Eboli, la memoria persa nel disonore - Le Cronache Attualità

Peppe Rinaldi

Quando – e se – un giorno gli storici, scandagliando le fonti del mestiere, giungeranno ad interrogarsi su cosa sia stata questa Eboli così famosa nel mondo grazie al titolo del libro di uno scrittore ebreo, peraltro qui cittadino onorario, non si soffermeranno solo sulle qualità delle gestioni amministrative, sulla quantità delle opere pubbliche utili, sulle eventuali malversazioni praticate o sui programmi di sviluppo realizzati: tutte cose che contano, che sono importanti ma che non riassumono il senso di una identità collettiva. Quando si chiederanno «a cosa» questa città abbia «sacrificato», con ogni probabilità si accorgeranno che anche Eboli, ad un certo punto del fluire storico, si è schierata sul fronte sbagliato. E «sbagliato», per ora, è soltanto un docile eufemismo. Lo capiranno, gli storici, quando tra le mani e davanti agli occhi avranno una delibera di Consiglio comunale e la fotografia di uno striscione appeso alle mura municipali con la scritta “Cessate il fuoco”. E’ chiaro che stiamo parlando della vicenda arabo-israeliana, ce ne siamo occupati qui con una certa abbondanza e con iperboliche polemiche sin dal dicembre 2023, a circa due mesi dalla carneficina del 7 ottobre, quando i vagiti del mostro (ri)nascente del razzismo più razzista che c’è, quello antisemita, furono uditi nella piazza centrale. Furono uditi e furono visti due volte, la seconda addirittura con la partecipazione ufficiale dell’apparato politico-amministrativo. Accanto al “Cessate il fuoco” ce n’è un altro di striscione, quello del povero ricercatore friulano Giulio Regeni, vittima di un omicidio «di Stato» in Egitto, paese africano non proprio paragonabile alla Svizzera, un caso come migliaia di altri nel mondo trasformato nella solita campagna mediatica dal taglio preciso. Ma, oltre al ridicolo, oltre a far sembrare il municipio una specie di Arci allargata o un centro sociale per le Salis de’ noantri (non dimentichiamo che questa città ha avuto lo stomaco di conferire la cittadinanza onoraria alla terrorista Silvia Baraldini, tanto per capirci), lo striscione per Regeni non rimanda, a meno che il Comune non intenda dichiarare guerra all’Egitto: è, piuttosto, quel “Cessate il fuoco” a dire tutto. “Israele fascista, Stato terrorista”; “From the river to the sea Palestine will be free (Dal fiume al mare la Palestina sarà libera, nda); “Free free Palestine”; “Intifada per tutti” e giù con altri conati rosso-bruni, cantati in città spensieratamente nell’auto-convincimento di agire per una giusta causa: quella «palestinese», s’intende. Riaprire il discorso nel merito è inutile, è ben chiaro a chiunque sia minimamente informato e conservi una decente dose di buona fede, che le sfilate e le delibere e gli striscioni e le ciniche prese di posizioni pubbliche dei protagonisti, tra cui una pattuglia di «giovani» militanti di sinistra molto imbarazzanti per una manifesta ignoranza non più tanto incolpevole, abbiano un sottofondo di odio razziale antiebraico, pur riverniciato di pacifismo e buone intenzioni: chi può mai essere contrario a un «cessate il fuoco» che salvi anche una sola vita? Invece fu puro razzismo, orgogliosamente salmodiato con belle parole: pace, umanità, fratellanza, esattamente ciò che da secoli sappiamo sull’antisemitismo, giunto oggi, nel 2025, alla sua ennesima fase critica, come dimostrano anche in queste ore le vicende di Gaza con decine di migliaia di palestinesi, tutt’altro che «genocidiati» e affamati, fuoriusciti come ratti dalle fogne dei tunnel, intenzionati a ripetere appena possibile ciò che da sempre hanno in testa di fare, altro che “Due popoli due stati” come si biascica da anni