Alberto Bossa: “Avevo un sogno, avere una bottega tutta mia” - Le Cronache
Salerno

Alberto Bossa: “Avevo un sogno, avere una bottega tutta mia”

Alberto Bossa: “Avevo un sogno, avere una bottega tutta mia”

di Jacopo Tafuri
Alberto Bossa nasce in Brasile da una famiglia di emigranti italiani; padre e madre sono artigiani: la madre aveva un negozio di sartoria, il padre lavorava il ferro.
Cresce in questo contesto di artigiani: ideare e realizzare è un qualcosa che lo pervade, questo mondo, i tempi di ideazione e di lavorazione gli piacciono molto tanto che, quando si trasferisce in Italia comincia a frequentare laboratori e botteghe artigiane presso le quali fa, come suole dirsi, la “gavetta”. Alberto è un uomo di altri tempi: simpatico, accogliente, incline alla chiacchiera, una persona da cui traspare un profondo lato umano; con voce calma ma con un timbro che tradisce una certa emozione ci dice “avevo un sogno: quello di avere una bottega tutta mia; volevo evidentemente inconsciamente seguire l’esempio e gli insegnamenti dei miei genitori”.
Dopo un lungo percorso in laboratori e botteghe, spaziando dall’abbigliamento alla pelletteria quando, nel 1992, gli viene fatta la proposta da un amico, Carlo Pisacane, non si lascia sfuggire l’occasione; ed in seguito, dopo aver lasciato la società, corona il sogno di aprire una sua bottega, mettendosi in proprio, e dal 2010 opera in Via Duomo.
Ci spiega che il percorso è stato molto bello e stimolante, anche se faticoso; dopo una serie di incontri ed anche separazioni, dinamiche di approccio con la clientela, e tanti altri fattori che caratterizzano la vita di una bottega, confessa di aver raggiunto un equilibrio per quanto riguarda il lavoro, tanto da dirsi “felice”.
I prodotti più richiesti
La mia è una produzione limitata, prima o poi riesco a vendere tutto ciò che realizzo.
La cosa che ritengo importante nel lavoro, è con quale amore vengono realizzati i prodotti: non so come ma ritengo che la dedizione che metto nel mio lavoro venga in qualche modo percepita dalla clientela; può sembrare quasi esoterico ma credo che gli oggetti assorbano le energie sia positive che negative….. dopo tanti anni in questo lavoro, ne sono convinto!
Vi è possibilità di personalizzare i suoi prodotti?
All’inizio facevo riparazioni di oggetti, personalizzazioni, con il passare degli anni mi sono però deciso a fare esclusivamente quello che sentivo ….. quello che mi soddisfaceva!
Passo gran parte della mia giornata nella bottega, che è quindi, in parte, anche casa, ed ho deciso di fare quello che mi sento e quello che mi rende più felice, quindi non realizzo più oggetti personalizzati.
Come effettua la scelta delle pelli?
L’Italia è il paese che produce questo materiale in maniera eccelsa, abbiamo tre grandi poli produttivi: Solofra, con produzioni più adatte a calzature ed abbigliamento, poi in Toscana troviamo materiali più spessi (pelli più spesse), più adatte alle cinture ed infine Arzignano per l’arredamento.
Io però mi rifornisco da commercianti napoletani che mi conoscono da molto tempo e che mi permettono di scegliere con tranquillità piccoli quantitativi.
Come si impara il suo mestiere? Ci sono corsi?
Io sono restio ai corsi, credo nella “gavetta”, credo sia necessario imparare il lavoro in maniera graduale, in una maniera rispettosa dell’ambiente di lavoro, in cui si abbiano i giusti tempi necessari all’ideazione, alla progettazione ed alla realizzazione, senza essere ossessionati dall’idea del guadagno; un evoluzione graduale e continua, entrando nella giusta mentalità dell’artigiano.
Che consigli può dare ai giovani?
Ritengo che stiamo attraversando un periodo un po’ strano, probabilmente il tutto è conseguenza anche del mondo informatizzato in cui viviamo: il tempo ha un diverso valore, sembra non si abbia più tempo! Si è entrati nell’idea che con un “click” si possa ottenere un po’ tutto: prodotti, servizi, informazioni a trecentosessanta gradi, ed il tutto in e da qualsiasi parte del mondo. I ragazzi non sanno aspettare, non hanno più voglia di aspettare, il “tutto e subito” non è applicabile all’artigianato.
Stiamo vivendo un “controsenso”: in un momento storico in cui ci si lamenta che non si trova lavoro, almeno così si sente dire, ci sono realtà artigianali che ne potrebbero dare tanto: a Napoli non si trovano artigiani che lavorano guanti, tanto che i produttori devono affidarsi a signore ultrasettantenni che continuano a cucire i guanti, questo vale anche nella piccola pelletteria. In Toscana, la casa dei grandi marchi, le aziende sono molto preoccupate: cercano di proporre dei corsi per formare artigiani che poi assumeranno, ma hanno grandi difficoltà a trovare chi voglia impegnarsi nel settore.