Salvatore Memoli
L’Arcivescovo Primate di Salerno Gerardo Pierro, per molti salernitani e soprattutto per i cittadini di Coperchia, Capriglia e Pellezzano, era soltanto don Gerardo. Un uomo fattivo, autentico, parroco a tempo pieno, capace di grande empatia con tutti, in particolare con le persone semplici. Aveva un tratto di uomo agile, occhi profondi e chiari che scrutavano, vivace culturalmente ma fermo nei suoi valori religiosi e civili. Mentre era parroco di Coperchia, dove era stato mandato dall’Arcivescovo Demetrio Moscato che lo aveva ordinato sacerdote, senza far mancare niente ai suoi parrocchiani, trovava il tempo per insegnare Religione agli studenti del Liceo Scientifico Giovanni Da Procida di Salerno, stimato da tutti, e di studiare intensamente, nel poco tempo disponibile, per conseguire la laurea in teologia, presso la Facoltà teologica San Luigi di Posillipo in Napoli, con grande merito. Do Gerardo era un prete dinamico che seguiva il quotidiano interpretandone i bisogni, mentre caparbiamente testimoniava i suoi valori evangelici ed ecclesiali, con uno sguardo critico e moderno, aprendo le porte a tutti della sua chiesa. Quando il Papa Giovanni Paolo II lo scelse come Vescovo affidandogli la Diocesi di Tursi e Lagonegro, in Basilicata, nel 1981, fu subito festa tra i suoi amici e il territorio salernitano. Era un giovane Vescovo che a 46 anni riscuoteva la fiducia del Papa, per la solidità della sua vita sacerdotale e le numerose segnalazioni positive che molti davano su di lui. La nomina giunse inaspettata, per lo stesso Arcivescovo Gaetano Pollio che evidentemente aveva indicato altri nominativi nella sua terna ma fu subito accolta, con grande generosità di padre e di pastore che conosceva bene ed apprezzava le qualità di questo suo zelante sacerdote diocesano. Sulla stessa cattedra di Salerno, dopo essere stato Vescovo di Tursi-Lagonegro ( 1981-1987) e di Avellino ( 1987-1992), il Vescovo Gerardo Pierro arrivò nel 1992, restandovi fino al 2010, quando lasciò, per limiti di età. Elevato Arcivescovo da Papa Giovanni Paolo II il 24 maggio 1992, portò a Salerno il suo entusiasmo giovanile e il suo impegno di proseguire il gravoso lavoro pastorale svolto dal suo predecessore Guerino Grimaldi. Il 12 aprile 1992, quando l’Arcivescovo Grimaldi, dopo aver celebrato la Messa della domenica delle Palme, morì a seguito di un attacco cardiaco, a distanza di qualche ora, trovammo al capezzale del defunto, come prima visita, il Vescovo di Avellino. Molti di noi capirono che esisteva un legame veramente forte tra i due alti prelati salernitani e che Grimaldi, ormai 75enne, forse aveva indicato il nome di Pierro, come successore. L’investitura comportava la condivisione di quanto Grimaldi aveva fatto e voleva fare. Forse lo stesso Seminario Metropolitano di Pontecagnano poi costruito da Pierro ed inaugurato dal Papa rientrava nei desideri e nelle consegne del compianto Arcivescovo Grimaldi. Dal 12 aprile 1992 al 25 maggio 1992, data in cui Pierro fu ufficializzato ed elevato alla dignità di Arcivescovo, il tempo era poco per pensare che il Papa e la Congregazione dei Vescovi avevano fatto altre valutazioni di nominativi, per la guida della Chiesa Salernitana. Tutto l’episcopato di Don Gerardo é stato segnato da un generoso impegno per tutto e per tutti: dagli organismi ecclesiali, i parroci, i giovani sacerdoti, i religiosi, l’edilizia religiosa, il Seminario Metropolitano e tante opere che resteranno ascritte a suoi meriti. L’Arcivescovo Pierro ebbe una grande attenzione per la comunità civile. I suoi rapporti con tutte le Istituzioni civili e militari, la sua attenzione politica e le sue idee furono messe in pratica senza tentennamenti ed ipocrisie. Era sempre presente a tutti gli appuntamenti della comunità civile ed a suo meriti si ricorderà il suo grande equilibrio nel recuperare un rapporto con l’amministrazione comunale di Salerno nella gestione dei festeggiamenti del Santo Patrono Matteo. Fin dal suo ingresso in Diocesi si rese conto che la realtà politica