“Natale è spalancare le porte a Cristo”, la lettera dell’Arcivescovo di Salerno Moretti - Le Cronache
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“Natale è spalancare le porte a Cristo”, la lettera dell’Arcivescovo di Salerno Moretti

“Natale è spalancare le porte a Cristo”, la lettera dell’Arcivescovo di Salerno Moretti

Ecco di seguito la lettera che Sua Eccellenza Mons. Luigi Moretti ha inteso donare ai fedeli dell’arcidiocesi salernitana in occasione del Santo Natale 2014.

«Miei cari amici, anche quest’anno il Signore ci dona la grazia di attraversare insieme il tempo dell’Avvento. Sono giorni pervasi da un’atmosfera particolare, piena di emozioni, densa di speranze, carica di attese. In questo clima si colloca anche questa lettera che ormai tradizionalmente indirizzo in segno di paterno affetto a ciascuno di voi. Quest’anno, pensando a un’immagine biblica che ci accompagnasse nel cammino di preparazione al Natale, ho scelto il versetto dell’Apocalisse «Ecco, sto alla porta e busso» (3,20°), perché potesse indicarci la strada diretta a Betlemme, il sentiero interiore verso una più profonda comprensione del Mistero che stiamo per celebrare.
varco ha riaperto all’uomo speranze e orizzonti che gli erano ormai preclusi.

Egli, vero Dio e vero uomo, entra nelle pieghe della nostra esistenza per condividere con noi l’affascinante cammino della vita, per liberarci dalle tenebre delle nostre paure e donarci il chiarore della sua luce. In Cristo si è definitivamente manifestata la fedeltà, la misericordia e la tenerezza del Padre celeste che porta la salvezza a tutti gli uomini (cfr. Tt 2,11). Nel piccolo Gesù contempliamo l’Amore totale e sconfinato di Dio che s’incarna e viene a porre la sua dimora in mezzo a noi. Nel Bambinello l’onnipotenza prende le sembianze della debolezza, l’immensità quelle della piccolezza, la ricchezza divina quella della povertà umana. Come è bella e commovente quest’immagine! Egli viene nel nostra realtà, non in un mondo immaginario ed evanescente. Immergendosi nella nostra umanità, il Salvatore bussa alla porta della storia, la nostra storia, quella segnata da gioia e bellezza, da limiti e drammi, solidarietà e prepotenza, egoismo e bontà.

Il Natale è la festa dell’incontro tra Dio e l’uomo! Inviato dall’amore del Padre, Cristo viene incontro all’umanità scegliendo un varco umile, una grotta povera e fredda, una mangiatoia della periferia emarginata e desolata d’Israele. Immersa nel silenzio che culla dolcemente il Mistero, quella grotta è diventata la dimora della povertà che salva. Quel Egli bussa alle porte della nostra esistenza! Non butta giù la porta ma aspetta che chi lo conosce gli apra dal di dentro. Gesù oggi si presenta anche alla nostra porta … E noi che facciamo? Gli apriamo? Un crescente senso di insicurezza e di diffidenza ci spinge a trincerarci, a blindare le porte, a porre sistemi di vigilanza, video-camere di sicurezza. Temiamo l’estraneo che bussa all’uscio della nostra casa. Quella porta chiusa è una metafora che spiega le dinamiche del mondo di oggi. Non si tratta di un mero dato sociologico, è piuttosto un fenomeno esistenziale che incide su uno stile di vita, su un modo di porsi di fronte agli altri, soprattutto di fronte al futuro.

Anche la porta di casa mia forse è chiusa: il luogo della mia intimità, dei miei sogni, delle mie esperienze di dolore così come delle mie felicità, è precluso agli altri. Sono sempre meno coloro che possono varcare la soglia della mia vita, del mio cuore. Una porta chiusa ci esclude, ci fa male, ci blocca, ci separa. La porta aperta invece manifesta la volontà di accoglienza, di disponibilità: è generalmente segno di calore, di amicizia, di gioia, di libertà e di fiducia. Aprire è conseguenza del riconoscere in colui che bussa una voce familiare. Aprire e invitare a entrare si trasformerà allora in un gesto spontaneo. Così sarà anche con Cristo! Riconosciamo la sua voce come a noi familiare? Vi confido che qualora decidessimo di aprirGli, basterà lasciarGli anche solo uno spiraglio e Lui entrerà, si siederà a tavola con noi per sentire la fatica e il sudore dei nostri sacrifici, per ascoltare l’eco della speranza che ancora risuona nella nostra quotidianità.

Seduto accanto a noi il Signore potrà raccogliere l’amarezza che ci procura l’indifferenza delle relazioni, e potrà gustare il sapore intenso di una fiducia che non desiste nel credere. Gesù percepirà la fame che abbiamo della Sua giustizia, la sete della Sua pace a cui anela il nostro spirito. Il Suo avvento nella nostra casa porterà la bella notizia che ciascuno di noi è raggiunto da un Amore immenso: un amore che riscalda il cuore, un amore che debella il pessimismo, un amore che disarma l’egoismo, un amore che risana le ferite, un amore che consola e che riaccende la speranza. E Gesù questo amore non ce lo fa solo conoscere, ma ce lo dona, ce lo comunica. Se lo accogliamo, quest’amore ci trasformerà l’esistenza: il nostro essere, i pensieri che ispirano il nostro agire, le relazioni che tessiamo, le responsabilità che abbiamo. Perché ciò accada, il Signore chiede a ciascuno di noi – e lo dico innanzitutto a me stesso – di eliminare dalla nostra vita tutto ciò che non aiuta gli altri a volerei bene, di smussare le asperità nelle relazioni, di addolcire parole e gesti, di allenarci alla pazienza, anche quando siamo messi a dura prova dalle circostanze avverse.

