Sarno. Tra i presunti complici di Massimo Graziano “il Quindicese” accusato di essere il promotore di un giro di usura, estorsione, intestazione fittizia e truffa, ci sarebbe secondo la Dda anche Salvatore Amodio, 49 anni , direttore della Banca Sud a Salerno (raggiunto da misura interdittiva). Avrebbe contribuito, dopo vendita considerata fittizia, di pulire il denaro di provenienza illecita e drenarlo a favore delle società di Massimo Graziano. Amodio, secondo la pubblica accusa, “pur consapevole della provenienza e della destinazione dei soldi oltre che della referibilità della società a Massimo Graziano e Michele De Vivo suoi diretti interlocutori per le operazioni finanziarie involgenti la società, interveniva personalmente nella gestione amministrativa della pratica relativa al rapporto di provvista oggetto degli assegni, onde superare i controlli già effettuati da altri dipendenti della filiale, in sua assenza, agevolando o comunque assicurando agli autori del reato l’ingiusto profitto”. Sempre nella banca diretta da Amodio, secondo la pubblica accusa, sul conto della moglie di Graziano, Rubina Pignataro, venivano confluiti soldi provento dell’usura (cifre che sfioravano i 24mila euro).E ancora, Graziano avrebbe operato sul conto di Giovanni Prisco presso la Banca del Sud. Un’operazione che per regole bancarie non è possibile fare, salvo autorizzazione via pec, come faceva notare per un assegno un dipendente della filiale. Graziano telefona ad Amodio e lo avvisa di versare un titolo bancario sul conto corrente della società facente capo a Prisco. Il dirigente lo accomoda e lui. “Vi ringrazio di come vi mettete a disposizione ma sotto la mano non ci piove, contro di me si sta usando un clima inquisitorio, di sospetti” (il riferimento probabilmente era nell’insistenza del dipendente che non autorizzava l’operazione dell’assegno). In un’altra occasione erano sorti problemi per un assegno scoperto da parte della persona di cui Graziano gestiva il conto. Amodio telefona Graziano: “Non voglio sapere niente, io conosco a te”. Per la Procura è la prova che Graziano gestiva soldi sui conti correnti e imprese di altri. Nell’inchiesta emerge anche il ruolo dell’avvocatessa L. S. di Pagani, indagata a piede libero: sarebbe stata delegata alla vendita di un immobile a Sarno (procedura pendente presso il Tribunale di Nocera Inferiore) e “con verbale di vendita formava un atto falso attestando falsamente che “in via preliminare non esistono depositate offerte di acquisto e stante l’assenza dichiara deserta la vendita senza incanto”. Omettendo così- secondo la Procura di Salerno- di comunicare al Tribunale che in realtà un’offerta era arrivata e poi ritirata dall’acquirente. Scrive la Procura: “Esistono gravi indizi di colpevolezza proprio perchè l’offerta era stata depositata (a differenza di quanto attestato nel verbale di vendita e poi ritirata dall’acquirente con conseguente falsità ideologica del verbale”. Per la Procura ci sarebbe stata l’interferenza di Massimo Graziano sulla procedura di vendita in concorso con altri due indagati. Tutti poi inducevano l’acquirente dell’immobile a ritirare l’offerta per l’acquisto dell’immobile.





