flottiglia? Che tipo di persone ha incontrato e quale atmosfera si respira tra i partecipanti?
«Non so se ci sono altri campani sulla flotilla, siamo molto mischiati e la delegazione italiana è una delle delegazioni. L’atmosfera è molto determinata: stiamo facendo dei training rispetto alle situazioni di crisi, rispetto a come si sta a bordo, rispetto a come si prevengono le crisi e rispetto anche alla tutela legale».
Come vede il futuro di Gaza dopo questa missione? Pensa che si possa arrivare a una soluzione politica stabile o che siano necessarie altre azioni dal basso come questa?
«Penso che, se questa missione passa, la guerra cambia segno. Significa che ci può essere un ruolo della diplomazia dal basso e ci può essere un ruolo attivo della società civile, tale che anche il governo israeliano capisce che non può continuare in questa condizione».
La sua partecipazione ha generato dibattiti. Come risponde alle critiche di chi definisce la flottiglia un’iniziativa provocatoria o un rischio inutile?
«La valutazione che ho fatto è stata una valutazione politica, chiaramente, di sostegno a un’iniziativa dal basso della società civile. Mi interessa poco quello che pensano i signori del governo o i signori della destra, e soprattutto i loro house organ. Quello che dico è che stiamo facendo una cosa utile, non una cosa provocatoria, che sta avendo anche un forte impatto sull’opinione pubblica che è sempre più scossa dalle immagini di Gaza. Si pongano lo stesso problema anche i governi».
Qual è il messaggio che intende trasmettere al popolo italiano e alla comunità internazionale attraverso il suo viaggio?
«Il messaggio è molto semplice: l’Italia faccia l’Italia. La tradizione del nostro Paese è quella di dialogo, di pace nel Mediterraneo, di sostegno ai popoli afflitti dalle guerre e dalla fame. Facciamo uscire il grande cuore del nostro Paese e spingiamo il governo a fare scelte diverse».





