di Alfonso Malangone*
Si è sentito dire, in questi giorni, che la ‘U.S. Salernitana 1919’ investirà altrove dai 60 agli 80 milioni di euro (fonti diverse). Un regalo incredibile fatto a qualche centro limitrofo. Una domanda agli Amministratori è ovvia: “Se la Squadra è della Città, perché la Città deve perdere una tale massa di danaro in grado di offrire lavoro alle imprese e assicurare occupazione stabile e sicura, a casa propria, a decine e decine di giovani”?
Senza aver ricevuto l’invito ad ‘arricchirsi’, un imprenditore ha deciso di investire sulla Maglia Granata. Una scelta non di poco conto. Perché, se pure il calcio è un ‘gioco’, non è tale l’impegno di gestire una Squadra di Serie A: ci vogliono soldi, e tanti, ci vuole spirito imprenditoriale e, per far fronte ai tanti imprevisti, anche molto ‘fegato’, tanta volontà e infinita determinazione. Il suo intervento è stato accolto con entusiasmo e i primi risultati hanno spinto a sognare. Ma, un dubbio è lecito: “chi può assicurare che questa esperienza sarà diversa da precedenti delusioni”? In verità, all’inizio, la risposa poteva darla solo Mago Merlino. Oggi, se ancora le persone sono giudicabili dalle azioni, ci sono diversi elementi confortanti.
E’ da riconoscere che, l’aver preso la squadra in un momento buio, è stato un azzardo, forse attenuato da un prezzo di acquisto conveniente, ma certo aggravato da negative condizioni oggettive e da una Piazza sfiduciata, allarmata e agitata. Dopo due anni di ‘apprendistato’ le cose sembrano incanalate secondo le attese più favorevoli. L’impegno finanziario appare evidente in Bilancio (fonte: cit. pagg. 20-38), come è evidente il peso della perdita di esercizio 2022, per € 16,8 milioni, rinviata a nuovo. Avere le spalle larghe è positivo, ma difficilmente si è felici quando si spendono tanti soldi. Tuttavia, quello che sta facendo la differenza è la modalità di gestione in punta di piedi e con grande rispetto verso tutti. Quanto al rapporto con i Tifosi, pur dopo qualche sbavatura iniziale, è emerso chiaro il desiderio di tener conto delle loro aspettative e garantire un accesso sostenibile allo Stadio con la gestione del Conto Economico dalla parte dei Costi, non dei Ricavi. Pure da apprezzare è la fermezza nel tenere sotto controllo l’equilibrio economico/finanziario del Bilancio per assicurare alla Società, e ai Tifosi, una serena continuità. Su questo argomento, abbiamo esperienza da vendere.
Alla Città, poi, è stato sottoposto un progetto complesso basato sulla costruzione di una ‘filiera dello sport’ come fattore di sviluppo economico, morale e sociale di tutta la Comunità. Lo sport come ‘regola di vita’ per completare la formazione dei giovani che tuttora non dispongono di spazi sufficienti. In tale ottica, posto al centro lo Stadio Arechi, si è parlato di una vasta area verde dotata di campi per le diverse discipline, di strutture di servizio e spazi pubblici. Un impegno di danaro consistente per la costruzione di una Squadra ‘superiore’ secondo un piano di lungo periodo, almeno fino a 30 anni, incentrato sulla previsione di ricavi ‘superiori’ in grado di assicurarne la sostenibilità. In particolare, come nel Calcio che conta, oltre ai diritti Tv, agli sponsor e ai biglietti, sono stati preventivati tutti gli introiti generabili dall’utilizzo dello Stadio alla massima capienza e con la più ampia flessibilità. Cioè, non solo per le partite. Con tale visione, la disponibilità della struttura è essenziale per fare la differenza tra un investimento di ‘salvaguardia della posizione‘ e uno di forte impatto sportivo. L’esito della trattativa con il Comune, che consente solo di giocare le partite interne con i classici ‘due piedi in una scarpa’. non è un presupposto favorevole, anche dopo la ‘concessione’ della Curva Nord.
