Michelangelo Russo
Va dato atto all’avv. to Michele Sarno, organizzatore del convegno di ieri sulla Riforma della Giustizia, di avere centrato l’obiettivo di un chiarimento sulla ormai centrale contrapposizione tra Governo e Magistratura. Se occorreva una conferma della guerra in atto, essa c’è stata, senza se e senza ma. Eppure la qualità dei relatori poteva rappresentare una occasione di dialogo, sempre utile in democrazia. Apre il dibattito il Procuratore Generale Rosa Volpe. E’ garbata, essenziale, come sempre. Ma tagliente come una lama di Toledo. Chiede subito quanto questa riforma serva al miglioramento del servizio di Giustizia. E, soprattutto, lamenta l’alluvione di riforme procedurali che il Governo regala a piene mani, a ritmo serrato, senza pensare agli incagli inevitabili che stanno creando nel meccanismo delicato del processo, lasciando ai magistrati il compito impossibile di risolverli. Facile pensare a una strategia, diciamo noi, di delega alla Magistratura di soluzione di problemi impossibili, per poi accusare i giudici di colpe di inefficienza. Continua il Procuratore Borrelli. E’ elegante, e temibile, nella critica asettica e neutrale alle stramberie legislative. Esalta educatamente gli sforzi fatti dalla magistratura salernitana per abbattere l’arretrato del 50 per cento dell’arretrato negli ultimi tre anni. E’ un sottinteso per dire che il servizio giustizia può migliorare, avendo gli uomini e i mezzi. Ma è quello che sta venendo a mancare. Dunque, rimedi ordinari e attenzione da parte del Ministero per migliorare il servizio. Aggiunge, con il fair-play che gli è consono, che è assolutamente sicuro che il Governo non abbia l’obiettivo di sottoporre il P.M. all’arbitrio dell’esecutivo. Ma (e qui attacca di fioretto) ritiene che il P.M. separato con carriera autonoma sia un pericolo. Perché la sua discrezionalità assoluta nell’avvio della azione penale è chiaramente, si capisce, una devianza dalla cultura della giurisdizione che accomuna oggi tutti i magistrati italiani. Segue il Sostituto Procuratore Generale Taddeo. E’ esplicito e accorato. Attacca il progetto di sorteggio dei componenti del Consiglio Superiore della Magistratura. Azzarda, giustamente, il paragone tra le correnti della magistratura e i partiti. In ogni democrazia c’è un sistema di aggregazione delle diversità di pensiero. Demonizzare le correnti è una violenza alla libertà di pensiero. Invita infine il Governo al dialogo, ricordando, con elementi di fatto, che la separazione delle carriere esiste già, e si chiede perché il Governo rifiuti il confronto con l’ANM. Auspica, idealmente, una sorta di tregua istituzionale tra la Procura e il Governo, nel nome chiaramente di una definitiva neutralità della Giustizia riconosciuta da tutte le componenti parlamentari. Lo gela il Presidente delle Camere Penali Italiane: non c’è posto per nessun patto, tantomeno tra la Procura e il Governo qualunque sia. E’ implacabile sulla Riforma: essa, per lui, non tocca l’autonomia del P.M. E’ sferzante sul CSM dei soli Pubblici Ministeri: se pensate che crei un P.M. autoreferenziale e incontrollabile, allora voi magistrati non avete fiducia in voi stessi. Conclude con un anatema: in questo Paese valgono più le indagini che le sentenze. E, infine (tra i fulmini dei Padri Costituenti) attacca l’obbligatorietà dell’azione penale. E’ l’unico relatore che sveglia il vero convitato di pietra del Convegno. Quella obbligatorietà dell’azione penale, garanzia di tutti i cittadini di fronte alla legge, che i magistrati temono come l’obiettivo di fondo della Riforma del Governo di destra. Parla Edmondo Cirielli. E’ un politico consumato. Elogia il sistema della Magistratura italiana e delle Forze dell’Ordine come esempio di qualità istituzionale riconosciuto a livello internazionale. Scende in vicende locali, avocando a sé e ai governi di destra la tutela delle ragioni del Tribunale di Sala Consilina e di Nocera. Aggiunge che è una bestemmia costituzionale dire che la Riforma è anticostituzionale, perché la prevede la stessa Costituzione. Ma si accalora citando l’art. 1 della Costituzione: la Sovranità appartiene al Popolo. Quindi, noi siamo stati eletti, e perciò noi siamo i Sovrani. In verità, sono le stesse parole di quel fine statista di Trump, che denunzia i giudici che lo hanno condannato come antidemocratici. Ma andiamo oltre, perché c’è stato un passaggio di Cirielli interessante. Si comprende dal tono che, prima ancora di essere un politico, Edmondo Cirielli si sente ancora un servitore dello Stato per quello che è stato: un Capitano dei Carabinieri. Quindi un uomo con profondo senso dello Stato. Come tale, esprime nostalgia per il vecchio codice di procedura penale, quando, servendo come Ufficiale di P.G., il rapporto con il P.M. era più chiaro ed essenziale. Con profitto per le indagini. Fumoso e contraddittorio gli appare l’attuale assetto procedurale delle indagini. Forse per questo ritiene indispensabile la Riforma. Chiude, prima di Nordio, il patron del Convegno: l’avv.to Michele Sarno è accorato e passionale, come nel suo carattere. Rivendica alla Camera Penale di Salerno addirittura il primo progetto di Separazione delle Carriere. Chiude, tra ripetuti applausi, il messaggio che arriva da Salerno di una apertura al dialogo e alla reciproca comprensione, citando, allo scopo, una frase del filosofo Emanuel Kant. Il Ministro Nordio, che attacca subito dopo, non gli è da meno. Cita il filosofo Hegel e Shakespeare in nome della reciproca comprensione, ma poi cita se stesso e il suo libro del 1997, quando rispose ai probiviri dell’Associazione Magistrati sulla opinabilità pericolosa delle sue idee. Li mandai a quel paese, aggiunge, lui da solo contro 8 mila magistrati. La Riforma non si tocca! E’ lapidario! Nessun dialogo, se non dopo l’approvazione della stessa così com’è! Al massimo, dopo si potrà discutere sulle leggi regolamentari di applicazione. Come dire: noi siamo i padroni del Palazzo. Vi concediamo di discutere sul Regolamento di condominio. Aggiunge che comunque il Referendum sarebbe un problema; se vince la Magistratura, per i prossimi trent’anni la politica sarà suo ostaggio. Se perde la Magistratura, essa sarà umiliata, e non è un bene per il Paese. Ecco il vero problema per questo Governo: una Magistratura martire la temono! Perché dai martiri viene la voce potente del dissenso, che prima o poi scardina l’arbitrio del Potere. Dimenticavamo: Nordio ha detto che la Riforma non serve a migliorare il servizio Giustizia! E’ una questione di principio, insomma.





