Le parole sono state belle e impegnative, a prova di un lavoro incessante e di una dedizione continua. Sono state pronunciate, nei giorni scorsi, durante la riunione tra la Commissione Cultura/Ambiente e l’Assessora alle Politiche Sociali per l’individuazione di una nuova sede per la Biblioteca di Villa Carrara. Si è letto che tutti erano “al lavoro con le modalità di sempre: concretezza, stretto contatto con le realtà e istituzioni del territorio, dialogo costante e costruttivo con la cittadinanza. Un modus operandi all’insegna dell’impegno e del fare. Andiamo avanti così”. Davvero belle parole. In verità, il fallimento della gestione della Biblioteca-Emeroteca induce a ritenere che le “modalità di sempre” non siano state idonee a produrre risultati apprezzabili. Peraltro, le ultime notizie non sono confortanti e disvelano situazioni nascoste davvero inquietanti. Se, così fosse, non ci potrebbero essere più alibi, né per i membri della Commissione Cultura e Ambiente né per l’Assessora alle Politiche Sociali alla quale, forse per disperazione, era stata affidata la gestione della Villa.
Nei giorni scorsi, il Primo Cittadino ha dichiarato che l’ipotesi su cui si sta lavorando è solo quella che prevede il trasferimento dei 13.000 volumi in una struttura a Fratte, da riqualificare e ristrutturare, poiché l’altro immobile prospettato, l’ex Museo del Falso, è ‘occupato’ dal Settore Urbanistica. A quanto si dice, salvo ogni errore, sarebbe lì depositato il plastico del Crescent acquistato dal Comune al prezzo di € 12.000 nel 2017. Del resto, stessa cosa è stata fatta, altrove, con il modello della Cupola di Michelangelo. Ha detto, poi, che il vero problema, in questo momento, è quello del luogo nel quale ‘stoccare’ i volumi. Su questo aspetto, l’Enciclopedia Treccani può aiutarci a capire meglio. Lo ‘stoccaggio’ è: “L’operazione di immagazzinare e conservare in un deposito…merci, materie prime, prodotti intermedî o finiti…; s. del grano; s. dello spumante, il periodo durante il quale le bottiglie di spumante, ottenuto con metodo champenois, sostano in cantina per la presa di spuma; serbatoi di s., in particolare, per il petrolio e la benzina; etc.”. In sostanza, lo stoccaggio non può coesistere con l’utilizzo del bene, ma è preliminare ad esso. Quindi, stoccare i libri significa che non ne è consentito un agevole e contemporaneo consulto. Così, quei volumi potrebbero essere semplicemente accantonati in attesa del completamento della nuova sede. Ovviamente, se nel frattempo qualcuno di essi dovesse perire e qualche altro essere mangiato dai roditori, sarebbe un disgraziato incidente di percorso. Del resto, è comprensibile che una certa percentuale dei 13.000 volumi possa andare perduta. E, allora, una domanda è naturale: “ci sono persone in grado di fare uno stoccaggio accurato in un immobile sicuro”? Perché, se fatto alla ‘carlona’, di quei volumi neppure resterà il ricordo. Qui, però, è opportuna una precisazione. In un amaro commento pubblicato dalla dipendente incaricata, per oltre 41 anni, del funzionamento della Biblioteca, si legge che nel corso della trattativa con l’Ordine Militare di Malta, proprietario della Villa, si sarebbe parlato esclusivamente della ‘liquidazione’ del comodato, senza progettare alcuna alternativa credibile. In altre parole, e facendo salvo ogni errore, l’Ente avrebbe avuto solo l’obiettivo di ‘liberarsi’ della gestione. In merito, sempre leggendo il commento, si apprende che il pensionamento del personale, senza sostituzione, aveva fatto venir meno le competenze necessarie a gestire il luogo culturale. E, allora, qualcuno dovrebbe spiegare giacché, se davvero la volontà fosse stata quella di eliminare un ‘fastidio’, le belle parole della Commissione e dell’Assessora meriterebbero di essere definite almeno ‘ridicole’. Purtroppo, non c’è decisione, in Città, che non penalizzi la vera Cultura. Senza dimenticare che appare davvero anomala la presenza di una Commissione specifica in mancanza di un Assessore dedicato. Così, non stupisce che per Cultura si pensi in prevalenza a spettacoli più o meno buffi, alle commedie teatrali, dove qualcuno va a fare la ‘sfilata’, a manifestazioni fieristiche, a qualche presentazione libraria. In realtà, come è già stato detto abbondantemente, la vera Cultura è luce per le menti, è frutto di una ricchezza interiore che si coltiva nel tempo e si esprime per trasmetterla soprattutto ai giovani perché siano più consapevoli, più liberi, più civili, più ‘umani’. Per questo, sottrarre libri e manoscritti alla consultazione costituisce una effettiva privazione del diritto della Comunità alla trasmissione della conoscenza ed è assimilabile agli incendi delle biblioteche e dei Templi che consentivano ai vincitori di assumere il potere sui vinti distruggendone le radici e calpestandone le anime. Per dare un futuro alla Cultura, non servono le belle parole. Ci vogliono scelte e azioni concrete, ammesso che ci sia la possibilità di farle, perché in Città ci sono valide soluzioni alternative al capannone di Fratte e al sottoscala del Museo del Falso. Basterebbe discuterne. Ma, se tutta questa vicenda fosse l’esito di precise volontà di ridimensionamento degli impegni e delle spese, allora, per favore, risparmiate le belle parole che, in fondo, possono essere interpretate come una presa in giro. Sulle rovine della Cultura, non si può scherzare. Anzi, sempre per favore, cambiate pure il nome alla Commissione. Si può tranquillamente togliere la Cultura e lasciare solo l’Ambiente. Magari, si potrà fare meglio e di più a tutela della salute dei cittadini. Perché, anche in questo, il ‘modus operandi’ di sempre sembra non aver prodotto risultati concreti.
*Ali per la Città