Qualcuno di voi si starà chiedendo: ma come è possibile oggi, in tempo di crisi e di conflitto sociale, coltivare ancora questa speranza? La domanda non è retorica! Avvertiamo tutti, io come voi, i segni di una crisi che non lascia tregua e che si sta prolungando oltre il previsto e il dovuto. Le difficoltà e i problemi entrano nelle case di ognuno sotto varie specie e forme. Nelle case dei poveri e di chi già sperimenta situazioni di vita difficoltosa, esse hanno un impatto devastante, giungendo persino a minare ogni sicurezza. Lo vediamo in quelle famiglie dove all’improvviso è venuto a mancare il lavoro, oppure dove il reddito raggiunge le soglie dell’indigenza. Tutto ciò è destabilizzante! In molte famiglie manca la serenità, è scomparso il sorriso. Le relazioni diventano sempre più tese. Non occorre andare dall’analista per risalire alle cause di questo disagio.

Durante il Sinodo sulla famiglia recentemente conclusosi, i Vescovi hanno fotografato nitidamente le difficoltà che assillano la vita familiare: la grande sfida della fedeltà nell’amore coniugale; indebolimento della fede e dei valori, individualismo, impoverimento delle relazioni, stress di una frenesia che ignora la riflessione. Cristo non ricusa di bussare pure alle porte di queste case. Anzi, le predilige! Egli desidera ardentemente incontrare e visitare le famiglie che le abitano. Può capitare che molte famiglie chiudano le porte a Cristo per indifferenza nei suoi confronti, perché presumono di essere autosufficienti, cavandosela autonomamente. Ritengono insomma di non aver bisogno di Dio. In questi casi c’è poco da fare: se l’uomo non vuole essere raggiunto dall’amore di Cristo, Cristo rimarrà inerme di fronte al suo rifiuto, non lo forzerà.

Il più delle volte, però, le porte rimangono chiuse non per mancanza di fede, ma per altri motivi. Ad esempio, perché possiamo pensare di non essere pronti, forse di non essere capaci o addirittura degni di ricevere un Ospite di tale importanza come Gesù. E avviene così che ci chiudiamo per paura nei confronti del Signore. Ci comportiamo con Lui come solitamente facciamo con ospiti inattesi che bussano alla nostra porta: ci imbarazziamo se in casa non è tutto in ordine. Pensiamo: «cosa diranno poi di noi?». Gesù vuole entrare nelle nostre famiglie non per trovare tutto in ordine, bensì per fare ordine.

È una tentazione, mimetizzata sotto un falso sentimento pio, quella che ci fa tenere la porta chiusa a Cristo, col pretesto che la nostra casa, la nostra famiglia non è pronta o degna per accoglierLo. Gesù non bada a questo! Egli è alla porta e bussa: sa bene chi e cosa c’è dentro quella casa. Conosce a perfezione tutti i membri della famiglia, con i loro aspetti positivi ma anche con i loro difetti. Gesù conosce ciò che c’è nel cuore di ogni uomo (cfr. Gv 2,25). Il Signore – ribadisco – non desiste e bussa lo stesso, non si tira indietro. Non scarta, anzi viene a cercare soprattutto la famiglia smarrita, quella confusa e disorientata, quella abbandonata e disperata.

Miei cari amici, quante nostre famiglie, oggi, si sentono in una notte fredda, senza il calore di rapporti umani autentici e profondi, di quelli che scaldano il cuore e rendono la vita bella e saporita, anche nelle difficoltà? E se oggi mancano tali rapporti, se siamo – anche all’interno delle nostre famiglie – così individualisti e persino egoisti, il motivo non è forse che non avvertiamo più nel cuore il desiderio di attendere Gesù? E visto che non lo aspettiamo, quando arriva neanche percepiamo il suo bussare. L’esperienza pastorale maturata negli anni del mio sacerdozio mi permette di affermare con certezza che la crisi dell’uomo moderno, la crisi della famiglia, è in fondo una crisi di accoglienza. E prima di essere crisi di accoglienza del prossimo, è crisi di accoglienza di Cristo.

Rivolgo allora un appello a tutte le famiglie, perché tornino a riconoscere la insopprimibile centralità di Gesù per la loro vita, senza vergogna e falsi pudori. Solo Gesù si fa vero compagno nelle sofferenze e difficoltà delle nostre famiglie e solo Lui è davvero in grado di aiutarci. Solo con la forza che viene da Lui potremo poi diventare a nostra volta misericordiosi per i fratelli che arrancano nell’incedere lungo il cammino della vita. Miei cari fratelli nel Signore, la lucida onestà con cui dobbiamo guardare il nostro presente non deve rubarci la speranza. Fondati su Gesù, noi continuiamo a guardare al futuro con gioia. Non perché presumiamo di essere capaci di costruire con le nostre forze un mondo migliore, ma perché abbiamo la certezza nella fede che Gesù non ci abbandona, mai! È questo il vero motivo che è a fondamento della nostra gioia e della nostra speranza.

Auguri di cuore, miei cari fratelli! Auguri di ogni bene e pace, carissime famiglie! E il mio augurio è questo: che possiate in questo giorno santissimo aprire la porta e lasciare entrare la luce del Bambino Gesù. C’è la sua piccola e santissima mano che sta bussando alla porta di casa vostra: chi avrà il coraggio di lasciare fuori quel Dio che si è fatto neonato e che ora, proprio ora, vuole venire a stare in mezzo a noi? Non ci chiede che il calore della nostra casa lo riscaldi: è Lui che porta a noi il vero calore, quello dell’amore autentico. La Vergine Maria e San Giuseppe, suo Sposo, intercedano e sostengano tutti noi nell’annuncio e nella testimonianza della profezia del Natale».

Mons. Luigi Moretti