di Antonio Manzo
Ci risiamo. Lo scontro politico e magistratura è di nuovo in piena eruzione. Se mai di fosse fermato. Ma c’è una lezione politica e costituzionale che arriva da Marcianise dove nacque Salvatore Lener, giovane avvocato, figlio di magistrato, poi diventato gesuita che nel novembre 1947 su Civiltà Cattolica pubblicò un saggio da titolo significativo sulla imparzialità del giudice. Le parole del gesuita Salvatore Lener che scrisse su «La Civiltà Cattolica» sono riprese in queste ore come una lezione costituzionale. Scrisse padre Lener: «L’imparzialità del giudice non è soltanto una condizione per la migliore amministrazione della giustizia, non è una mera qualità dell’organo giurisdizionale; ma è l’elemento che definisce semplicemente la stessa natura intorno alla funzione giurisdizionale nei confronti delle altre funzioni sovrane e, particolarmente, di quella esecutiva». Siamo nel 1947 e Nel Paese si dibatte allora, con passione civile, sulla definizione dei principi e delle regole che si sarebbero tradotte, alla fine di quell’anno, nella nascita della Costituzione repubblicana. Uno dei passaggi dell’ordinamento, fissati nella Carta costituzionale, riguardava specificamente il ruolo della magistratura, alla quale veniva affidata la funzione di esercitare la giustizia, nel rispetto delle leggi, in autonomia rispetto al potere politico. Talvolta il lavoro dei magistrati è sconfinato nel terreno della politica e, nel contempo, da parte di alcuni governi (in particolare di alcuni partiti) si è assistito alla volontà di mettere il bavaglio al compito della magistratura Talvolta il lavoro dei magistrati è sconfinato nel terreno della politica e, nel contempo, da parte di alcuni governi (in particolare di alcuni partiti) si è assistito alla volontà di mettere il bavaglio al compito della magistratura. L’articolo di padre Salvatore Lener, pubblicato proprio nei giorni della stesura dell’articolo 104 della Costituzione sulla magistratura, irruppe nel dibattuto parlamentare dei costituenti tanto che fu lungamente apprezzato nel corso dell’intervento del deputato Antonio Romano del gruppo democratico cristiano, nato ed eletto a Grottaminarda. Romano nel corso dell’intervento in aula dell’11novembre 1947, cioè pochi giorni dopo la pubblicazione, elogiò lungamente le parole di padre Lener che chiamava i costituenti a riflettere sui rapporti che intercorrono tra magistrati e sistemi politici, e più in generale tra giustizia e potere. La lucida analisi del gesuita del 1947 sembra risuonare come una lezione nell’attualità dello scontro politica magistratura di queste ore, che portano a fomentare contrapposizioni sempre più aspre, le quali hanno oltrepassato sovente il limite di guardia. È innegabile che la delegittimazione del ceto politico è stata facilitata e alimentata dalle reiterate vicende che hanno portato sui banchi degli imputati esponenti, a volte di spicco, del ceto politico nazionale e locale. Circostanza che ha fornito valore sistemico all’azione dei magistrati. È, invece, esploso il finimondo: I magistrati vogliono far entrare in Italia cani e porci, i magistrati debbono attuare le leggi del parlamento: queste le prese di posizione scagliate nell’area mediatica. Che lasciano intendere una certa resistenza governativa a misurarsi con i meccanismi delicati di una democrazia costituzionale. La lezione che scrisse padre Lener ben 78 anni fa è di una sconcertante attualità. Lener fu uno dei più accreditati “scrittori” (cioè giornalisti) della rivista La Civiltà Cattolica proprio negli anni fondativi della Repubblica a partire dall’ approvazione della Costituzione che mandava in soffitta lo Statuto albertino e chiudeva definitivamente i conti col regime fascista. Importante fu il ruolo dei padri gesuiti italiani, in prima fila padre Salvatore Lener. Nel dibattito del tempo sui principi della Costituzione nel dibattito tra gesuiti e costituenti cattolici ci fu un prezioso gioco di squadra fatto di incontri e scontri, di critiche anche dure e apprezzamenti nel quale a fare da trait d’union tra Pio XII, quell’area cattolica di destra che faceva capo al movimento «Civiltà italica» di monsignor Ronca (dai quali la Dc era accettata come il «male minore» per governare il Paese) e i costituenti cattolici – Dossetti, La Pira, Moro in testa – che si richiamavano al personalismo di Maritain, furono i padri gesuiti della rivista a partire dal direttore padre Giacomo Martegani. Fu anche ottenuta l’approvazione dell’articolo 7 della Costituzione che riconosceva i patti lateranensi con una rilettura degli articoli dei padri Messineo, Lener, Bruccoleri e Oddone. I gesuiti italiani, in prima fila padre Salvatore Lener, esaminarono e produssero per conto del Vaticano ben tre bozze di Costituzione (la prima «desiderabile» per la Santa Sede, la seconda «accettabile», la terza «tollerabile» che doveva contenere però una serie di garanzie per la missione e la presenza della Chiesa in Italia), con il pericolo per la Chiesa, soprattutto se avesse vinto (come era possibile) le elezioni del 1948. Anche il voto favorevole espresso da Togliatti sull’articolo 7 fu giudicato da padre Salvatore Lener «un opportunistico voltafaccia», un voto politico per confondere l’elettorato. Faceva insomma parte della doppiezza comunista, e per di più non era stato determinante. Padre Salvatore Lener proprio per la sua profondità teologica e storica fu chiamato a far parte della commissione vaticana che trattò la rivisitazione negli anni Ottanta (presidente del Consiglio Craxi) dell’accordo sul nuovo concordato firmato da Craxi e l’allora segretario di stato vaticano cardinale Agostino Casaroli. Dietro il grande prelato diplomatico della Chiesa del Novecento ci fu anche la sapienza di padre Salvatore Lener, gesuita e illustre cittadino di Marcianise.