di Michelangelo Russo
È ufficiale! L’ex palazzina della pizzeria Carminuccio si trova in area coperta dal vincolo archeologico. Significa che, prima di assentire i lavori per la costruzione dello scatolone moderno, al posto della palazzina, il Comune doveva acquisire il parere della Soprintendenza ai Beni Culturali. Nessuno ha mai richiesto questo parere, e il comune, dove una pratica edilizia così appariscente non poteva passare inosservata, non si è curato di verificare l’esistenza del vincolo. È chiaro che i lavori di abbattimento sono stati illegittimi. Così come è chiaro che gli Uffici Comunali addetti all’Edilizia sono inadeguati al compito istituzionale. È una bella tegola che cade sul Sindaco Napoli, che è laureato in architettura. Ed è uno squarcio inquietante sui possibili risvolti e i possibili legami (e protezioni?) che parrebbero stare dietro a questa bruttissima faccenda. Adesso la frittata è fatta. Perché quei resti archeologici affiorati stanno visibili a tutti, a dimostrare la follia di un operato amministrativo inqualificabile. Ma andiamo al dettaglio: la mancanza del parere della Sovrintendenza non rende nullo il permesso di costruire il nuovo grattapone di Mariconda. Lo rende, come insegna il Consiglio di Stato, inefficace. Nel senso che non produce effetti, ma questo non toglie che i lavori di abbattimento effettuati (che fanno parte del progetto di ricostruzione assentito Illegittimamente) siano legittimi di conseguenza. No! Sono abusivi. E quando i lavori edilizi sono abusivi, che succede normalmente, nel territorio della Repubblica Italiana? Che vengono sequestrati! Sìssignore! È da presumersi che, ad horas, intervenga finalmente l’Ufficio del Pubblico Ministero con un decreto di sequestro probatorio. perché adesso le cose si mettono male, a nostro avviso, per i costruttori. Infatti, per loro, adesso, c’è un problema economico serio. Come stanno le cose, è ben difficile che i lavori proseguano, se arriva il sequestro: infatti, se volessero richiedere alla Sovrintendenza un parere in sanatoria per proseguire i lavori, dubitiamo che la Sovrintendenza possa concederlo. Perché la Sovrintendenza sicuramente conosce la giurisprudenza del Consiglio di Stato e della Cassazione. Per queste Corti Supreme il parere in sanatoria non è che non possa intervenire. Può esserci! Ma, attenzione, deve intervenire a bocce ferme! Ciò prima che il disastro edilizio avvenga. Ed infatti il parere in sanatoria presuppone ancora l’integrità dell’area sottoposta a vincolo. Ma quando l’area è stata manomessa, su che cosa va ad intervenire la sanatoria? Ci sarebbe una contraddizione in termini. Sarebbe come voler fare un intervento chirurgico di sanatoria della milza, per fare un esempio, dopo che l’organo è stato asportato. Oltretutto, il nuovo permesso di costruire andrebbe riproposto ex novo. Ma come si fa a presentare un piano casa di ricostruzione di una casa esistente quando la casa adesso non c’è più? La vediamo nera per gli imprudenti costruttori. Così come qualcuno, nelle stanze alte del Comune, dovrebbe forse iniziare a preoccuparsi. Se il vincolo era segnalato, e sicuramente a conoscenza degli Uffici Comunali, perché in tempi recentissimi nell’area di Mariconda attigua alla compianta “Carminuccio” grattaponi stanno spuntando come funghi? Possibile che i tecnici, validissimi, dell’Urbanistica non se ne siano accorti? Adesso la parola spetterà ai tecnici, verosimilmente, della Procura. Nella certezza che non commetteranno errori, come purtroppo accaduto a una perizia tecnica ufficiata dalla Procura in anni recentissimi, in cui il tecnico, a proposito del vincolo paesaggistico fluviale di un paesino qua vicino, ha detto che il vincolo non esisteva, portando come controprova della sua convinzione la circostanza che la Soprintendenza, intervenuta postuma a lavori in corso, aveva espresso parere favorevole. Ma che stiamo a dire? È chiaro che il vincolo c’era, se è intervenuta la Soprintendenza! Purtroppo lo svarione del tecnico non fu notato dal PM (pur bravo e molto stimato) che archiviò il processo. Di quello che scriviamo, sia chiaro, abbiamo le carte, che crediamo di saper leggere per dare un contributo alla chiarezza.