salernitana era profondamente diversa dai suoi orientamenti politici e dalla realtà della vicina Avellino. Una Giunta di sinistra e laica non era la realtà che avrebbe gradito sul territorio, per questo si adoperò senza infingimenti per capire che cosa accadeva nella realtà del locale partito cattolico. L’Arcivescovo non nascondeva una viva amicizia ed una preferenza per il leader D.C. Ciriaco De Mita. Ma Salerno non era Avellino, questo lo sapevano quelli che avevano dato l’avvio ad una svolta politica di sinistra ed anche molti democristiani che avevano a cuore una forte identità locale senza condizionamenti esterni ed Avellinesi e per questo impegnati a dare credito ad una ” salernitanità” politica con nuovi obiettivi ed altri organigrammi. Questo punto fu aspro e difficile da condividere con l’Arcivescovo Pierro. Ne fui io stesso colpito da ostracismo per le mie posizioni, restando per alcuni anni e con sofferenza lontano dal Palazzo Arcivescovile. Più tardi i rapporti furono recuperati e chiariti e, forse, la buona fede delle scelte ( a dispetto dei cattivi consiglieri che lo avevano condizionato!) fu capita. Per lunghi anni i miei rapporti con l’Arcivescovo furono positivi e confidenziali oltre ad essere di grande reciproco rispetto. Purtroppo il suo lungo episcopato non ha lasciato soltanto testimonianze belle del suo legame con Salerno e la storia della Chiesa locale ed anche per le tante iniziative pastorali, il suo magistero, i buoni risultati della crescita della Diocesi. Evidentemente la sua stessa provenienza dalle file della Diocesi gli procurarono una sua crescita fino a lasciar immaginare a molti che fosse pronto per ricoprire l’incarico di Arcivescovo di Napoli, dopo il cardinale Michele Giordano ma non poche furono le sofferenze procurate da inimicizie, rapporti tesi con sacerdoti e religiosi, iniziative disciplinari che crearono turbolenze e apprensione da parte dei superiori a Roma! Nel tempo gli episodi del Gregge, di sacerdoti inquieti della Chiesa di Campagna e di gruppi di preti che avevano presa la strada ( detestabile!) d’inviare lettere anonime presso le superiori gerarchie romane, indebolirono molto il prestigio e l’autorità del Vescovo di Salerno. Più tardi, alcuni finanziamenti legati a strutture ecclesiali come la Colonia San Giuseppe, videro l’Arcivescovo sul banco degli imputati e condannato in primo grado dal Tribunale di Salerno. Fatto brutto ed indicativo di un tessuto ecclesiale e civile fortemente compromesso. Molti di noi avevamo maturato il convincimento della totale estraneità di Pierro. Quando ebbi modo di parlargliene, riferendo pensieri che avrebbero potuto avere gli inquirenti, mi rispose con affabilità e fermezza: ” Avvocà, un padre non lascia mai i suoi figli nella prova!”. Come non dargli ragione e testimoniare la sua onestà morale e di comportamento? Di lui si potrebbe dire tanto altro, ma la sua residenza da ultimo messagli a disposizione in un appartamento del Seminario Metropolitano, divenne la sua clausura e il suo luogo di isolamento, forse di obbedienza al Vescovo in cattedra! Tante sofferenze e prove lo avevano in parte fiaccato! Me ne rendevo conto durante le numerose visite che gli facevo insieme a don Antonio Galderisi. Preferiva il silenzio ed evitare giudizi o posizioni che avrebbero potuto creargli disagi. Anche quando una sua testimonianza, come riferiva in privato, avrebbe potuto risparmiare tanto dolore a don Nunzio Scarano del quale era testimone di tante benemerenze, delle cose buone fatte per la Diocesi, per la costruzione del Seminario, per la gestione del patrimonio della Chiesa di Salerno. Gli anni, le prove e la fatica del quotidiano cambiarono il suo stile di vita di uomo coraggioso e combattivo. Nel silenzio ha consumato gli anni che Dio gli ha dato regalandoci numerose e qualificate pubblicazioni che arricchiscono la storia della Chiesa Salernitana. Il tempo restituirà la grandezza episcopale di don Gerardo, il Vescovo Parroco, e con essa i meriti di Pastore, Cittadino e Uomo del Popolo.





