Sabino Cassese: Ecco la mia Salerno - Le Cronache Ultimora
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Sabino Cassese: Ecco la mia Salerno

Sabino Cassese: Ecco la mia Salerno

di Antonio Manzo

Il talento generazionale della seconda metà del Novecento e del primo Millennio di Sabino Cassese diventa un’autobiografia individuale del giurista che domani, martedì 3 settembre, esce per Mondadori. L’annuncia il Corriere della Sera con una anteprima del giurista che negli studi, nelle letture e negli incontri parla diffusamente di Salerno, la città che l’accolse dalla natia Atripalda, insieme alla famiglia, appena dopo un mese di vita. Il padre, Leopoldo anima fondativa dell’Archivio di Stato di Salerno e storico che avrebbe “dato voce ai documenti” gli insegnò, scrive, la <molta curiosità politica e forse anche un po’ di spirito archivistico>. Sabino Cassese certamente ricorderà l’episodio raccontato dal padre quando in una giornata degli anni Cinquanta si vide presentare all’archivio di Stato di Salerno un giovane storico con abbigliamento sportivo per il caldo. Era l’inglese Denis Mach Smith mentre Leopoldo Cassese stava insegnando ad un giovanissimo Antonio Cestaro (poi docente universitario a Salerno) la ricerca archivistica. Sabino Cassese nella sua autobiografia non racconta solo la nobile storia di una famiglia irpina, meridionale, ma compone un libro fondato sull’humor continuo che viene fuori dalle notazioni precise del suo lungo quotidiano vissuto. A 83 anni Sabino Cassese offre la sua autobiografia per rappresentare i valori veri della vita (studio, metodo di vita, serietà e coscienza come vocatio) che intende consegnare ai giovani del Mezzogiorno oggi, come ai suoi tempi, costretti a fuggire dal Sud. E tutto in un tempo difficile, e troppo trafficato da un aggregato di solitudini. Perché l’autobiografia di Cassese riparte dal senso fruttifero del valore comunitario come quando ricorda la sua esperienza di studente al liceo Torquato Tasso di Salerno, la frequentazione della libreria Macchiaroli a quel tempo un modello culturale nella “asfittica – scrive – vita culturale salernitana” del primo dopoguerra che si rianima anche per il vento che soffia nella competizione elettorale del 1948. Cassese ricorderà, al di là dei manifesti che riempivano la città e sollecitavano la sua curiosità, il ruolo delle classi dirigenti post fasciste, monarchiche, democristiane e comuniste e l’incisiva presenza della Chiesa salernitana nel contesto politico del tempo. Lui ora scrive la sua autobiografia dopo un’ultradecennale produzione di libri giuridici e politici ora erede di una storia umana che vuole, semplicemente ed umilmente, onorare Sabino Cassese parla così con con “poco rimpianto” della Salerno degli anni 40-50 mentre loda la città di oggi “rifiorita” dopo le immagini che lui ha stampato nella memoria del bambino di sette anni, in una città sventrata dai bombardamenti e lo sbarco degli Alleati. Lui, ragazzo di sette anni, scon la famiglia trovo posto nel rifugio della Prefettura di Salerno che era parallelo ad uno distrutto con tutti gli occupanti morti. Sui banchi del liceo Torquato Tasso, Sabino Cassese ricorda nell’autobiografia i suoi professori Luigi Guercio, un sacerdote che insegnava italiano e latino ricordato con una via a Salerno e dimenticato dalla Chiesa, la signora Amendola che faceva matematica e Carnine Coppola che lo iniziò al greco. Tra i compagni di classe ricorda Enzo Barba, che sarebbe diventato, nonostante la povertà familiare del tempo, un docente universitario, e poi Enrico Vignes, giovane nato a Eboli e sacerdote per decenni a Salerno. fu in quegli anni che sabino cassese partecipò all’esperienza del “giornale parlato” (uno dei mezzi della comunicazione politica dell’epoca) alla libreria Macchiaroli di Piazza Malta. Fu un’iniziativa interessante. Sabino fu condotto alla libreria Macchiaroli dal fratello Antonio, poi docente di diritto internazionale all’Università di Firenze e presidente del Tribunale internazionale sui crimini di guerra in Jugoslavia. Nel 1952 Sabino Cassese s’iscrisse alla Normale di Pisa Vinse il concorso e così fece le valige per la Toscana. E il trasferimento in un’altra regione d’Italia era molto più difficile di adesso perché la differenza di accento pesava, la tv non c’era ancora e non aveva contribuito, come poi disse Tullio De Mauro (cognato di Sabino Cassese e docente all’università di Salerno) , a creare un linguaggio omogeneo nel Paese. Ed ora dice: Salerno è una città che apprezzo e che amo, ma mi sento un cittadino d’Italia.