credendo di dire una cosa intelligente che taciti pure un po’ la coscienza: cioè, cacciare gli ebrei dalla – peraltro immaginaria – Palestina, ucciderli, squartarli, bruciarli vivi, sventrarli, decapitarli anche bambini, come un Heydrich qualsiasi. Circa millecinquecento israeliani uccisi in un sol botto (qui sì che è stato possibile contarli) vanno moltiplicati per 6 se italiani, per 8 se francesi, per 10 se inglesi, per 30 se americani e così via. Ma, ripetiamo, è inutile ora continuare a dire che proprio questi striscioni, proprio quei cortei e comizi hanno scaraventato pezzi enormi di Occidente, Eboli compresa, nel pozzo nero del razzismo, quello vero, quello buono, anticoloniale, antisionista, antisuprematista e scemenze simili: se soltanto avessero letto e studiato qualcosa, a partire dal primo cittadino (che smarrito e sorridente sfilava tra le kefiah, i tamburi e le bandiere «palestinesi» legittimando marce e cori para-nazisti per ben due volte) si sarebbero resi conto di essere parte attiva della più grande impostura storica, quale è quella cui abbiamo assistito un minuto dopo l’ennesima strage di innocenti del 7 ottobre 2023. Ma non lo faranno, è tempo perso, per loro Moni Ovadia o Gad Lerner sono avanguardia, non impliciti collaborazionisti. Ti risponderanno tutti sproloquiando di reazione sproporzionata, che piovono bombe, che uccidono i bambini palestinesi, bombardano gli ospedali di proposito, le scuole, fanno 10mila, 20mila, 50mila, 1 milione, anzi 1 miliardo di uomini uccisi deliberatamente dagli israeliani, coloro “che fanno ai palestinesi ciò che i nazisti fecero a loro”, l’infamia più infame che si possa immaginare: e un modo per dirglielo era, appunto, quel “Cessate il fuoco”, seguito da vuote, ridicole parole sull’Onu e sul diritto internazionale racchiuse poi nella delibera dell’Aula votata addirittura all’unanimità e senza scorno. Ecco perché è inutile attardarsi oltre, per quel fronte valgono i numeri e i dati forniti da quella brava gente di Hamas o della Jihad islamica, ci si potrebbe fermare già qui. Gli ebrei intanto scappano dall’Europa di nuovo, vengono inseguiti nelle strade, nelle piazze, nelle università, non possono parlare, né esibire i simboli della loro fede o della loro identità (siamo già al dopo Weimar) e questa città ha dato spago e fiato a questo schifo grazie alla sua rappresentanza istituzionale, si è unita a questa estesa feccia anti-giudaica (che, alla fine, significa anti noi stessi e la nostra storia vera) sparpagliata nelle scuole, nelle università, nelle piazze, nei media. Oggi è il “Giorno della memoria” in ricordo della vittime della Shoah, sappiamo tutti cosa sia, ma qui ci troviamo dinanzi al classico caso di sdoppiamento, tipico di certi ambiti politico-culturali, dove par di capire che a valere sono soltanto gli ebrei morti, perché quelli vivi devono «cessare il fuoco». Insomma, siamo dalle parti di Chef Rubio ma senza tutti quei tatuaggi. La morale è che pure Eboli fa il suo, scrive il suo, dice il suo, come col manifesto pubblico affisso in città proprio per questa giornata. Centinaia di caratteri, impreziositi dai versi di Gina Tota, che però raddoppiano la vergogna di una città trascinata nel disonore sotto la spinta fanatica di tanta brava gente drammaticamente ignara di ciò che dice e fa nel piazzare, tra i corridoi della Storia, anche questa città con un «banale» striscione. Dietro quel “Cessate il fuoco” c’è tutto questo. Se arrestassero tutti per corruzione o camorra sarebbe molto meno grave dal punto di vista dell’eredità consegnata. Chissà, un giorno gli storici potrebbero trovare sepolto da qualche parte anche una copia di questo articolo: e, forse, troveranno conferma che la realtà ha la testa dura.