Walking con Rocco Papaleo - Le Cronache Spettacolo e Cultura

Di Olga Chieffi

Un talento musicale che cerca una propria via verso nuove concezioni d’espressione, non può non lasciarsi sedurre da un genere di musica, lo swing, che uno dei suoi più grandi interpreti, Gene Krupa (drums) definisce “…eccola davanti a voi in ogni suo aspetto: mettetela come volete. Una bellezza che è insieme stracciona e cordiale, sfrontata e perfida, e che ha senza dubbio il suo fascino”. Uno dei titoli più ricordati, tra i brani di Duke Ellington, è anche uno dei suoi più divertenti e sospesi: “It don’t mean a thing, if it ain’t got that swing”, cioè “Non significa niente (Non vuol dire niente), se non ha quel certo swing”. Swing è una di quelle parole assolutamente americane di cui è una grana dare una soddisfacente resa in italiano. Si salta dai ballabili popolarissimi della “Swing Era”, al mistico swing dei giocatori di golf, degli sportivi americani che cercano la scioltezza, la naturalezza e l’efficacia del gesto atletico. Lo swing (qualsiasi traduzione se ne possa dare – e anzi, solitamente lo si lascia tale e quale in inglese) ha dunque a che fare con un’idea di equilibrio e musicalità, con un’oscillazione perfetta e sensata, incorruttibile, un’immagine da cui si ricava l’impressione affascinante che la vita stessa, la nostra famosa esistenza, sia dotata di un suo proprio swing. Quale poi sia il significato – per ritornare al titolo di Ellington – di questo swing, non si può dire, e anzi stabilirlo non ha nessuna importanza: l’essenziale è coglierlo, accorgersene, registrarlo. Rocco Papaleo lo ha registrato alla perfezione con quel suo walking  con cui ha fatto della sua vita, “Esercizi di libertà” sostenuto da un fantastico trio, composto da Arturo Valiante alle tastiere e Davide Savarese alle percussioni Rocco Papaleo ha saputo celebrare con grande maestria il suo quarantennale di carriera nel mondo dello spettacolo, riportando sul palcoscenico del Teatro Delle Arti, quale spettacolo inaugurale della nuova stagione di prosa, firmata da Claudio Tortora, la sua originale sperimentazione, che mescola musica, poesia, teatro e cinema. “Esercizi di libertà”, il suo spettacolo, non è solo un omaggio alla sua carriera, ma rappresenta un vero e proprio viaggio interiore, in cui l’artista condivide le proprie riflessioni  ed esperienze.

Attraverso un linguaggio ricco di giochi di parole e musiche evocative, Papaleo riesce a creare un legame profondo con il pubblico, grazie alla sua capacità di trasformare momenti di vita quotidiana in storie poetiche e divertenti. La scelta di includere canzoni e monologhi, che hanno evocato figure come Gaber, rende il suo lavoro ancor più affascinante, poiché riesce a collegare la tradizione del teatro-canzone a una modernità dinamica e interattiva. Rocco Papaleo ha reso partecipi sin dal pomeriggio, gli allievi del liceo Scientifico Francesco Severi, ai quali ha generosamente raccontato come è arrivato ad essere uno dei massimi uomini di spettacolo italiano. Non è stata solo una semplice chiacchierata,  quella di Rocco, ma un’opportunità per ispirare i giovani, attraverso la sua storia di passione, dedizione e di una continua ricerca di spazi di libertà creativa, elementi che potrebbero anche rivelarsi fondamentali per le nuove generazioni di studenti e artisti.

Papaleo, con il suo approccio umile e autentico, ha esplorato la complessità della scena teatrale contemporanea, evidenziando al contempo le sfide e le opportunità che essa presenta. La sua riflessione sul teatro come un “superpotere” che consente di superare le proprie paure e insicurezze, ha sottolineato l’importanza di questo linguaggio d’arte come strumento di crescita personale e collettiva.

In definitiva, il racconto di Rocco Papaleo ha abbracciato una visione più ampia dell’arte come mezzo di connessione e trasformazione. La sua carriera e le sue esperienze ci hanno mostrato come il teatro possa rivelarsi un potente strumento di espressione e di liberazione, capace di risuonare in ognuno di noi. Quindi, i ragazzi, in serata hanno assistito ad uno spettacolo antologico, con la spiccata attitudine all’interazione e al gioco; un recital che ha sempre lo stesso punto di partenza la Basilicata, ma una meta sempre nuova e una strada sempre diversa per raggiungerla, attraverso canzoni e storie nelle quali ritrovarsi, emozionarsi e sorridere. Lo spettacolo è una riflessione profonda sul concetto di identità e appartenenza attraverso la metafora del viaggio e della musica. La cartografia coast to coast, come ama dire Rocco, non è tradizionale, ma un tracciato emozionale e sensoriale che attraversa culture e storie.  L’idea di un paesaggio sonoro composto da elementi disparati, evocante la bellezza della mescolanza, della diaspora culturale capace di creare nuove forme di espressione artistica.

Così, l’arte viene vista come un modo per affrontare la realtà, un tentativo di dare significato a esperienze complesse e spesso dolorose. La ricerca di un “altro mondo” attraverso la musica, il viaggio e l’arte in generale, suggerisce che, nonostante il “pathire” e le difficoltà, c’è sempre una possibilità di riscatto e rinnovamento. Quindi col sorriso a labbra strette, si va in stazione ad attendere quel treno che non passa mai e si immaginerà carico delle ragazze olimpioniche della pallavolo o ci si inebria del pane e frittata preparato dalla propria madre, che poi diverrà scomoda nel momento in cui si è rimorchiato la ragazza di turno, passando, poi, per il grande swing delle big band con Frank Sinatra e “Fly Me To The Moon o una “Stormy weather” eseguita in Do, senza toccare i tasti neri sulla melodica, tradendo quel La Bemolle originale voluto da Harold Arlen, sino a quello splendido “Simil Jarrett” eseguito da Arturo Valiante alle tastiere.

La conclusione ci ha fatto riflettere sull’arte come “l’ultima illusione”, con un occhio sull’importanza dell’immaginazione e della fantasia nel dare senso alla vita, affrontando le nostre paure e desideri attraverso la creatività. Questo approccio sottintende che, anche in un mondo intriso di complessità e contraddizioni, la ricerca di bellezza e verità e l’invito a tutti a mettere le mani su di uno strumento musicale per riuscire a mettere almeno una nota giusta nell’armonia di un pezzo, deve rimane un obiettivo fondamentale, senza mai vergognarsi, di “tornare a casa” dondolando, con quel motivetto in testa “Tuf.. Tu-tuf.. Tu-tuf.. Tu-tuf.. Tu sei come una foca che con la vita gioca….”.