All’ Arte per la Giustizia mille colori di umanità - Le Cronache
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All’ Arte per la Giustizia mille colori di umanità

All’ Arte per la Giustizia mille colori di umanità

Questa sera, alle ore 18, al Museo Diocesano, il vernissage della mostra di Antonio Mariconda, sul tema dell’immigrazione, quindi dialoghi e il concerto dei pianisti Giovanna Basile e Davide Cesarano

Di Olga Chieffi

Siamo tutti nomadi: dal mito antico all’età contemporanea, la storia dell’umanità è una storia di viaggi, peregrinazioni, scoperte e odissee. Lo hanno cantato i poeti, lo narrano i mass media, lo descrivono gli artisti attraverso la loro opera. Questo fenomeno, che negli ultimi trent’anni ha assunto dimensioni massicce che hanno trasformato profondamente gli equilibri internazionali, l’aspetto delle città e le relazioni tra i popoli, è al centro della ricerca creativa di molti artisti contemporanei. L’ Arte per la Giustizia, ideata da Imma Battista e promossa dal Conservatorio statale di Musica “G.Martucci”,  giunta alla sua IV edizione, dedica il suo quarto appuntamento, in cartellone questa sera, al tema dell’Immigrazione con “Condividiamo il mondo”. Inaugurerà l’appuntamento Antonio Mariconda con la mostra  “Lo sbarco dei colori”. Una esposizione ospite degli spazi del Museo Diocesano,  che vivrà il suo vernissage alle ore 18  con una introduzione della stessa Imma battista e una coreografia curata da Francesca Mirra. Antonio Mariconda guarda lo sbarco come arricchimento del linguaggio come la contaminazione di nuovi colori con la loro immediatezza e l’efficacia, la capacità di arrivare agli occhi e al cuore senza filtri e intermediazioni, andando a sollecitare in modo diretto e profondo le risorse emotive di chi guarda, invitandolo a una riflessione affettivamente e ottimisticamente partecipe, per spazzare via la percezione che abbiamo un po’ tutti sull’arrivo dei migranti solitamente negativa, intesa come una invasione. Niente è più vibrante di un corpo d’acqua sulle cui rotte è avvenuta la diaspora di suoni, cibi, colori, oggetti, segni e di-segni, il Mediterraneo, “un’infinità di tracce accolte senza beneficio di inventario”, direbbe Antonio Gramsci. “Tutto ciò che vediamo è qualcos’ altro/ l’ampia marea, la marea ansiosa, / è l’eco di un’altra marea che sta laddove è reale il mondo che esiste”. Antonio Mariconda s’interroga sui migranti, sui loro colorati abiti e monili, comunicando che il telos per noi tutti da perseguire si configura in quella ostinata armonia in cui tutto, come un vortice è continuamente chiamato in questione, in cui accanto ai migranti giochiamo una partita a scacchi sul quel mare che grazie alla sensualità dell’ arte, alla memoria che custodisce e alle appartenenze che pone in gioco, ci rendiamo conto che l’importante non è tanto avere una casa nel mondo, bensì creare un mondo in cui sentirsi a casa. Intorno alle 18,30 seguirà una conversazione tra Alfonso Andria, in qualità di Presidente del centro universitario Europeo per i beni culturali, Rocco Alfano, procuratore aggiunto presso il tribunale di Salerno e Claudio Tringali, Assessore alla trasparenza e Sicurezza urbana del comune di Salerno. All’ebreo Russo Sergej Rachmaninov è dedicato il concerto previsto per le 19,15, “La stella a cinque punte” introdotto da Alfonso Todisco e affidato ai pianisti Giovanna Basile e Davide Cesarano. La prima parte della serata vedrà l’esecuzione, da parte di Davide cesarano di cinque dei dieci preludi op.23 composti da Sergej Rachmaninov trentenne nel segno di Chopin, ma senza l’intenzione di seguirne l’esempio, quanto semmai di rivelarne l’influenza. E che Rachmaninov avesse studiato con passione i lavori del musicista polacco ce lo dicono anche le Variazioni op. 22 sul ventesimo preludio di Chopin (a cui aveva sacrificato anche Busoni, ma vent’anni avanti). Ma, diversamente da quanto aveva fatto Skrjabin con i suoi Preludi op. 11, a Rachmaninov, in quel momento, interessava la formula del preludio come qualcosa che si condensa in folgorazioni e notturni, roventi cascate di note e di arpeggi, che restituiscono tutti i colori del sentimento e le accensioni di un pianismo trascendentale, estroverso e teatrale. Nel n. 1 (Largo in fa diesis minore) il tema frammentato affidato alla mano destra si intreccia con la melodia della sinistra offuscata dall’accompagnamento per quartine; nel secondo (Maestoso in si bemolle maggiore) continui arpeggi della mano sinistra coprono quasi metà della tastiera e, in mezzo a cascate di note dall’acuto al grave, emergono i temi principali, nel n. 3 (Tempo di minuetto in re minore) la scrittura per grandi accordi rimanda alle sonorità dei cori russi; l’armonia è piuttosto originale e l’assenza di “arabeschi” strumentali permette di assaporarne tutte le sfumature. Nel n. 4 (Andante cantabile in re maggiore) sembra di sentire l’eco di Chopin grazie all’idea, tutta classica, di affidare il canto alla mano destra e l’accompagnamento alla sinistra, il n. 5 (Alla marcia in sol minore) è forse il più famoso dei dieci, non solo per il tipo di scrittura pianistica molto robusta (con accordi fitti e ribattuti e forti accenti sul tempo debole della battuta), ma soprattutto per il modo in cui è costruito, tipico di Rachmaninov. La composizione segue, infatti una curva espressiva nella quale l’elemento iniziale (eroico e baldanzoso) viene ripetuto ossessivamente in un crescendo dinamico pieno di energia, interrotto da una parte centrale più cantabile. Chiuderà la serata,  Giovanna Basile con la sonata n°2 in Si Bemolle minore op.36, concepita nel 1913 e rivista nel 1931. Articolata in tre movimenti che si succedono senza soluzione di continuità, la Sonata inizia con un appassionato Allegro agitato in cui attraverso una scrittura altamente virtuosistica e servendosi del contrasto fra le atmosfere espressive dei due temi principali Rachmaninov dà vita a una pagina intensa ed emozionante. Sette battute di Non allegro introducono direttamente all’incantevole Lento centrale, la cui malinconica melodia in 12/8 – che poi si va via via, animando e gonfiando nel corso di una serie di variazioni dai toni, distesi e misurati, Il ritorno delle sette battute di transizione (L’istesso tempo) prelude all’esplosione dell’Allegro molto finale, in cui la Sonata ritrova lo slancio impetuoso del movimento d’apertura ma in un contesto espressivo sempre più brioso e positivo, fino alle trionfali pagine conclusive in tonalità maggiore. In una serata così non potevano mancare i riferimenti al jazz e ci ha pensato la biblioteca del Martucci con “Che razza di musica jazz, blues, soul e le trappole del colore di Stefano Zenni per l’Edt, quindi “World music. Una breve introduzione di Philip V.Bohlman sempre per l’Edt e la biografia del genio russo, scritta da Claudio A. D’Antoni con “Rachmaninov. Personalità e poetica” in libreria per Scienze e Lettere.