di Peppe Rinaldi
Il 14 e il 17 luglio scorsi questo giornale si è occupato della costruzione di un centro commerciale a ridosso dello svincolo autostradale di Eboli. Dalle informazioni ottenute e dall’osservazione del cantiere sono emersi elementi che indurrebbero a pensare che quell’opera sia sprovvista dei titoli di legge, per dirla meglio sarebbe abusiva. Così come sono emersi elementi di opacità in relazione al percorso istruttorio della pratica concernente l’opera, partendo dall’acquisizione all’asta fallimentare dei lotti – mediata da un faccendiere locale legato all’ex sindaco di Eboli, Cariello, finito sotto la lente di ingrandimento della Dda per contatti con clan di camorra del napoletano – concludendo col punto vero del problema, vale a dire il “rilascio” delle concessioni comunali per trasformare il manufatto preesistente in ciò che adesso è: il tutto nel periodo in cui al governo della città c’era, appunto, l’oggi esponente del Pd, almeno finora, Massimo Cariello.
Abbiamo, quindi, osservato che nel fascicolo depositato in municipio, vera e propria carta di identità del cantiere, mancava la licenza edilizia originaria (a sua volta fake, si direbbe oggi, nel senso che pure quella sarebbe stata frutto, nel 1990, di una plateale «forzatura legale», tanto per usare un eufemismo), c’erano alcune “carte” sostanzialmente ininfluenti e, soprattutto, il titolo edilizio esibito era rappresentato dalla cosiddetta Scia. Una “scelta” sproporzionata, per difetto, visto che si tratterebbe di una manovra edilizia che presuppone il rilascio del “Permesso a costruire”, nuova denominazione della vecchia licenza. Uno dei pochi casi, insomma, in cui la forma è vera sostanza e non algida burocrazia.
Se così fosse, se, cioè, le ipotesi avanzate da Cronache risultassero fondate, ci troveremmo dinanzi a un classico abuso edilizio, seppur macroscopico, reato per il quale sono previste sanzioni e pene, naturalmente a valle di un giusto processo. Infine, abbiamo rilevato come soltanto dopo la pubblicazione di questa piccola inchiesta siano spuntate mille voci, diffusi diecimila sospetti aggiuntivi, acquisite centomila granitiche certezze: ma sempre “dopo” la ufficializzazione del fatto, quanto al “prima” nessuno se n’era accorto. Infatti, non se n’erano accorti i carabinieri, non se n’era accorta la Guardia di finanza, non se n’erano accorti i vigili urbani, non se n’era accorta la Polizia che spesso staziona proprio lì con posti di blocco, non se n’era accorta l’ex Forestale che non si fa scappare mai un pollaio fuori norma nelle contrade rurali, non se n’era accorta l’Anas (ma questo è un capitolo un po’ diverso ora), non se n’erano accorti i mezzi di comunicazione e i professionisti del cazzeggio social, spesso coincidenti, non se n’erano accorte le falangi di esperti di politica e amministrazione che affollano i duecento metri lineari di agorà sul viale principale della città. Insomma non se n’era accorto nessuno, una vecchia storia.
Ora, come si fa per stabilire se quella struttura – peraltro di proprietà di noti e celebrati imprenditori che non si capisce ancora perché si siano fatti trascinare in questa faccenda – sia in regola con la legge? Semplice, ci si rivolge alle autorità competenti, su tutte il Comune di Eboli, a nome del quale, all’indomani dell’inchiesta giornalistica, sono già intervenuti su queste colonne, quindi pubblicamente, i massimi rappresentanti politico-istituzionali, incarnati dal vice sindaco Consalvo e dal sindaco Conte, che hanno precisato il 18 luglio – riassumiamo schematicamente – che «gli uffici competenti faranno i dovuti controlli». Ci colpì, in particolare, un passaggio della precisazione del sindaco attraverso il quale specificò che questi controlli «saranno rigorosi e puntuali, se necessario». Se necessario?
Trascorsi oltre dieci giorni, lasso di tempo pure eccessivo considerata la presunta gravità della faccenda (in questi casi non ci sono ferie e carenze di personale che tengano), il cronista ha seguito la procedura istituzionale formale, cioè ha chiesto all’ufficio stampa dell’ente se il Comune avesse provveduto alle annunciate verifiche. Appurato che la responsabile fosse in vacanza e che lo fosse anche il comandante della Polizia urbana, a sua volta destinatario potenziale di analoga richiesta, non è rimasta altra opzione che rivolgersi, sempre in via ufficiale, a vice sindaco e sindaco. «Dopo gli articoli apparsi sulla stampa in merito alla vicenda del centro commerciale, l’Assessore all’urbanistica certamente avrà dato disposizioni ai suoi uffici per verifiche e controlli. In ogni caso sentirò lo stesso collega all’Urbanistica per sollecitarlo qualora ve ne fosse bisogno», ci ha detto il 26 luglio il vice sindaco Consalvo, delegando l’intera materia all’assessore al ramo, Salvatore Marisei.
