di Erika Noschese
C’è una responsabilità oggettiva e una responsabilità politica e a pagare, forse, dovrebbero essere proprio coloro che appartengono a quest’ultima categoria. Il lungomare Marconi ieri è stato nuovamente scenario di sangue. La scena, drammatica, si ripete: un’auto in corsa su un rettilineo, una persona investita. Un volo di 17 metri, nessun segno di frenata. Questa donna ha perso la vita. Prima di lei, però, c’è un lungo elenco. A distanza di anni parliamo ancora di lungomare killer ma nessuno parla di una politica, a tratti a inetta e incapace di mettere in atto poche ma valide azioni per poter liberare il lungomare da questa strage di sangue maledetta. Il Marconi oggi è ricordato solo per la strage di sangue, anche i disagi e i disservizi passano in secondo piano quando si ha un tratto di strada così pericoloso. Dicevamo, c’è una responsabilità oggettiva, sì, ed appartiene all’uomo che ha investito e ucciso la donna ma non spetta a noi fare il processo, non spetta a noi chiarire dinamiche e cause, non spetta a noi dare risposte a un quartiere che oggi vive nella paura. C’è una responsabilità politica, appartiene a due assessorati, quello alla sicurezza (e sembra un paradosso, davvero) e quello alla viabilità.
Claudio Tringali e Rocco Galdi, assessori che oggi dovrebbero avere il coraggio di raccontare alla città un’unica verità: hanno fallito. E di pari passo, rassegnare le dimissioni. Ecco, forse spetta a loro dare qualche risposta, alla città, ai cittadini, al quartiere di Torrione, alle famiglie delle vittime. E no, non parlateci di semafori intelligenti perché, adesso, l’unica cosa intelligente da fare sarebbe uscire di scena e permettere a chi ha strumenti e competenze di studiare le dovute soluzioni e metterle in pratica. Possibilmente, prima del verificarsi di una nuova tragedia. Possibilmente, partendo dalle basi: l’installazione di dossi a distanza ravvicinata per regolare e gestire al meglio la velocità in quel tratto di strada.