La condizione degradata dello Stadio è l’espressione di una Città che, come un nobile decaduto, vive un presente difficile nel ricordo del suo brillante passato da ‘Svizzera del Sud’, negli anni ’60, con una popolazione in crescita, una gioventù fiduciosa, una identità inviolata, una vocazione mediterranea.
E, come tutti i nobili decaduti, essa difende la sua immagine esaltando i pochi ‘gioielli’ restanti in un contesto di generale decadimento confermato anche dall’inarrestabile decrescita demografica. Al 30/04, solo 126.746 residenti, -440 da inizio Gennaio e -8.515 dal 2017 (fonte: Istat). Il tutto, in una situazione finanziaria compromessa e pure difficile da fronteggiare. Il rientro da un Disavanzo pro-capite al primo posto in Italia (fonte: 24Ore), pari a € 169,9 milioni, impegnerà fino al 2044 i cittadini e sta imponendo sacrifici crescenti per gli aumenti di ogni tipo di imposizione. Non solo. L’Ente ha previsto di vendere tutti i beni della Comunità, proprio tutti, quantificando un incasso totale di € 77,0 milioni, di cui € 33,1, quasi la metà, entro il 2026 (fonte: contratto Aiuti). E’ straziante e devastante dover assistere alla perdita della ricchezza di tutti e delle memorie storiche e culturali che dovrebbero essere l’orgoglio di una Città millenaria. Malgrado tutto questo, si prospettano investimenti da mille-mila-milioni per lo Stadio, il Palazzetto e altre opere, con fondi concessi anche a mutuo e, quindi, da restituire. Cioè, vendiamo per pagare e ci indebitiamo per continuare a pagare.
In un contesto così complicato, rinunciare all’investimento proposto dalla Società sarebbe una follia. Se la Squadra è della Città, quel danaro ‘deve’ essere speso in Città. Si è letto che la riduzione dei fondi PNRR non consentirà di realizzare il Parco D’Agostino. Allora, offriamo alla Società tutta l’area di ca 300.000 mq., con il Colle Bellaria, per costruire un unico polmone verde nel quale la Sede, i campi e le aree di allenamento siano parte di un più ampio ‘bosco urbano’ pubblico che arrivi ad affacciarsi sul mare. Un esempio irripetibile di come la condivisione pubblico-privato possa esaltare il dono del Creato.
Per lo Stadio, la soluzione più coerente è certamente quella della cessione, operazione possibile e già effettuata, o in corso, altrove, come a Bergamo, a Napoli, a Milano (fonti diverse), perché consente alla Società di riqualificarlo secondo necessità. Così, dovrà essere davvero splendido, e la Squadra davvero forte, per ottenere il sostegno dei Tifosi.
Per la Città, il ricavato di queste operazioni sarebbe favoloso. Si avrebbero: – un abbattimento immediato del Disavanzo; – la salvaguardia delle vere ricchezze comuni; – opere di qualità per la vita, ma anche attrattori turistici e sportivi; – minori impegni di spesa e, quindi, minori mutui. Peraltro, neppure è da escludere la possibilità di coinvolgere nel progetto il ‘Vestuti’, vero tempio del tifo granata, aprendo spazi di sport, salute e vita in pieno centro.
A confronto di tutto questo, la scelta di fare altri milioni di debiti per uno Stadio destinato solo al calcio, e a far suonare qualche musicista, appare davvero minimalista e finanche deleteria.
Non possiamo permetterci di tagliare le ali a chi vuole investire mentre gli chiediamo impegno e risultati. Città e Società debbono poter crescere insieme, perché una Squadra di Serie A ha bisogno di una Città da Serie A. E’ un obiettivo da perseguire a costo di qualsiasi sacrificio. Che, poi, non sarebbe un atto cruento eseguito su un altare per ingraziarsi qualche divinità. La scelta di tenere i piedi per terra ci può consentire di lasciare ai nostri figli una Città migliore. Un motivo in più per sentire l’orgoglio di essere Salernitani.
*Ali per la Città