Per i De Luca è sempreed esclusivamente colpa del Governo - Le Cronache
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Per i De Luca è sempreed esclusivamente colpa del Governo

Per i De Luca è sempreed esclusivamente colpa del Governo

di Giuseppe Fauceglia
Si sa, la miglior difesa è l’attacco! L’intero sistema sanitario va male, il pronto soccorso di ogni ospedale (in particolare, quello di Salerno) somiglia ad un campo di battaglia, non vengono nominati primari ma solo facenti-funzioni (forse per consentire un qualche “scambio”?), si chiudono gli ospedali, soprattutto quelli che insistono in comuni “nemici”, i macchinari sono obsoleti o quando vengono acquistati hanno prezzi un tantino fuori mercato, ci sono lunghe liste di attesa: non è mai colpa sul super-straordinario-commissario della “sanità” in Regione Campania, ma è sempre ed esclusivamente colpa del Governo (qualsiasi colore esso abbia). La stessa musica è suonata, sia pure con note meno brillanti, dall’altro De Luca, l’on. Piero De Luca, che ieri sulle pagine di “Cronache” ha reso noto, urbis et orbis, che le colpe del dimensionamento scolastico sono da attribuirsi al Governo di centro-destra. L’onorevole dichiarante, che come me apparterebbe alla schiatta dei giuristi, dovrebbe, però, aver ben noti i passaggi legislativi, non dell’attuale Governo ma dei precedenti (2020-2021), che restano l’imprescindibile presupposto della normativa alla quale egli intenderebbe richiamarsi. Dimentica, cioè, che la Missione 4, Componente 1 del PNRR (“Potenziamento dell’offerta dei servizi di istruzione: dagli asili nido alle università”) prevede all’interno della Riforma 1.3 (“Riforma dell’organizzazione del sistema scolastico”) un nuovo disegno dell’organizzazione del sistema scolastico con l’obiettivo di fornire soluzioni concrete alla riduzione del numero degli alunni per classe e il dimensionamento della rete scolastica. L’ Allegato alla “Decisione di esecuzione”, con la quale il Consiglio dell’Unione Europea il 13 luglio 2021 ha definitivamente approvato il PNRR dell’Italia, ha vincolato il Governo all’adozione di parametri per il dimensionamento rapportati alla popolazione scolastica regionale, anzi ché alla popolazione dei singoli istituti. Il successivo Governo Meloni, dunque, per poter ottenere l’erogazione dei fondi comunitari si è visto costretto a dare piena attuazione alla “Decisione di esecuzione”, pena la perdita dei finanziamenti. Dunque, è completamente non veritiero l’assunto da cui muove il nostro, ovvero che, come al solito, la colpa è del Governo Meloni, così omettendo di considerare anche gli effetti della nota sentenza della Corte Costituzionale n. 223/2023, che, sul tema, ha richiesto, tra l’altro, la preventiva concertazione della Conferenza delle Regioni. Invero, il Governo in carica con la L. 29 dicembre 2022 n. 157, art. 1 comma 557, è stato costretto, a seguito dei vincoli europei, a fissare il limite minimo di alunni di ogni istituto scolastico in 900 unità; e il successivo Decreto interministeriale del 30 giugno 2023, n. 127 ha ritenuto di mantenere il limite minimo di 900 alunni, prevedendo, però, il limite massimo di 1.000. Per altro, al fine di non procedere nell’immediatezza ad una riorganizzazione capestro, il c.d. Decreto Milleproroghe, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 303 del 30.12.2023, ha concesso per il 2024 una deroga alle disposizioni di cui innanzi si è detto.
Veniamo, ora, a quanto adottato dalla Regione Campania, affidata all’altro, ma superiore, De Luca padre. L’on. De Luca Piero si lamenta che gli istituti scolastici che hanno subito tagli sono 127 nella Regione Campania, a fronte dei 24 in Basilicata ed 1 in Emilia Romagna. Questo è colpa del Governo o delle improvvide e singolari scelte della Regione Campania? Se fossero stati studiati, con la dovuta accortezza che si richiede ad un giurista-onorevole, i relativi atti delle Regioni citate, sarebbe emerso che le motivazioni da queste assunte risiedono nella tutela del clima relazionale con le comunità educanti nella loro funzione identitaria, nella razionalizzazione delle scelte secondo criteri di vicinanza territoriale tra gli istituti, nella aggregazione di istituti in cui erano presenti dirigenti e direttori DSGA a reggenza, cioè privi di dirigenti stabilizzati. Anche questa deficienza programmatica è colpa del Governo? Possiamo ritenere, ancora, che sia colpa del Governo, e non della inefficiente amministrazione del Comune di Salerno, e, per quanto riguarda l’istruzione, dell’assessore competente, l’aver superato il limite dei 1.000 alunni per ogni istituto, accorpando la scuola “Mari” con il lontano “Barra” (il tutto con circa 1.500 alunni)? Possiamo ritenere che sia colpa del Governo l’aver il Comune dimensionato con accorpamenti, un tanto fantasiosi, scuole con titolarità piena dei dirigenti e di DSGA ad altri istituti (magari di “amiche” che hanno festeggiato con brindisi queste meravigliose soluzioni)? Possiamo ritenere che sia colpa del Governo il fatto che l’assessore al ramo del Comune di Salerno ha ritenuto di non confrontarsi con tutti i dirigenti, sentendone alcuni, forse i più vicini all’amministrazione, con audizioni personali, magari in camera caritatis? Possiamo ritenere che sia colpa del Governo la circostanza che l’assessore al ramo non abbia sentito il dovere di prendere in considerazioni altre soluzioni, pure prospettate per salvaguardare il più possibile le autonomie scolastiche esistenti? Orsù, onorevole nostro, siamo convinti che lei resti il tutore del nulla amministrativo assoluto (quello che ormai caratterizza la città di Salerno), ma almeno una lettura, anche superficiale, degli atti e dei provvedimenti normativi mi pare sia da lei pretendibile, se proprio non vuole costruire un castello di “fuffa”, come dicono i giovani d’oggi. Comunità educanti, tutela degli interessi prevalenti delle famiglie, tutela degli insegnanti sbatacchiati tra plessi lontani, tutela della professionalità di dirigenti e DSGA con titolarità piena (dunque, non a reggenza) che sono costretti a trasmigrare, mentre altri festeggiano sulle spoglie dei “cadaveri”, mi pare essere un dovere civico di ogni buon amministratore, in assenza del quale – in un Paese normale – ci sono solo le strade delle dimissioni e della costrizione pubblica.