di Aldo Primicerio
Corruzione e malaffare? “Con un governo di destra al potere vedrete, sarà tutta un’altra cosa”. Così si disse e si scrisse un anno e mezzo fa, mentre la coalizione Fdi-Lega-FI nell’ottobre 2022 occupava le Camere ed entrava a Palazzo Chigi. Poi un mese fa, a febbraio, l’amara realtà dall’ultimo rapporto, quello del 2023, di Trasparency International, l’organizzazione non governativa che studia la corruzione, e non solo politica, nel mondo: e cioè che siamo rimasti inchiodati all’identico punteggio del 2022, il 56, lontanissimi dai Paesi più avanzati dell’Europa e del mondo. Significa che nel primo anno di governo Meloni l’Italia non ha fatto alcun passo avanti in tema di trasparenza e di lotta al malaffare. Uno studio incontestabile, perché avviene sulla base di indicatori di 13 diverse fonti ineccepibili, come la Banca Mondiale, il World Economic Forum, le società di consulenza e di gestione del rischio. E’ un’analisi mirata alla grande corruzione pubblica, con una “percezione” quindi non dell’uomo di strada ma della comunità internazionale degli affari e degli investitori. Perché osserva e misura i casi di corruzione e di malaffare emersi in un Paese, la risposta giudiziaria, il quadro normativo, gli aspetti specifici come la protezione degli investigatori e dei giornalisti. L’indice non è necessariamente influenzato dal dibattito politico, altrimenti avremmo già avvertito gli effetti della riforma Nordio, che invece potrebbe farsi avvertire più avanti, quando e se andassero in porto alcune riforma annunciate, come quelle sulla magistratura, sulla declassazione di alcuni reati, sui paletti all’attività giornalistica. Senza contare la posizione del governo Meloni sui recenti dispositivi della Commissione Europea in tema di Green Deal, l’impegno di ridurre del 50% l’uso in agricoltura dei pesticidi chimici più pericolosi. L’eccesso di queste sostanze nell’ambiente è una delle principali fonti di inquinamento dell’aria, del suolo e dell’acqua, con un impatto negativo sulla biodiversità e sul clima. E l’Italia di Meloni? A Bruxelles ha votato contro, affiancandosi all’Ungheria, il Paese più vecchio ed arretrato in Europa. Perché su corruzione e malaffare l’Italia non migliora? Cosa è che non funziona? E mentre gli altri Stati hanno migliorato la loro condizione, l’Italia perde una posizione nell’elenco, occupando ora il 43esimo posto sui 180 Paesi nella classifica di Transparency: dodici mesi fa era 42esima. E guardiamo con tristezza mista ad invidia i Paesi di testa nella lotta alla corruzione, dove nella top ten ben 8 sono europei, con nell’ordine Danimarca, Finlandia, Norvegia, Svezia, Svizzera, Olanda, Germania e Lussemburgo. A influire sulla valutazione alcune questioni che continuano ad incidere negativamente sulla capacità del nostro sistema di prevenzione della corruzione nel settore pubblico: dalle carenze normative che regolano il tema del conflitto di interessi nei rapporti tra pubblico e privato, alla mancanza di una disciplina in materia di lobbying ed alle lentezze (un chiaro effetti delle pressioni) sull’aggiornamento del cosiddetto “registro dei titolari effettivi” per arginare il fenomeno dell’antiriciclaggio. Annullati i miglioramenti nel decennio 2012-2021. E nel governo si minimizza con il ministro Nordio: “Criteri non reali, parametri sbagliati, classifiche inattendibili…!”