di Alfonso Malangone
Con l’avviso di asta pubblica del 23/12 dello scorso anno, il Comune ha avviato la procedura per la vendita dell’area definita Prog 3 di Via Vinciprova. La scadenza per la presentazione delle offerte è fissata al 22/04 prossimo e il prezzo a base di gara è di € 3.200.000. Si legge che l’area da riqualificare è di complessivi mq. 32.883, che sulle particelle di proprietà sarà consentita la realizzazione di una struttura con finalità produttive di otto piani e di 5.000mq di solaio lordo totale. Più precisamente, in essa si potranno insediare: attività sociali, culturali e sportive; uffici e studi professionali; scuole per l’istruzione privata; uffici amministrativi, finanziari e assicurativi; esercizi commerciali di vicinato e medie strutture di vendita; ristoranti e bar; autorimesse; laboratori di arti e mestieri; alberghi, motel e centri congressuali. Saranno consentiti parcheggi interrati e zone a verde con aree a standard per 4000mq da monetizzare, cioè da pagare. Con questa procedura, sarà completata la cessione del terreno ex-Italcementi acquistato nel 1995, visto che la porzione maggiore dei suoli di via Vinciprova è parte della originaria area di sedime dello stabilimento delocalizzato a Fuorni dopo il sisma dell’80. Così, esclusa la zona sulla quale è stato realizzato il Grande Albergo in forza di un diritto di superficie concesso per la durata di 60 anni, dalle vendite della residua estensione l’Ente potrebbe incassare un totale di € 15.500.000, di cui € 12,3milioni già ricavati lo scorso anno dai lotti 1 e 2, Prog. 1/b, lungo via Torrione. Un risultato davvero importante in presenza del severo impegno al ripianamento dello squilibrio finanziario di Bilancio assunto con il ‘decreto aiuti’. Su queste prime cessioni, però, sono state formulate alcune osservazioni che, per la loro concretezza, potrebbero addirittura indurre taluno a qualificare gli introiti come il prezzo del tradimento di precisi impegni assunti dall’Ente nei confronti della controparte venditrice, dello Stato e degli stessi cittadini. Facendo salvo ogni errore, dai commenti pubblicati risulta che quell’area fu acquistata per motivi esclusivi di pubblica utilità attestati da esplicite dichiarazioni presenti nell’atto notarile, sia a pag. 4 della premessa che ai punti 7 e 13 delle convenzioni. E’ stato anche precisato che furono chieste ed ottenute precise agevolazioni proprio in considerazione della destinazione pubblica dei suoli. Su tutto questo, però, ci sarà chi potrà esprimere osservazioni più chiare in punto di diritto. C’è da pensare, comunque, che le criticità denunciate possano aver spinto l’Ente a velocizzare la cessione di via Vinciprova, come è egualmente possibile che l’avviso della gara nel giorno dell’antivigilia di Natale sia funzionale all’inserimento dell’incasso tra le entrate del Bilancio di Previsione 2025 da deliberare entro il 28/02 prossimo. Giusto per meglio equilibrare le poste. In ogni caso, pur non volendo entrare in argomenti molto tecnici, su tutta la vicenda alcune puntualizzazioni possono essere opportune per capire meglio la sua evoluzione in funzione della tempistica degli accadimenti. Per questo, dobbiamo iniziare dall’art. 8 della Legge 730/1986 con il quale venne disposto il vincolo di destinazione a finalità “produttive, sociali e pubbliche” delle aree di sedime degli stabilimenti ammessi alla delocalizzazione post-terremoto ai sensi dell’art. 21 della legge 219/81. Due anni dopo, il 10/03/1988, la ex-Italcementi dichiarò al Comune la disponibilità a cedere la propria area industriale su espressa richiesta dello stesso. A fine 1989, con la prima delibera n. 71 del 18/12, l’Ente adottò una variante al Piano Regolatore del 1965 per l’adeguamento degli standard urbanistici ottenendone la finale approvazione, come da normativa del tempo, dall’allora Presidente della Giunta Regionale con il decreto n. 7265 del 13/07/1994 riportato nel Bollettino della Campania n. 44 del 13/09 successivo. Fu quel provvedimento ad introdurre le nuove destinazioni ‘pubbliche’ del compendio immobiliare e a consentire, dopo oltre