Un baritono Barone: Carlos Almaguer - Le Cronache Spettacolo e Cultura
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Un baritono Barone: Carlos Almaguer

Un baritono Barone: Carlos Almaguer

Per chiudere l’anno pucciniano ci sarà uno Scarpia d’eccezione al Teatro dell’Opera di Tirana: il cantante messicano nel ruolo prescelto impreziosirà il cast di Tosca, insieme a Krassimiryra Stojanova e Saimir Pirgu. Siamo arrivati ​​al maestro durante le prove, prima di aspettare fino al 6 novembre.

Di Olga Chieffi

“Il timbro del baritono è quello più difficile da trovare ed educare – soleva ripetere mia nonna Olga, nel corso delle riunioni serali in salotto, durante le quali si suonava, si poetava, si organizzavano stagioni musicali, mostre, cercando di arricchire la vita culturale di quella piccola città fatta a misura d’uomo, la Salerno dei primi anni del secolo scorso -, la voce di baritono ha un fascino tutto particolare poiché si pone tra il registro del tenore, all’ eterna ricerca dell’acuto e quello scuro e profondo del basso”. La nonna aveva avuto la fortuna di ascoltare i grandissimi Gino Bechi, Ettore Bastianini, Tito Gobbi, Titta Ruffo, Giuseppe Taddei, non aveva che l’imbarazzo della scelta, come non rimanere affascinati dal carisma  di Taddei, così versatile da essere un punto di riferimento sia nei ruoli comici che in quelli più marcatamente drammatici, o l’istrionismo di Paolo Montarsolo e di Enzo Dara, o l’arte finissima di Sesto Bruscantini e di Renato Capecchi fino a Renato Bruson o al basso-baritono Ruggero Raimondi. Ad interpretare Scarpia all’Opera nazionale di Tirana dal 6 al 9 di novembre è stato ingaggiato l’esperto Carlos Almaguer, una vita sulle scene e centinaia di interpretazioni nei teatri di tutto il mondo. Possiede un magnetismo ed una presenza scenica invidiabili e, quanto a vocalità è tuttora insuperabile interprete in grado di restituire per intero al repellente personaggio la sua diabolica cattiveria. Lo abbiamo incontrato nel corso delle prove della Tosca che chiuderà il tributo dell’ Opera Nazionale d’Albania al centenario pucciniano che vedrà il famoso baritono messicano al fianco di Krassimira Stoyanova e Saimir Pirgu, diretti da una delle massime bacchette pucciniane internazionali il Maestro Jacopo Sipari di Pescasseroli.
“Bigotto satiro che affina/colle devote pratiche/la foia libertina/e strumento al lascivo talento/fa il confessore e il boia!” Maestro, il suo Scarpia quanto è simbolo del male e quanto raffinato barone?
Le dirò che questo personaggio è meraviglioso e lo amo perché ha tutto, per me Scarpia è un uomo che controlla tutto e tutti e non ha bisogno di usare le mani per fare del male, solo con lo sguardo dà l’ordine e annienta e, ovviamente, è un uomo dominante e pretenzioso, ma pur sempre un barone, il quale con la calma necessaria ottiene sempre ciò che vuole, finché non appare Tosca che lo annienta fisicamente, ma mai in partitura”.
 Da quanto canta il ruolo del famigerato Barone? Ricorda la sua prima volta?
“Se ricordo bene, ho debuttato il ruolo nel ’98 e se non sbaglio a Pamplona al teatro Gayarre alternandomi con il mio maestro, il baritono Vicente Sardinero, un grande cantante spagnolo e ovviamente l’ho perfezionato nel corso degli anni, anche se dirò, e credo, che questo da questo personaggio non si smette mai di imparare, perché ha una psicologia molto particolare e da lui e ci si deve calare sempre più nel ruolo”.
Ogni volta è diverso il suo Scarpia?
“Certamente. Ogni qualvolta si apre e si riprende uno spartito, ci si trova sempre qualcosa di nuovo. Personalmente cerco sempre di dare al Barone un tocco diverso, naturalmente anche a seconda della messa in scena”.
Quanta attenzione alla parola deve avere l’interprete di Scarpia, quali le caratteristiche del canto ha piacere sottolineare?
“Ebbene, Puccini ha scritto la musica perfetta per quest’opera e per Scarpia è fantastica, pensando che lui è un signore e sa stare quando vuole e dove vuole, con il suo potere politico e l’essere tra l’altro un difensore della legge, può ottenere ciò che vuole nel momento e quando vuole, vive un mondo di cui crede di essere Signore? La parola deve andare a sottolineare l’ipocrisia, la trappola, una fede usata a scopo del male, approfittarsi degli altri e annientarsi o innamorarsi in nome di Dio. D’altra parte il baritono non è eroe è subdolo, agisce nell’ombra e la dizione e il colore della pronuncia incide molto”.
 In questa regia classica come interagisce con regista e direttore d’orchestra? In effetti è Scarpia il protagonista, dalla prima all’ultima nota in partitura.
“Con il direttore musicale va tutto bene perché ci intendiamo a meraviglia, poiché con il Maestro Jacopo Sipari di Pescasseroli, che ringrazio per questo invito a rappresentare il mio Barone Scarpia, che amo tanto, abbiamo già lavorato in diverse Tosche e in numerosi teatri europei e con la regista Manu Lalli, anche perché entrambi consapevoli della mia esperienza e mi lasciano piuttosto libero nel canto e nella recitazione”.
 Come si è avvicinato alla musica e all’opera? I suoi Maestri? Da quale voce delle generazioni precedenti è ispirato?
“Naturalmente con il maestro Giuseppe Taddei, quindi, Cornell MacNeil, poi vennero molti altri grandi baritoni del passato, ma vi dirò che sono stati tutti per me fonte di ispirazione per affrontare questo personaggio molto difficile”.
 Quali sono i ruoli che “sente” maggiormente?
“Amo Puccini e logicamente al grande padre Verdi dirò sempre, insieme a Dio Padre”.
Quale il personaggio che desidererebbe ancora debuttare?
“Non so, pensavo ad un passaggio al buffo, mi piacerebbe cantare Dulcamara dell’Elisir d’amore e magari Falstaff”.
Potrebbe anticiparci i suoi prossimi impegni?
“In realtà con la pandemia, molti contratti sono stati cancellati, ma si sta riprendendo bene.
L’anno prossimo canterò il mio personaggio per eccellenza in Cile, Scarpia, con una compagnia privata con cui lo scorso anno ho interpretato Rigoletto e in aprile al teatro Cilea in Italia per Aida, in cui sarò Amonasro. Lei m’intende?”