Qualora ve ne fosse bisogno, disse Consalvo. Il bisogno, naturalmente, c’è stato e c’è tutt’ora, tant’è che l’assessore all’Urbanistica, giusto ieri, ha rilasciato questa dichiarazione che, per ora, sgombra il campo da ogni equivoco: « In relazione agli articoli apparsi sul quotidiano Le Cronache, il 14 e il 17 luglio, riguardo alla edificazione di un edificio commerciale in località San Giovanni,è stato dato mandato agli uffici competenti di acquisire tutta la documentazione disponibile al fine di verificare le autorizzazioni ed i titoli edilizi rilasciati».
Il primo cittadino, invece, ci ha personalmente contattati dichiarando che «gli uffici hanno in corso la ricognizione del caso. Il geometra attualmente responsabile dell’Ufficio urbanistica (l’ufficio al momento è sguarnito di figure apicali, nda) sta verificando quanto appreso dalla stampa». Lo stesso Conte, probabilmente stremato dalla canicola delle scorse giornate, aggiunge che «del resto, si tratta di una cosa autorizzata già, fatta prima di me, che posso fare?». Ecco, oltre al «se necessario» di cui sopra, colpisce questa ulteriore affermazione. Vedremo a valle delle verifiche cosa ne verrà fuori. Allo stato, la croce non va buttata addosso a nessuno dell’attuale gruppo di comando amministrativo, nel senso che c’è da prendere atto che «gli uffici faranno» e che «gli uffici verificheranno», quindi, tempo qualche altra ora e il futuro diventerà presente e l’amministrazione dovrà dire come stiano davvero le cose e regolarsi di conseguenza, qualunque sia l’esito della «verifica». Il problema ora è tutto suo, cioè del Comune, schiacciato dal sacrosanto principio della continuità amministrativa, oltre che, eventualmente, dell’imprenditore proprietario, del progettista, della società di costruzioni edili coinvolta e via dicendo, senza trascurare gli aspetti collaterali della faccenda, cioè i ruoli giocati dal mediatore e il peso della probabile influenza politica, seppur non emersa né ora riscontrabile, esercitata al tempo sugli uffici comunali per la buona riuscita dell’operazione, la qual cosa non sarebbe neppure una novità tenuto conto del macello causato dalla vecchia amministrazione in tema di rapporti col mondo dell’imprenditoria. Ci sarebbero altri tre o quattro casi del genere sul territorio ebolitano, eclatanti e macroscopici almeno quanto il centro commerciale affacciato sull’A3: garage diventati supermercati, strutture ricettive spuntate su aree urbanisticamente improbabili a valle di pregressi e chiacchierati accordi tra politica e privati, maxi-store in zone di destinazione incompatibile, per non dire del rastrellamento di immobili qua e là ad opera di soggetti dell’hinterland napoletano piovuti in città a partire dal 2016/2017 che, secondo un report della Dda in fase di completamento, avrebbero stretto accordi con imprese locali a loro volta segnalate per anomalie reddituali e, soprattutto, per i ripetuti contatti con esponenti di spicco del crimine organizzato.
Tornando al centro commerciale, al momento c’è un problema nel problema, al netto dell’impegno dell’amministrazione nel chiarire la situazione: in pratica, il dipendente comunale che starebbe (a detta del sindaco) operando la verifica di legittimità è lo stesso che ha curato, insieme a un funzionario, la pratica edilizia al centro della vicenda. In buona sostanza, dovrebbe controllare se stesso e stabilire se quanto sottoscritto in atti pubblici pochi anni fa sia legale o meno. A naso, così, saremmo orientati a credere che qualche problema in più stiano per comprarselo. Ma potremmo sbagliare e, un po’, lo speriamo pure.
Certo è che, dopo la pubblicazione dei due articoli il cantiere pare abbia accelerato i lavori, mentre ci è stato ulteriormente segnalato che alcuni di questi stessi lavori potrebbero aggravare la situazione invece che tamponare la presumibile emorragia imminente. Sarà, infine, interessante capire come si muoverà l’Asis (e poi i Vigili del fuoco) azienda pubblica che pare abbia negato, almeno fino a questo momento, la presa in carico dei costi per gli allacci dell’acqua potabile (si parla di oltre 70mila euro) attraverso il collegamento con lo snodo posto all’altezza del distributore Esso, manovra che presupporrebbe uno scavo elaborato del manto stradale, peraltro dall’obbligato passaggio sotto lo svincolo dell’A3 che, giocoforza, dovrà pure essere chiuso.
Nota di colore a margine: l’ex sindaco di Eboli, Cariello, la mattina dell’uscita del secondo articolo (il 17 luglio) o, forse, quella immediatamente successiva, è stato notato mentre discuteva intensamente in un bar della città proprio con l’imprenditore interessato. Ma sarà stata una pura casualità.