quattro anni, la stipula dell’atto di acquisto contenente la concorde dichiarazione del venditore e del compratore di considerare detta destinazione quale “elemento essenziale” per la formazione delle rispettive volontà (fonte: contratto pag. 4). In definitiva, tra le tre ipotesi previste dall’art. 8 già citato, il Comune decise – liberamente ed espressamente – di privilegiare quella “sociale pubblica” che consentiva anche di fruire di agevolazioni significative di natura finanziaria e fiscale, salvo ogni errore. Così, dopo le modifiche al PRG, fu possibile dichiarare nel Certificato di Destinazione Urbanistica, allegato all’atto, che alcune particelle, forse quelle dove oggi è il Grande Albergo, erano in zona “A”, cioè storico-artistica di particolare pregio, con la previsione di interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria sottoposti a specifici vincoli, mentre tutte le altre erano destinate “a recupero standard”, cioè a verde, alla vita collettiva e a parcheggi. Con queste premesse, la decisione di procedere oggi alla vendita dei suoli può davvero indurre a ritenere che sia stato platealmente sconfessato l’impegno contrattuale così inficiando la validità dell’acquisto che, in quell’impegno, aveva trovato la sua ragion d’essere. In sostanza, se pure fosse stato possibile variare la destinazione dell’area con la successiva modifica del PUC, come in effetti è avvenuto, la presenza di quel vincolo non avrebbe potuto consentire di procedere a tanto. Peraltro, il provvedimento sarebbe ancor più discutibile perché assunto direttamente dall’Ente che di quel vincolo aveva piena consapevolezza per averlo definito essenziale ai fini dell’acquisto. Di più. Ci potrebbero essere anche responsabilità per il godimento ingiustificato di agevolazioni concesse solo e soltanto per la dichiarata destinazione pubblica. Detto questo, e sempre facendo salvo ogni errore, ci sono anche altre criticità meritevoli di attenzione. Nel 2002, il suolo sul quale fu costruito il Grande Albergo non venne ceduto in proprietà, ma fu oggetto di concessione onerosa, con canone annuale, per la durata di 60 anni, salvo proroga. Quindi, alla fine, la struttura passerà alla Città. Si può ben pensare che, in tal modo, fu rispettato il vincolo di destinazione, come certamente fu rispettato dall’arch. Bofil nella sua revisione del PUC per aver confermato la finalità pubblica delle aree residue. A questo punto, una domanda è naturale: “per i lotti 1 e 2, i notai roganti hanno ritenuto ‘superato’ il vincolo contrattuale civilistico apposto al momento dell’acquisto in conseguenza della intervenuta modifica della loro destinazione d’uso?” E, poi, visto che la proprietà delle due aree Prog 1/b sarebbe stata acquistata dallo stesso gruppo societario che gestisce il Grande Albergo: “come è possibile che il Comune, secondo notizie sul web, abbia avanzato nel 2023 le richieste della decadenza della concessione per mancato pagamento del canone, anche contestando, nel 2024, l’accensione di una ipoteca sui suoli senza il suo consenso?” E, quindi: “è possibile che la costruzione di due nuovi alberghi, come dichiarato, possa causare la successiva rinuncia alla gestione del Grande Albergo e che di esso possa essere variata la destinazione?” Sembrano domande strampalate. Ma, quando i cittadini sono privati di un ‘bene comune’ hanno il diritto di chiedere. E, forse, anche il dovere di farlo a tutela degli interessi dei giovani sulla cui pelle si sta giocando il futuro della Città. Con la cessione di via Vinciprova, si dimostra che non c’è due senza tre. Ma, a seguire, anche senza quattro, cinque e chissà quanto ancora, visto che in questi giorni si è letto di nuove progettazioni in zona orientale. Del resto, fu proprio l’ex Assessora al Bilancio a dichiarare che, per il riequilibrio del Bilancio, l’Ente avrebbe “venduto tutto, proprio tutto”. Così, come una gazzella della savana ferita, inerme e atterrita, la Città aspetta i morsi mortali di nuovi famelici predatori. Si pensava ci fosse un limite, non certo di vedere aggrediti i diritti e l’anima della Comunità. *Ali per la Città