. Dopo un periodo di miglioramenti continui dell’ultimo decennio – cominciati con l’approvazione della legge Severino da parte del governo di Mario Monti e arrivati fino alla cosiddetta Spazzacorrotti varata dal ministro Bonafede nel governo di Giuseppe Conte (e poi cancellata dalla destra, con Renzi e Calenda, con il conseguente colpo di spugna sui processi), è evidente che l’Italia non riesce a migliorare nella lotta al malaffare. E nonostante le inaccettabili rassicurazioni di Nordio, l’Italia resta sempre lì, anzi peggiora. Per di più, è scoppiato addirittura un conflitto tra la casa madre di Trasparency e la sua filiale italiana, che invece vede un’Italia sempre più impegnata sul fronte della trasparenza. Tanto che l’International ha minacciato di sospensione la Trasparency Italia, dove c’è stata una fuga di dirigenti. Una brutta vicenda, di cui si occuperà anche il Tribunale Civile di Milano. Lo conferma la spaccatura nella sua dirigenza, con le dimissioni del vicepresidente Ferrario ed un suo ricorso, unitamente a sette tra consiglieri e soci di Trasparency Italia, appunto al Tribunale di Milano. E’ incredibile che un organismo nato in Italia con l’obiettivo di combattere dal basso la corruzione, sia poi diventato un luogo di guerre di potere e di silenzi imposti dal centrodx per evitare che l’indice di trasparenza tenga lontani gli investitori dal nostro Paese. Condividiamo, è chiaro, gli effetti deleteri del troppo chiasso, ma non siamo neanche d’accordo sull’indice davanti alle labbra per imporre il silenzio dall’alto. Gli errori, gli incidenti, gli svarioni del Governo e dei suoi ministri, che rivelano inadeguatezze ed impreparazione a governare. Le sfide di Giorgia al peggio che verrà Il primo incidente è quello con il suo ex Andrea. Non siamo d’accordo e contestiamo le critiche e gli sfottò dell’anno scorso alla nostra premier dopo la crisi con il suo compagno Giambruno. Non siamo in grado spesso di gestire le nostre relazioni personali, figuriamoci se sappiamo farlo con quelle degli altri. Se non sappiamo giudicare ed ironizziamo sulle vicissitudini di Giorgia che si lascia con Andrea, non è forse la conferma della nostra sciocca incapacità di osservare le donne e di raccontarle sui media e sui social? E questa è stata la prima sfida per la nostra premier. Che a molti di noi in fondo ce l’ha resa più simpatica. Poi – ricordate? – la figuraccia telefonica con i due comici russi capaci di apparire, ai suoi consiglieri dipolomatici ed a lei stessa, come i leader dell’Unione Africana. E poi l’imbarcata del ministro Schillaci, che condona il rifiuto di migliaia di medici no-vax, restituendoli tutti come se niente fosse ai loro incarichi di dirigenti ospedalieri. Una figuraccia, uno schiaffo agli oltre 49 mln di italiani che si vaccinarono . E ricordate la buca assurda del “cognato d’Italia”, il ministro Lollobrigida? Che prima vieta per decreto la produzione, la commercializzazione e persino la ricerca scientifica sulla carne coltivata, e poi è costretto a revocarlo perché contrario alle norme comunitarie? Il tutto a conferma delle spalle girate da questo governo alla ricerca, se la quota del Pil destinato alla scienza è sceso dall’1,5% del 2022 all’1% del 2023. E celo scordiamo il “Codice della Strada del ministro Salvini , dalle associazione delle vittime stradali ribattezzato “della Strage”? E l’ostinatezza con cui la Giorgia persegue l’obiettivo della pace tra Russia ed Ucraina fornendo armi a Zelenzky? In pratica preparando la pace con la guerra invece di prepararla con la pace? Ma il peggio deve ancora venire. Ci piomberà addosso con le riforme sulla giustizia approntate dal ministro Nordio. Con la separazione delle carriere dei magistrati, già separate di fatto, perché solo l’8% chiede di cambiare. Con il taglio ai fondi per le intercettazioni telefoniche, che sono invece in diminuzione di per sé da anni nel ministero che spende meno di tutti, ed il cui effetto sarebbe disastroso nel contrasto a mafia e malaffare. E poi con l’ultima trovata di sottoporre i giudici ai test psico-attitudinali. Cui il Procuratore di Napoli Gratteri ha reagito chiedendosi perché non si fanno anche a chi fa politica ed a chi governa, unitamente ai test periodici su alcol e droga.Perché ne vedremmo delle belle. Ricordiamocele tutte queste cose quando andiamo alle urne. Ed anche quando decidiamo di non andarci. Perché, per 6 su 10 di noi, l’andarci o il non andarci si equivalgono, fa lo stesso. Ma non è affatto così.