di Aldo Primicerio
Mario è il mitico Draghi, Sergio è il nostro grande Presidente Mattarella, Christine è la Lagarde, sullo scranno di presidente della Bce, oggi la donna più potente del vecchio continente. Li chiamiamo per nome perché sono ogni giorno parte della nostra vita. Ognuno con il suo immenso background culturale ed esperienziale in questi giorni ha disegnato l’Europa che verrà. Uno sforzo necessario ed urgente, a cui ognuno di noi deve guardare con attenzione, perché riguarda noi tutti, i nostri figli e quelli che verranno. Ammirazione e chapeau per tutti e tre. Ma le perplessità non mancano, secondo il nostro pensiero che spiegheremo tra breve. Partiamo da un assunto condiviso: il futuro dell’Europa sembra caratterizzato da un mesto declino. Innanzitutto demografico, perché attraversata da una grave denatalità, e poi economico.
Il futuro per l’UE disegnato da Draghi, a metà tra Usa e Cina, fondato sulle armi, una sorta di militarismo american-marxista
Di Mario abbiamo letto e sentito dal cospicuo rapporto sulla competitività. L’UE è onestamente in grande frenata da alcuni anni. Ed allora che fare? La proposta di Draghi è apparsa semplice e complessa. Per riconquistare il ruolo di protagonisti del pianeta, bisogna fare come, anzi, meglio dei nostri concorrenti, cioè Cina e Stati Uniti. Meglio in cosa? Nell’investire di più, puntando su settori e beni avanzati, cosa che in Europa non si fa da tempo. Ma per farlo, occorrono molti soldi. 800 miliardi ha calcolato Draghi. Dove prenderli ed in quale direzione investirli? E poi, a quale modello ispirarsi, a quello cinese od a quello americano? Quello cinese non è mutuabile per l’Europa. Troppo collettivizzato, statalista, finanziatore delle imprese e quindi schiacciato sul sistema, come scrive il prof. Pomini dell’Università di Padova. Al modello americano, allora? Purtroppo, anche questo non va bene per noi. Al contrario di quello cinese, qui l’individuo, che prevale sullo Stato, è schiacciato non dal sistema ma dal mercato. Gli Usa non sono più l’Eldorado di un tempo, lì non si vive affatto bene come si crede. Gli americani hanno debiti con chiunque, con la sanità perché sono obbligati a polizze private dai costi elevati, con le scuole e le Università che a chi vuole studiare impongono rette stellari, con i padroni di casa perché negli Usa i proprietari dell’appartamento in cui si vive sono 6 su 10, mentre da noi in Italia sono quasi 8 su 10. Mario guarda agli Usa con invidia per la loro alta produttività? Sì, ma dov’è finita? Nelle mani di pochi, e Mario lo sa bene. Non ha prodotto mica una società migliore, anzi quella statunitense è sempre più diseguale. Ed allora? Noi europei dove ci collochiamo? Proprio nel giusto mezzo tra i due capitalismi estremi. E quindi? Traiamone tutti le conclusioni. Noi non stiamo poi tanto male, e quindi la decadenza disegnata da Mario è sì esatta, ma molto lenta e distante. Quale futuro disegna Draghi per l’Europa nel suo corposo rapporto? Quello americano, centrato su una forte spesa militare sorretta dal preminente sistema economico. Insomma, l’Europa come una roccaforte, una fortezza militarizzata. Ma occorrono 800 miliardi. Dove trovarli. E qui Mario pensa ad un debito comune spalmato su tutti i 27 Paesi membri. Come arrivarci? Con una forte stretta sulle spese sociali, una sorta di nuova austerity. In fondo, lui pensa, perché dovremmo avere la sanità gratuita e pensioni decenti? Secondo Mario tutto questo minaccia la produttività. Insomma un nuovo neoliberismo, con meno spesa sociale, meno freni per le imprese, meno imposte sui profitti. Proprio come negli Usa. Ci ha pensato Mario che l’Europa farebbe la fine degli Usa? Una democrazia, una libertà, una pace, però costruite sulle armi? Che, riflettiamoci, è quello a cui punta il governo Meloni, anzi lei, la Giorgia, lui il Matteo, ma non l’altro lui, il bell’Antonio, quel Taiani che si divarica ogni giorno di più dal governo.
E poi l’UE come la vede il nostro Presidente Mattarella. Democratica, concordata nei suoi vari gradi, e partecipata dai popoli
Il nostro amatissimo Sergio, come tutti sanno, è un giurista finissimo ed il migliore uomo di Stato nel nostro Paese. La sua visione dell’Ue, condivisa e paritaria, è bella e solare. Ma ci lascia perplessi. Davvero siamo alla pari e contiamo quanto Germania e Francia? Davvero noi cittadini partecipiamo alle decisioni dell’Ue, se poi solo 5 su 10 degli aventi diritto vanno a votare? E quindi davvero sappiamo tutto di quello che avviene a Bruxelles? Davvero l’Unione Europea è così democratica, con la sua struttura così diversamente intergovernativa? Davvero è così correttamente rappresentativa, se poi Commissari ed eurodeputati vengono eletti nei propri Paesi ma non in una euro-lista dai cittadini europei? E’ davvero così partecipata ed equilibrata se l’Ue si sovrappone ai singoli Stati e le sue decisioni sono inimpugnabili? E’, ci ripetiamo, davvero così democratica se poi le istituzioni elette democraticamente nei singoli Paesi sono poi assolutamente esautorate? Sono alcuni dei quesiti che si pone anche il saggista Enrico Grazzini. E che lasciamo sospesi, perché ognuno di noi, in libertà ed autonomia, possa riflettervi e darsi una risposta. In realtà, se ci pensiamo, quest’Europa non è mai stata davvero democratica, perché da sempre condizionata dalla diarchia Germania-Francia. Che oggi è però in grave crisi, con i suoi leaders Scholz e Macron pressati dalle estreme di destra e di sinistra. E con la Germania in piena recessione e non più locomtiva d’Europa, come scrive Roberto Iannuzzi, analista di politica internazionale. In Germania il buon Olaf è malvisto da più di tre quarti dei tedeschi. Nelle ultime elezioni nei lander, in Turingia, l’estrema destra di AFD è diventato il primo partito con il 33 per cento. E non diversamente è andata in Sassonia, altro land dell’ex- Germania Est. Ed attenzione, qui l’elettorato ha votato i partiti estremisti in segno di protesta contro l’austerity sociale ed il calo dei salari, proprio quello su cui punterebbe il Rapporto Draghi per l’Europa che verrà. Quindi, oggi viviamo in una Europa che ci appare per nulla democratica, per nulla rappresentativa, per nulla partecipata, se vi aggiungiamo anche l’assoluta indipendenza, da tutto e da tutti, della Banca Centrale Europea, presieduta dalla Christine Lagarde, la donna più potente d’Europa. In conclusione, assistiamo a tutto questo inneggiare agli Usa ed al suo modello proprio mentre Kamala Harris, forse il prossimo primo presidente donna degli Stati Uniti, guarda. paradossalmente a noi, al modello europeo, in particolare al laburismo britannico, sui due più grandi e scomodi temi del pianeta, l’immigrazione ed il costo della vita.